15 settembre 2008

BREVILOQUIO SULLA MONNEZZA


Ohibò, mi scappa la citazione! “La fogna è la coscienza della città”, scriveva Victor Hugo. Nella civiltà del benessere o dei consumi, però, quest’asserzione rischia d’essere sminuente, riduttiva, offensiva di tutte le meraviglie d’oggidì. Hic et nunc è la discarica ad esprimere la coscienza, l’animus vitale, d’una città, cittadina, d’un nucleo abitato. È la spazzatura, la mondezza, il pattume a raffigurare appieno l’emblema del presente. I rifiuti di cui disfarsi, d’allontanare da se stessi e dal tiro del proprio naso, i rifiuti da nascondere alla vista, da occultare come san fare i gatti, magari sotto l’asfalto di Viale Parco, i rifiuti da compattare e (termo)valorizzare, i rifiuti solidamente urbani come risorsa da millantare. È nelle estemporanee escursioni per valli e clivi di questa nostre amene contrade bruzie, che ci si accorge dell’indubitabile valore estetico d’un elettrodomestico eviscerato, piuttosto che d’un parmaflex sventrato, d’un w.c. immacolato, abbandonati alla deriva solinghi o ammucchiati lungo il tragitto e questa presenza, prontamente, ci restituisce la lezione di Duchamp: decontestualizzate perdinci! Lungo i cigli delle carrozzabili, per plaghe, laghi e macchie, lungo la battigia e di torrente in affluente, dal Crati, al Duglia, al Mucone, è la presenza di sozzura, d’inerti ed eternit, di materiali vieppiù tossici, che ci riconcilia con la magnificenza dell’esistere. Nessuna tentazione di pauperismo, misoneismo o luddismo che dir si voglia, per carità! Noi calabresi sappiamo spassarcela alla grande, a noi non ci fregano manco gli svizzeri! I consumi ci entusiasmano e ci corroborano, e soprattutto la possibilità di farlo indefinitamente finché morte non... Macchè luoghi di culto e chiese della misericordia! È il supermercato, il centro commerciale, il ritrovo per le nostre sante messi quotidiane. Basta guardarsi in giro, rovistare nelle dispense, nei vostri armadi, nei vostri vani, garage incluso, per capacitarsi di quanto conti la calabresità nell’economia autoctona e nazionale: pressoché zero. Non produciamo quasi nulla ma consumiamo, …Dio se consumiamo! E, per fortuna, di supermercati e centri commerciali non se ne vede di certo la fine, in un appagamento generale che fa la felicità di amministratori lungimiranti ed imprenditori improvvisati e contati. Da domandarsi immantinente: ma in che differiscono i consumi di un calabrese standard rispetto a quelli d’un emiliano tipo? Le stesse marche, le stesse fogge, gli stessi cibi surgelati e/o precotti all’insegna del rimbambimento generale ovviamente teleguidato. Altro che dieta mediterranea del cavolo …a merenda! È la visione di quel bel festival di paccottiglia nei cassonetti, uguale dalle Alpi al Lilibeo, che ci riconcilia appieno con la nostra italianità repressa, ostentata ma in conclamata crisi. …I shop therefore, I am. Emptionem facio, ergo sum. Compro quindi sono. …Che hanno da invidiare i cusintini ai milanesi? E forse gli acresi son più fessi dei trevigiani? Per (s)fortuna il radicchio dalle nostre parti stenta, però. In Calabria l’economia è assistita, l’agricoltura è foraggiata, i finanziamenti fioccano, e per fortuna in Calabria i rifiuti non scarseggiano e se non bastano l’importiamo anche. Rifiuti che viaggiano da un capo all’altro, coast to coast, all’occorrenza, fregandosene dei confini provinciali, oppure rifiuti che svaniscono e ricompaiono per virtù trascendentali o di più terrene volontà. Le eco-mafie una realtà a bell’apposta ignorata, a volte uno sgravio. Intanto le deiezioni corporali purificano le nostre falde, oppure si riversano munificamente nelle acque fluviali o meglio direttamente a mare, in una manifesta politica d’incentivazione del turismo tout court. Terrorismo psicologico? …Ma no! Non è più tempo dei calabresi chiangitari! Ottimismo gente, ottimismo! La nostra politica regionale all’ambiente ci tiene, eccome! Sono anni che la Calabria ha un commissario all’emergenza ambientale, ma l’emergenza rimane sempre e comunque tale. E gli inceneritori? E i termovalorizzatori? O i termovaporazzitori, come si lasciò sfuggire un mio compaesano durante la sommossa popolare per dire no al mega-impianto nel territorio di Bisignano, presentato col solito sotterfugio di creare posti di lavori. Al momento, si farnetica pure di raccolta differenziata, non riuscendo, però, a fugare il sospetto generalizzato che sia solo un escamotage, un espediente per menar il can per l’aia, una mastodontica creazione di eco-balle e basta. Ci si potrebbe domandare che posto occupi nelle priorità dei politici regionali il problema dello smaltimento dei rifiuti, ma sarebbe ingeneroso verso un governo regionale sprofondato nell’esclusivo ufficio di rimanersene a galla. Certo le tentazioni sono sempre dietro l’angolo, magari per costituire delle società miste, pubblico-privato, in cui spartirsi la poltrona o rimpinguarsi il portafoglio con la complicità della testa di legno di giro, procrastinando l’avvento d’una soluzione risolutiva di là da venire. Gli amministratori più accorti invece, interrotti, o così si spera, i pellegrinaggi della speranza in terra bresciana per magnificare le capacità dell’inceneritore locale, alle prime voci di dissenso delle popolazioni amministrate si rimangiano tutto per accodarsi alle proteste, riconsegnando all’immobilismo ogni via d’uscita. Certo il problema non può essere risolto soltanto auspicando un cambiamento culturale dei cittadini-consumatori, né optando sic et simpliciter per i termovalorizzatori piuttosto che le discariche. Le popolazioni devono essere al più presto coinvolte e maggiormente responsabilizzate, anche attraverso forme più incisive in materia di cernite e divieti. Per una volta guardare agli altri paesi europei sarebbe non solo auspicabile ma necessario: è il solo vantaggio d’essere una regione economicamente arretrata. Nel colmare il gap ne deriverebbe la possibilità d'evitare gli errori già fatti da altri.
Nel frattempo scoppia l’ennesima emergenza rifiuti, stavolta Cosenza. La discarica dismessa di Croce Dalla in territorio di Bisignano continua a bruciare spetazzando fumi e puzze, mentre l’Arpacal ci rivela trattarsi di sostanze biecamente nocive e non incenso. L’immobilità regna sovrana. Come a dire: nihil sub sole novi. Prosit.




Rosario Lombardo.

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