Che cosa sia successo alle Europee è piuttosto chiaro: il Pdl e il Pd sono andati male entrambi, ma mentre il Pdl è arretrato solo rispetto alle politiche del 2008 (mentre ha guadagnato qualcosa rispetto alle Europee del 2004, e sta vincendo le amministrative), il Pd è franato sia rispetto alle politiche dell’anno scorso, sia rispetto alle precedenti Europee (-5%). In compenso l’alleato principale del Pd (l’Italia dei valori di Di Pietro) è cresciuto di più dell’alleato principale del Pdl (la Lega di Bossi). E’ come se si fossero intrecciati due match: uno scontro Berlusconi-Franceschini vinto nettamente da Berlusconi, e uno scontro Bossi-Di Pietro vinto da Di Pietro.
Se sommiamo i risultati dei protagonisti principali, infine, il verdetto diventa più nitido: fatta 100 la forza dei tre principali partiti di centro-destra (Forza Italia, An, Lega), la coalizione rivale formata dal Pd, dai radicali e dall’Italia dei valori valeva 95 nel 2004, valeva 82 nel 2008 e vale 80 oggi. Il ritmo di caduta medio del consenso è del 3,3% all’anno, il che - tradotto in voti - significa che i partiti di centro-sinistra che si candidano a governare l’Italia perdono circa 400 mila elettori all’anno, quasi 1000 voti al giorno.
Fin qui la parte immediatamente visibile del voto di domenica. C’è anche una parte nascosta, tuttavia, e forse è la più interessante. Per riconoscerla dobbiamo dimenticare le percentuali di voti validi, su cui si appuntano tutti i commenti, e concentrarci sul corpo elettorale, formato da circa 50 milioni di elettori. Ebbene, se ragioniamo su questa base possiamo notare alcuni fatti.
Il primo è che, nonostante i tentativi di rendere bipartitico il sistema elettorale, Pd e Pdl attirano al più 1 elettore su 2 (per l’esattezza il 54,7% del corpo elettorale nel 2008, e il 38,2% oggi). In concreto questo vuol dire che alle ultime Europee poco più di 1 elettore su 3 si è scomodato per andare a votare uno dei due partitoni, Pdl e Pd, che ambiscono a contendersi il governo del Paese. Per rendersi conto di quanto poco il sistema stia evolvendo in senso bipartitico basti pensare che 5 anni fa, quando ancora non era nato il Pdl e Forza Italia correva ancora da sola, le due liste principali messe insieme - ossia Forza Italia stessa e Uniti nell’Ulivo - raccoglievano già allora il 35% del corpo elettorale: insomma, nonostante la nascita del Pdl, il bipartitismo non è decollato, perché la fusione fra An e Forza Italia è stata cancellata dall’implosione del Pd.
La creazione dei due super-partiti Pd e Pdl, in compenso, ha avuto un interessante effetto anestetico, o di occultamento. Grazie alla confluenza di An e Margherita nei due partiti maggiori, ossia in Forza Italia e nei Ds, oggi è difficile accorgersi di quanto il consenso verso i due partiti leader sia sceso in basso. Ho provato a stimare quanto avrebbero raccolto Forza Italia e Ds se non si fossero presentati con le stampelle di An e Margherita, e il risultato è drammatico. Forza Italia raccoglierebbe il 22-23% dei voti validi, i Ds il 14-15%: in breve, Forza Italia starebbe appena al di sopra del suo minimo storico (il 21,1% della «discesa in campo», 1994), mentre i Ds starebbero addirittura al di sotto dei due minimi storici toccati nel 1992, ai tempi di Occhetto (16,1%), e nel 2001, ai tempi di Veltroni (l6,6%). Se oggi Berlusconi e Franceschini possono arrampicarsi sugli specchi, minimizzando la severità del verdetto elettorale, è anche perché nessun segnale univoco li avverte che le due ammiraglie storiche della seconda Repubblica - Forza Italia e Ds - si sono incagliate nelle secche.
Ma nelle secche di che cosa?
Nelle secche del nostro scontento, è ovvio. E qui sta l’ultimo dato invisibile delle elezioni Europee. In queste elezioni il primo partito non è stato il Pd, non è stato il Pdl, ma è stato il partito che non c’è, il partito che potremmo definire del «non voto volontario». Un partito certo eterogeneo, fatto di persone deluse, arrabbiate, stanche, ma tutte accomunate dal fatto che hanno scelto di non votare un partito vero e proprio. Persone che non sono andate a votare non perché non potevano, ma perché non volevano. Una stima molto prudente del loro numero, basata su un classico lavoro di Mannheimer e Sani (Il mercato elettorale, Il Mulino 1987), che giustamente ci ricordano che fra gli astenuti ci sono anziani e persone che materialmente non possono recarsi alle urne, suggerisce che il «non voto per scelta» possa coinvolgere oggi circa il 30% del corpo elettorale, ossia 15 milioni di persone: un numero mai così alto nella storia repubblicana, e che nessun partito, nemmeno la Dc di De Gasperi nel 1948, nemmeno il Pci nel 1984 (dopo i funerali di Berlinguer), nemmeno Forza Italia nel 2001 (ai tempi del «Contratto con gli italiani»), è stato finora in grado di raggiungere.
Adesso mi aspetto che i colleghi politologi mi spieghino che quella che è nata non è una nuova stella del firmamento politico, che il non voto è fisiologico in tutte le democrazie più moderne (Usa, Regno Unito, Svezia), che il partito del non voto non è un vero partito, perché ha dentro di sé troppe anime: ci sono gli ostili e i lontani, il disgusto e l’indignazione, la passione e l’apatia, l’opzione voice (protesta) e l’opzione exit (defezione), per usare le fortunate categorie di Albert Hirschman. Tutto giusto, ma il punto è un altro. Nel nostro sistema politico c’è chi pensa di avere un consenso popolare così ampio da esimerlo in qualche modo dal dovere del confronto con il Parlamento, con le forze sociali, con la macchina della giustizia. Ebbene, i dati ci dicono che - su 100 italiani - 22 hanno votato Pdl, circa 14 avrebbero votato Forza Italia se si fosse presentata da sola, e meno di 6 (sei) hanno espresso un voto di preferenza per Berlusconi. Fino a ieri si poteva (forse) obiettare che gli italiani che hanno votato per l’opposizione sono ancora di meno. Da oggi, mi pare, chiunque vorrà autoattribuirsi un mandato popolare dovrà fare i conti con le crude cifre del partito che non c’è.
Se sommiamo i risultati dei protagonisti principali, infine, il verdetto diventa più nitido: fatta 100 la forza dei tre principali partiti di centro-destra (Forza Italia, An, Lega), la coalizione rivale formata dal Pd, dai radicali e dall’Italia dei valori valeva 95 nel 2004, valeva 82 nel 2008 e vale 80 oggi. Il ritmo di caduta medio del consenso è del 3,3% all’anno, il che - tradotto in voti - significa che i partiti di centro-sinistra che si candidano a governare l’Italia perdono circa 400 mila elettori all’anno, quasi 1000 voti al giorno.
Fin qui la parte immediatamente visibile del voto di domenica. C’è anche una parte nascosta, tuttavia, e forse è la più interessante. Per riconoscerla dobbiamo dimenticare le percentuali di voti validi, su cui si appuntano tutti i commenti, e concentrarci sul corpo elettorale, formato da circa 50 milioni di elettori. Ebbene, se ragioniamo su questa base possiamo notare alcuni fatti.
Il primo è che, nonostante i tentativi di rendere bipartitico il sistema elettorale, Pd e Pdl attirano al più 1 elettore su 2 (per l’esattezza il 54,7% del corpo elettorale nel 2008, e il 38,2% oggi). In concreto questo vuol dire che alle ultime Europee poco più di 1 elettore su 3 si è scomodato per andare a votare uno dei due partitoni, Pdl e Pd, che ambiscono a contendersi il governo del Paese. Per rendersi conto di quanto poco il sistema stia evolvendo in senso bipartitico basti pensare che 5 anni fa, quando ancora non era nato il Pdl e Forza Italia correva ancora da sola, le due liste principali messe insieme - ossia Forza Italia stessa e Uniti nell’Ulivo - raccoglievano già allora il 35% del corpo elettorale: insomma, nonostante la nascita del Pdl, il bipartitismo non è decollato, perché la fusione fra An e Forza Italia è stata cancellata dall’implosione del Pd.
La creazione dei due super-partiti Pd e Pdl, in compenso, ha avuto un interessante effetto anestetico, o di occultamento. Grazie alla confluenza di An e Margherita nei due partiti maggiori, ossia in Forza Italia e nei Ds, oggi è difficile accorgersi di quanto il consenso verso i due partiti leader sia sceso in basso. Ho provato a stimare quanto avrebbero raccolto Forza Italia e Ds se non si fossero presentati con le stampelle di An e Margherita, e il risultato è drammatico. Forza Italia raccoglierebbe il 22-23% dei voti validi, i Ds il 14-15%: in breve, Forza Italia starebbe appena al di sopra del suo minimo storico (il 21,1% della «discesa in campo», 1994), mentre i Ds starebbero addirittura al di sotto dei due minimi storici toccati nel 1992, ai tempi di Occhetto (16,1%), e nel 2001, ai tempi di Veltroni (l6,6%). Se oggi Berlusconi e Franceschini possono arrampicarsi sugli specchi, minimizzando la severità del verdetto elettorale, è anche perché nessun segnale univoco li avverte che le due ammiraglie storiche della seconda Repubblica - Forza Italia e Ds - si sono incagliate nelle secche.
Ma nelle secche di che cosa?
Nelle secche del nostro scontento, è ovvio. E qui sta l’ultimo dato invisibile delle elezioni Europee. In queste elezioni il primo partito non è stato il Pd, non è stato il Pdl, ma è stato il partito che non c’è, il partito che potremmo definire del «non voto volontario». Un partito certo eterogeneo, fatto di persone deluse, arrabbiate, stanche, ma tutte accomunate dal fatto che hanno scelto di non votare un partito vero e proprio. Persone che non sono andate a votare non perché non potevano, ma perché non volevano. Una stima molto prudente del loro numero, basata su un classico lavoro di Mannheimer e Sani (Il mercato elettorale, Il Mulino 1987), che giustamente ci ricordano che fra gli astenuti ci sono anziani e persone che materialmente non possono recarsi alle urne, suggerisce che il «non voto per scelta» possa coinvolgere oggi circa il 30% del corpo elettorale, ossia 15 milioni di persone: un numero mai così alto nella storia repubblicana, e che nessun partito, nemmeno la Dc di De Gasperi nel 1948, nemmeno il Pci nel 1984 (dopo i funerali di Berlinguer), nemmeno Forza Italia nel 2001 (ai tempi del «Contratto con gli italiani»), è stato finora in grado di raggiungere.
Adesso mi aspetto che i colleghi politologi mi spieghino che quella che è nata non è una nuova stella del firmamento politico, che il non voto è fisiologico in tutte le democrazie più moderne (Usa, Regno Unito, Svezia), che il partito del non voto non è un vero partito, perché ha dentro di sé troppe anime: ci sono gli ostili e i lontani, il disgusto e l’indignazione, la passione e l’apatia, l’opzione voice (protesta) e l’opzione exit (defezione), per usare le fortunate categorie di Albert Hirschman. Tutto giusto, ma il punto è un altro. Nel nostro sistema politico c’è chi pensa di avere un consenso popolare così ampio da esimerlo in qualche modo dal dovere del confronto con il Parlamento, con le forze sociali, con la macchina della giustizia. Ebbene, i dati ci dicono che - su 100 italiani - 22 hanno votato Pdl, circa 14 avrebbero votato Forza Italia se si fosse presentata da sola, e meno di 6 (sei) hanno espresso un voto di preferenza per Berlusconi. Fino a ieri si poteva (forse) obiettare che gli italiani che hanno votato per l’opposizione sono ancora di meno. Da oggi, mi pare, chiunque vorrà autoattribuirsi un mandato popolare dovrà fare i conti con le crude cifre del partito che non c’è.
Luca Ricolfi
la Stampa Giovedì 11 giugno 2009
da R.LO.
5 commenti:
14/06/09
Con Why Not si vola a Bruxelles: intervista a De Magistris vicino vicino a Pirillo ma non a Capacchione. E Loiero in Regione…
Ricordate la pubblicità “Con Api si vola”? Correvano gli anni Settanta e una persona che conosco molto bene, quando era giovin fanciullina, rimase di sasso la prima volta che il papà si fermò a fare benzina. Si accorse sorpresa che, nel ripartire, il papà non volava ma camminava su quattro ruote come prima di fermarsi al distributore.
Beata ingenuità! Quello slogan, coniato dalla fervida fantasia dei pubblicitari, mi è tornato in mente alle recenti elezioni europee e ho deciso di adattarlo così: “Con Why Not si vola!” Sì, proprio così: a Bruxelles.
Ho già detto (più di una volta) che l’inchiesta che voleva scoperchiare un mondo calabrese fatto di malaffare, massoneria deviata, intrecci perversi tra politica corrotta e imprenditoria succhiasoldi a tradimento, si sta sciogliendo come un ghiacciolo al solleone.
Ma se l’inchiesta è destinata a tirare le cuoia, i protagonisti – nel bene e nel male – sono destinati a volare. Sempre più in alto. Oh, sia ben chiaro: la Calabria è ben peggio di come la stava descrivendo De Magistris. Salvo le solite eccezioni è una maleodorante e disgustosa fogna a cielo aperto in cui i calabresi consapevoli (moltissimi) nuotano indifferenti e quelli coscienziosi (la maggioranza) cerca di non affogare. Quelli che possono scappano. E fanno bene. Anzi: benissimo, fino a che le cose staranno così.
DE MAGISTRIS E GLI UOMINI DELL’ITALIA DEI VALORI
IN CALABRIA: FACCIA VALERE L’INDIPENDENZA…
Il titolare avocato dell’inchiesta, Luigi De Magistris – lo sanno ormai anche i Sassi di Matera – è stato trionfalmente portato nel Parlamento europeo a suon di voti come candidato indipendente (questo quasi tutti, De Magistris compreso, tendono a dimenticarlo) nelle liste dell’Italia dei Valori. Ha raccolto 415.646 voti di preferenza e a me personalmente fa specie che siano stati trasformati in farina nel sacco del parolaio di Bisacce di Montenero. Me ne farò una ragione anche se la cosa mi ripugna. Così come mi farò una ragione che un magistrato butti all’ortica la toga e scenda in politica. Magistratura, Chiesa e Giornalismo non dovrebbero mai fare politica. Mai!
Invito De Magistris che – tra poco lo leggerete – spara a zero contro alcuni politici calabresi, a chiedere all’impomatato Di Pietro chi sono gli uomini dell’Italia dei Valori in Calabria: io, personalmente, non li toccherei neppure con una canna da pesca (come dice mia suocera). E inviterei dunque De Magistris a tenere gli occhi molto ma molto aperti sui cortigiani che in Calabria gli hanno fatto campagna elettorale e si spellano con lui le mani sulla legalità e sulla questione morale.
Ora, visto che è stato eletto come indipendente nella lista dell’impomatato con gli occhi strabuzzati, faccia valere questa indipendenza di giudizio.
DE MAGISTRIS E L’EUROPIRILLO….VICINI VICINI
I giornali si sono scatenati in questi giorni a chiedere a De Magistris che cosa provi a volare a Bruxelles e ritrovarsi nell’Europarlamento Clemente Mastella, l’anima bella, anch’egli coinvolto nella vicenda Why Not e poi uscitone.
Personalmente me ne po’ frega de meno che De Magistris sieda a Bruxelles accanto a Mastella ma che sieda accanto a Pirillo, eh questo si che è gustoso…
Voi direte – amati amici di blog – ma chi è sto Pirillo? Il suo nome di battesimo è Mario e il suo cognome, che sembra fantasiosamente quello di un ottavo nano, è Pirillo.
Bene. Mario Pirillo, insegnante cosentino di educazione tecnica in pensione, si autodefinisce innanzitutto giornalista-pubblicista (chi ricorda un suo solo articolo scritto chissà dove alzi la mano: vincerà un viaggio di sola andata per il Polo Nord).
Perché ci tenga tanto a una qualifica di fatto inesistente non è dato sapere, ma poi scopriamo, nella sua scheda tecnica, che è nientepopodimenoche laureato honoris causa in Giurisprudenza alla prestigiosissima Università degli Studi Superiori Pro Deo di New York. Ullapeppa!
Cotanto giurista – in realtà – è il vicere della Calabria e sta a Loiero Agazio, il Governatore che vive nello spazio (politico, ovvio), come la pizza all’Italia, la delicatezza a Borghezio e il culo alla camicia. Vicini, vicini…Il vicere – dopo un’interminabile gavetta amministrativa – è stato eletto alle ultime amministrative regionali con 153.145 voti. Il suo slogan alle europee, forte del suo faccione col sorriso smagliante, diceva infatti: “153.145 elettori hanno già scelto. Mario Pirillo al Parlamento europeo”.
Forse per modestia, forse per vergogna, nella lista Pd era al 16esimo posto sui 18 della circoscrizione meridionale ma ce l’ha fatta a essere eletto, forte di un esercito di migliaia di voti garantiti: il vicere è infatti il potentissimo assessore regionale all’Agricoltura e ha una valanga di forestali che gli vogliono un bene dell’anima e lo coccolano come farebbe Josè Mourinho con Ibrahimovic. Pirillo, per intenderci, ha battuto persone come Rosaria Capacchione, giornalista che vive blindata perché la camorra vorrebbe fargli pum pum sul pacioso faccino di mamma.
Votare Pirillo – sappiatelo - era come votare Loiero, che infatti squittisce e gode come una cinciallegra.
LA FELICITA’ DI LOIERO AGAZIO,
L’ANIMA DELL’EUROPIRILLO
Sentite cosa dice di Pirillo Loiero Agazio, tratto testualmente dall’agenzia di stampa Asca.
(ASCA) - Catanzaro, 9 giu - ''Gioisco per l'elezione di Mario Pirillo al Parlamento di Strasburgo: e' una vittoria sua e dell'intera Calabria''. Cosi' il presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero, che con il neoparlamentare europeo, assessore in carica della giunta regionale, condivide un antico rapporto di solidarieta' politica e umana. ''Quello di Pirillo e' un successo eccezionale - ha detto Loiero - oltre che ampiamente cercato e meritato. Visti i nostri rapporti, ho trepidato per lui in questa battaglia elettorale e trovo esaltante il risultato raggiunto in condizioni obiettivamente difficili. Personalmente mi sono battuto per lui e per Liliana Frasca', altro assessore della mia giunta, la cui esperienza avrebbe meritato molto di piu' da parte degli elettori del Pd, soprattutto delle altre regioni. Bisogna, tuttavia, guardare al futuro''.
''Dalla Calabria e' difficile far emergere due candidati vincenti - ha aggiunto Loiero - e non possiamo dimenticare che Pirillo ha avuto i consensi necessari all'elezione in un collegio molto ampio, pur provenendo da una regione molto piccola rispetto, per esempio, a Campania e Puglia, che hanno un numero di abitanti e di elettori triplo e doppio della Calabria''.
''Gli elettori del Mezzogiorno, secondo me - ha detto ancora Loiero - hanno premiato la tenacia e l'impegno profusi da Mario Pirillo in tutta la sua lunga attivita' politica, quasi sempre al mio fianco anche nell'esperienza del Partito Democratico Meridionale, sia come semplice consigliere regionale sia come amministratore in un settore cosi' delicato e trainante per l'economia regionale come l'agricoltura. E' stata premiata la sua politica del fare che gli era valso gia' l'apprezzamento dei suoi colleghi assessori all'agricoltura di varie regioni italiane''.
''Oggi brindiamo al suo meritato successo - ha concluso Loiero - perche' siamo convinti che anche nella prossima esperienza di parlamentare europeo, Pirillo mettera' al centro della propria attivita' gli interessi della Calabria e dei calabresi che hanno voglia di crescere''.
Il trepidante e brindevole Loiero – che usa slogan berlusconiani come “la politica del fare” e che immedesima modestamente il suo fido come “l’intera Calabria” - ha finito di tremare. Il suo prode è stato eletto – con 110.451 voti, quindi vuol dire che decine di migliaia di calabresi non lo hanno votato rispetto alle regionali - e può quindi guardare con straordinario vigore alla propria riconferma come Governatore della Regione Calabria (nessuno lo dice ma in Calabria le elezioni europee e amministrative, dove il Pd è andato bene e il Pdl no, erano quasi esclusivamente un test per il futuro di questa Giunta). Auguri Calabria! Brindo anche io al successo dell’euroPirillo: hip hip hurra! Chi non salta Capacchione è, è…Chi non salta Capacchione è, è…
WHY NOT: IL LEGAME GIUDIZIARIO
TRA LOIERO E L’EUROPIRILLO
Il test pro-Loiero è ovvio anche alla luce del destino comune che i due amici per la pelle e per l’Europa hanno: il coinvolgimento in Why Not. Per entrambi sono state infatti concluse le indagini e la Procura, in conclusione, ha spedito, tra gli altri, a Pirillo e ai fratelli Loiero Agazio e Tommaso alcuni avvisi di garanzia.
Bene. Il Governatore e l’euroPirillo condividono sgradevoli avvisi per ipotesi di reato come: associazione a delinquere, peculato e truffa. Per chi volesse saperne di più basta andarsi a leggere i moltissimi post che ho scritto sulla moribonda inchiesta Why Not su questo blog.
Ora sia chiaro che i due – per me che sono un garantista – fino a parola contraria sono innocenti e vergini come una donzelletta che vien dalla campagna ma così non la pensa purtroppo De Magistris (e me ne dolgo talmente tanto che sarei tentato di usare un cilicio per condividere l’indegna sofferenza degli indagati).
E lo dico a chiare lettere, così come a chiare lettere si sono espressi alcuni elettori del Pd dopo l’elezione dell’euroPirillo (vi porto acriticamente le testimonianze dei dissidenti, perché la democrazia così ha più sale, ma ce ne saranno chissà quante a favore di Pirillo, basta chiedere a Emiliano Morrone che sul suo sito www.lavocedifiore.org, ha trattato la campagna elettorale del giurista honoris causa, con filmati. Vi invito con tutto il cuore a visitarlo).
Le miserie che seguono le traggo dal blog online del circolo online del Pd “Barack Obama” che ha intervistato a tutto campo il futuro euroPirillo (www.pdobama.wordpress.com, leggere per credere).
IL SITO DEL PD CHE AMA BARAK OBAMA E PIRILLO
Riporto testuale i tre commenti alla lunga intervista a Mario Pirillo
30 Maggio 2009 · 3 Commenti
Mickey // 31 Maggio 2009 a 2:39 am
“Personalmente non riconoscerei l’istituto dell’affido alle coppie omosessuali, ma questa è una mia opinione personale”
…ma questa è una mia opinione personale…?
(si è dimenticato di essere un CANDIDATO che chiede di essere eletto sulla base delle sue opinioni personali)
fr.pignatelli // 4 Giugno 2009 a 4:17 pm
Questa volta dò ragione a Mickey. Ma è questo il modo di rispondere alle domande? Sembra di essere tornati agli anni ‘60, mai una risposta netta, siamo tornati agli anni d’oro del doroteismo? Che tristezza. CITTADINI del PD APRITE GLI OCCHI non torniamo nella melma. Leggi quello che risponde sui Diritti Civili (è grande poi quando afferma che però sà anche che bisogna rispettare chi ha idee diverse dalle sue! meno male, non propugna il rogo agli eretici).
UNA RISPOSTA PER TUTTE:
Domanda:”Lei è favorevole alla rielezione di Durao Barroso?”. Risposta:”E’ importante scegliere esponenti autorevoli”.
Grazie Signor Pirillo, se verrà eletto metterò per la prima volta in dubbio la mia adesione al PD.
angela // 11 Giugno 2009 a 10:20 pm
capito per caso su questo blog, ha destato la mia curiosità prima il nome del circolo e lo stile del blog, poi il post con l’intervista a Pirillo.
@ fr.pignatelli: io ho tolto ogni dubbio rispetto alla mia adesione al PD nel momento in cui ho appreso della candidatura di Pirillo (non è una battuta, è davvero andata così).
Segnalo il post di un amico sull’argomento.
http://altrosud.blog.tiscali.it//La_selezione_della_classe_dirigente_ai_tempi_del_Pd_1981592.shtml
A parte Pirillo, vi auguro davvero di cuore buon lavoro.
angela
PS: Pirillo è stato eletto.
INTERVISTA A DE MAGISTRIS
VICINO VICINO….ALL’EUROPIRILLO
Quel che conta è sapere cosa ne pensa De Magistris dell’euroPirillo e viceversa, dal momento che i due saranno inevitabilmente “apparentati” nell’europarlamento così come Pd e Italia dei Valori sono apparentati, nel Parlamento italiano, nell’opposizione (mi vien da ridere solo a considerarla tale) contro il centrodestra.
Bene, ho chiamato alcuni giorni fa De Magistris e questa è l’intervista che ne è uscita.
De Magistris è contento di come sono andate le elezioni per i vostri cugini del Pd con i quali condividete gioie e dolori dell’opposizione?
Ci sono molti segnali incoraggianti, come l’elezione di Rosario Crocetta, Rita Borsellino o Davide Sassoli. Nello stesso tempo non posso notare con sconcerto la presenza di personaggi come il campano Andrea Cozzolino o il calabrese Pirillo
Si riferisce, per quest’ultimo, al fatto che stava indagando su di lui con l’inchiesta Why Not…
No, non solo per questo, anche se noto che tanto Cozzolino quanto Pirillo sono accomunati da questioni che riguardano l’uso di fondi europei. Mi riferisco innanzitutto a quel che Pirillo e Loiero rappresentano per la Calabria. L’asse Loiero-Pirillo è fortissimo, è l’asse della continuità. Pirillo è l’antitesi del risanamento e del rinnovamento della classe dirigente, è l’uomo della raccomandazione, del voto di scambio, del clientelismo…
De Magistris, si rende conto di quello che dice, guardi che io ne scriverò testualmente.
Certo che me ne rendo conto, ci mancherebbe altro. Bisogna pesantemente porre sul tavolo la questione morale. E’ un tema di non poco conto perché la Calabria dà segni di rinnovamento. Pirillo ha condotto una campagna elettorale indegna e il Pd, sapendolo, è pesantemente coinvolto. La questione è sconcertante.
E dunque…
E dunque noi non possiamo pensare di fare opposizione con Loiero e Pirillo, personaggi indigeribili.
LA RISPOSTA DI PIRILLO
Fine delle trasmissioni. Se Loiero a quanto mi risulta non ha avuto modo di replicare al coinvolgimento nei ragionamenti di De Magistris, Pirillo sì, visto che era già stato sfiorato in un passaggio dell’intervista all’ex Pm di Antonello Caporale su Repubblica del 10 giugno a pagina 10. Non so quanto involontariamente, De Magistris lo aveva chiamato “un tizio, l’onorevole Pirilli, espressione della politica castale”.
Il giorno dopo l’euroPirillo affidava la sua risposta all’Ansa, che riporto testualmente. “Sono due anni che taccio. Durante la campagna elettorale ho persino evitato di rispondere alle provocazioni ma adesso è proprio troppo. La differenza tra me e l’onorevole De Magistris riposa nella sua ultima risposta all’intervista rilasciata ad Antonello Caporale: mentre lui va a Bruxelles per mangiare ostriche, io più umilmente spero di aiutare l’agricoltura del Mezzogiorno d’Italia. Apprezzo l’ironia e il sarcasmo delle interviste di Caporale. Un po’ meno le risposte sguaiate di un giovanotto che ha dimostrato quasi nulla da magistrato e che comincia la sua avventura politica con troppa arroganza, Io sarei più rispettoso della scelta fatta da 110mila meridionali che hanno scritto Pirillo, con la O finale, sulla scheda elettorale”.
In attesa della replica – gradita – di Loiero se e quando verrà, buona Calabria e buona euroCalabria a tutti!
Chi non salta Capacchione è, è…Chi non salta Capacchione è, è….
roberto.galullo@ilsole24ore.com
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