7 dicembre 2009

ACQUA DA TUTTE LE PARTI

Foglio firme salva l'acqua
Petizione salva l'acqua
Proposta_di_delibera_d_iniziativa_popolare
Proposta_di_delibera_tipo_Comune
Proposta_modifica_statuto_comunale


I PERCORSI PER LA RIPUBBLICIZZAZIONE DEL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO DOPO L’ART. 15 DEL DECRETO LEGGE 135/2009
Il recente art. 15 del D.L. 135/09 - approvato definitivamente dalla Camera dei Deputati il 19
Novembre 2009 - introduce alcune modifiche all'art. 23 bis della Legge 133/08 e muove passi
ancora più decisi verso la privatizzazione dei servizi idrici e degli altri servizi pubblici locali,
prevedendo l'obbligo di affidare la gestione dei servizi pubblici a rilevanza economica a favore di
imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive
ad evidenza pubblica o, in alternativa a società a partecipazione mista pubblica e privata con
capitale privato non inferiore al 40%.
Tale provvedimento sottrarrà ai cittadini ed alla sovranità delle Regioni e dei Comuni l’acqua
potabile di rubinetto, il bene più prezioso, per consegnarlo, a partire dal 2011, agli interessi delle
grandi multinazionali e farne un nuovo business per i privati.
Noi pensiamo che sia un epilogo da scongiurare, sia per un concetto inviolabile che annovera
l’acqua come un diritto universale e non come merce, ma anche per le ripercussioni disastrose che
una privatizzazione potrebbe generare sui cittadini in funzione della crescita delle tariffe.
Anche in presenza dell’art. 15 del D.L. 135/09, rimane possibile dar vita ad una gestione
pubblica del SII che si realizza pienamente attraverso l’affidamento diretto ad un Ente di
diritto pubblico, strumentale dell’Ente Locale (Consorzio tra Comuni, Azienda speciale,
Azienda speciale consortile).
La strada per arrivare a tale risultato, in particolare per costruire un Azienda speciale consortile, è
sostanzialmente la seguente:
· tale strada passa attraverso l’inserimento negli Statuti Comunali dei Comuni dell’ATO di
una specifica formulazione che definisca il servizio idrico integrato quale servizio
pubblico locale privo di rilevanza economica. Ciò è pienamente legittimo, in quanto
l’Unione Europea demanda ai singoli Stati membri il fatto di definire quali siano i servizi a
rilevanza economica e quali privi di rilevanza economica e la normativa del nostro Paese
non si è mai pronunciata esplicitamente in questa direzione. L’unico riferimento esistente in
proposito risale al comma 16 dell’art.35 della legge 448/2001 (legge Finanziaria 2002), con
il quale il governo era impegnato, nell’arco di tempo di 6 mesi, ad emanare un regolamento
per definire i servizi pubblici locali da considerarsi “a rilevanza industriale”. Regolamento
che non è mai stato presentato.
Già nei prossimi giorni il Forum Nazionale provvederà a costruire una delibera-tipo per
l’inserimento nello Statuto dei Comuni di una formulazione che, nella sostanza, si basa sul
riconoscimento che l’acqua è un bene comune naturale finito, indispensabile all’esistenza di
tutti gli esseri viventi e, dunque, in considerazione dell’esigenza di tutelare il pubblico
interesse allo svolgimento di un servizio essenziale, con situazione di monopolio naturale,
considera il servizio idrico integrato come un servizio pubblico locale privo di rilevanza
economica.
Con tale operazione, i Comuni dell’ATO hanno la potestà di decidere quale forma
gestionale intendono adottare per la gestione del servizio idrico in quanto servizio
privo di rilevanza economica, e, quindi, scegliere di affidarlo direttamente ad
un’Azienda speciale consortile da essi costituita. Infatti, con la sentenza n. 272 del 27
luglio 2004 la Corte Costituzionale è intervenuta nell'ambito della normativa che disciplina i
servizi pubblici locali. Con tale sentenza la Corte ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art.
14, comma 1 e 2, del D.L. 269/2003 ("Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la
correzione dell'andamento dei conti pubblici") in quanto tali norme determinavano
un'illegittima compressione dell'autonomia regionale e locale in materia di servizi pubblici
locali. La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, tra le norme
abrogate, anche dell'art. 113 bis del D.Lgs. 276/2000 (TUEL), cioè di quell’articolo che
disciplinava i servizi pubblici locali privi di rilevanza economica.
Secondo la Sentenza citata, infatti, “il titolo di legittimazione per gli interventi del
legislatore statale costituito dalla tutela della concorrenza non è applicabile a questo tipo
di servizi, proprio perché in riferimento ad essi non esiste un mercato concorrenziale”.
Il legislatore statale, quindi, in materia di servizi può legiferare soltanto in riferimento al
tema della “tutela della concorrenza”, tutto il resto è demandato al livello locale.
A questo punto per l’Ente Locale è possibile il ricorso all’articolo 114 (azienda speciale) del
TUEL, che, combinato con l’art. 31 dello stesso TUEL, porta a dar vita ad un’Azienda
speciale consortile;
Infine, ci preme sottolineare, sia pure in modo sintetico, i motivi per i quali pensiamo che la scelta
dell’affidamento ad un’Azienda speciale consortile sia quella realmente rispondente ad una
gestione pubblica del servizio idrico, a differenza dell’affidamento ad una SpA “in house”. Le
ragioni sono sostanzialmente due: la prima è relativa al fatto che, a seguito dell’approvazione del
decreto 135/09, le gestioni affidate conformemente ai princìpi comunitari a società "in house"
cessano, improrogabilmente e senza necessità di deliberazione da parte dell’ente affidante, alla data
del 31 dicembre 2011 oppure esse cessano alla scadenza prevista dal contratto di servizio a
condizione che entro il 31 dicembre 2011 le amministrazioni cedano almeno il 40 per cento del
capitale.
La seconda ragione è decisamente più di sostanza, nel senso che un Ente pubblico si muove
nell’ambito del diritto pubblico, mentre una SpA, anche se a totale capitale pubblico, rientra in
quello del diritto privato. Ora, questa differenza non è affatto secondaria o puramente di principio,
anche se questo piano non va assolutamente sottovalutato. Infatti, per quanto ci riguarda, quando
parliamo di acqua, di un bene comune essenziale per la vita e di un diritto umano da garantire a
tutti, le questioni di valore e di principio non possono essere facilmente eluse. Ma, per tornare al
ragionamento, ci sembra importante sottolineare che stare nell’ambito del diritto pubblico o in
quello privato non è assolutamente la stessa cosa in termini di conseguenze per chi usufruisce del
servizio: essere azienda di diritto privato significa dover rispondere all’obiettivo di produrre utili,
mentre un Ente pubblico assume come vincolo il pareggio di bilancio. Il che, per esempio, non è
decisamente indifferente nella fissazione dell’andamento tariffario, a partire dal riconoscimento
della remunerazione del capitale aziendale investito in una misura pari al 7%, e, più in generale, per l’insieme delle scelte gestionali che un’azienda deve assumere.

FORUM ITALIANO DEI MOVIMENTI PER L’ACQUA

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