ESPERIMENTO

Ho scritto, a modo mio, una serie di poesie ispirate ai testi del disco “Creuza de ma” di Fabrizio De André. Nella sostanza ho riferito i temi delle mie poesie non ai marinai ed a Genova, ma agli emigranti, ai migranti, alla Calabria ed al Mediterraneo. Così, una canzone come Jamina, su una prostituta araba ed un marinaio, è diventata, nel mio immaginario, una poesia che parla di un giovane emigrante, che di ritorno ad Acri, ora può permettersi di andare a letto con un’ambita prostituta locale. Creuza de ma, che parla dei marinai di ritorno a Genova, diventa la riscoperta dei luoghi e delle cose di un emigrante di Acri. Sidun, invece, la sposto a Gaza. A pittima la riferisco agli strozzini acresi che prestavano il denaro ai poveri costretti ad emigrare, solitamente nella Latino-America, detta “america ‘e du scuordu”, in cui si sono perse le tracce di molti emigranti. Questi ultimi, però, lasciavano i familiari ad un debito che poche volte potevano saldare e venivano “indotti” a cedere la casa. Da me riva, si trasforma in un cinico lamento di un emigrato sempre nella cosiddetta “america ‘e du scuordu”. A dumenega la trasporto sempre ad Acri e la dedico alle prostitute che un tempo vivevano in un rione del centro storico. Per Sinàn Capudàn Pascià ci sto lavorando. A queste poesie se ne sono aggiunte altre che esulano dall’album di De André, come una sugli albanesi, altre sui migranti dall’Africa, altre ancora su fatti della Calabria. Per il momento ne riporto soltanto due, quelle ispirate alle canzoni Jamina e Creuza de ma.

ANGELO SPOSATO

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Tu che eri le seghe dei ragazzini
occhi poggiati sul davanzale di un sogno.
Il tuo repertorio
di tette e di cosce
è lo spettacolo per me
le tue scene mi strozzano le mani
e batti il tempo
come per dirmi
di vogare forte nel tuo vaso di miele.
La tua grazia è fica
un’apparizione alla gola
ho denaro da spendere oggi
per pacificarmi il ventre
e giù di lì.
Le tue parole
bionde come un’attrice di Hollywood
somigliano a storie di marinai
che inventano trame
da crederci
solo se sai recitare un sogno
e quando sarò di nuovo in Germania
ti racconterò più porca che posso.

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Le facce di queste parti
hanno la forma delle vigne
che precipitano dalle salite appese alle colline.
La gente ancora va
a meravigliarsi di grano e patate
lungo la scorciatoia
che sfiora il fianco dei morti.
Nella notte viscosa
che scivola a memoria
sugli asini montano le donne
ed i figli dei padri
non sono figli di dio.

Cosa troverò alla fine
di questo nastro di polvere e curve?
Il vino di Laura
ed il sugo di capra
la farina del pane
e l’odore dei forni
di miele e di noci.
Chi troverò nei vicoli
che stringono le spalle?
Troverò una ragazza
e le metterò le mani
dove il sole ancora non ha guardato.
Troverò i padri orfani dei figli
di un’America che scorda
usurai ed avventurieri
del filo elettrico
e dalle risate tracimerà il vino
fino a bagnare il mattino delle ragazze
e senza sale i pesci di montagna
imboccheranno la terra
per sorprendere il confine.