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Cari amici,
come promesso riprendo il racconto della breve esistenza del piccolo Michele e della sua tragica conclusione. Chiedo scusa in anticipo ma questa volta, dovendovi narrare l’iter giudiziario con le sue annesse perizie mediche, non potrò evitare di usare termini tecnici. Cercherò comunque, nei limiti del possibile di semplificare le cose.
Dopo il decesso del piccolo, essendo perlomeno evidente, il comportamento altamente negligente dei medici coinvolti, fu presentata poche ore dopo, denuncia allo stesso posto di polizia dello Ospedale di Cosenza. In serata furono sequestrate le cartelle cliniche.
Il Pubblico Ministero dispose l'autopsia del piccolo che fu eseguita da un perito da lui nominato.
Le sue conclusioni furono che il bambino era deceduto per una polmonite interstiziale, dunque per una grave insufficienza respiratoria (i cui sintomi erano evidenti), non riconosciuta e non trattata! Ravvisò nella condotta dei medici un comportamento altamente imperito,imprudente e negligente!
Fu chiesto ed ottenuto il rinvio a giudizio ed il processo iniziò il suo iter con le consuete scaramucce legali ed estenuanti rinvii per motivi spesso futili.
I periti della difesa cercarono di arrampicarsi sugli specchi, a volte con spunti "pittoreschi"
producendo elaborati nei quali dichiaravano che il bimbo soffriva delle malattie le più strane ed arzigogolate. Uno di questi arrivò a scrivere che il piccolo era deceduto per un blocco intestinale (un volvolo: rotazione di un ansa intestinale su se stessa), provocato dal fatto che il piccolo, durante la festa per il suo battesimo effettuata due giorni prima, sfuggendo al controllo dei genitori, avrebbe mangiato "qualcosa dal lauto banchetto sicuramente imbandito" (sic!) (volvolo ovviamente totalmente assente all'autopsia).
Sto citando a memoria ma ho i testi delle perizie a disposizione. Io capisco che ognuno fa il suo mestiere, ma per me, un medico rimane sempre un medico, che stia dalla parte della difesa o dell'accusa e se come perito della difesa ha certamente il compito di cercare di alleggerire la posizione dei suoi assistiti, lo deve comunque fare nei limiti delle conoscenze scientifiche allo stato attuale dell’arte, ma soprattutto nei limiti della ………….decenza !!!
Comunque alla domanda posta a bruciapelo, sia dal PM che dal giudice:" Lei è un medico, se Lei si fosse trovato quel giorno al posto del Suo assistito, davanti ad un bambino con quei sintomi , che cosa avrebbe fatto?", anche i periti della difesa furono costretti a rispondere con franchezza che " avrebbero somministrato ossigeno e che avrebbero incannulato una vena".
Poi, per motivi che ancora mi sfuggono, dopo vari anni di consuete udienze e rinvii, fu richiesta un'altra consulenza ed il giudice nominò due cosiddetti "superperiti", due medici dell'Università di Bari ( un medico legale ed un rianimatore). L'incarico fu assegnato ad ottobre 2005 e la perizia fu consegnata a giugno 2006 (dopo varie richieste di rinvii che sempre furono concessi).
Questi periti conclusero che il bimbo era deceduto per una polmonite interstiziale più una enterite necrotizzante più "note" di miocardite sierosa, il tutto in un paziente affetto da “probabile” immunodeficienza congenita (viene da esclamare: troppa grazia Sant’Antonio!) e che dunque il comportamento altamente omissivo, imperito, imprudente e negligente dei medici (comportamento che veniva comunque riconosciuto come tale) non era sanzionabile perchè il bimbo sarebbe comunque deceduto!!!
Sarebbe deceduto con la più assoluta certezza, senza la minima ombra di dubbio, anche se fossero stato messe in atto le migliori terapie a disposizione, anche se il fatto si fosse presentato al Childrens’ Hospital di Boston, anche se fosse intervenuto, padre Pio, Gesù Cristo o la Madonna ! Neanche Santa Rita da Cascia, che tutti sappiamo esser la santa dei casi disperati, ce l'avrebbe potuto fare !!!
E per appoggiare queste loro conclusioni su una parvenza di serietà scientifica, citarono 3 articoli
(2 descrizioni di casi clinici, più una classificazione delle immunodeficienze congenite con relativi criteri diagnostici)! Citarono ma non produssero questi articoli (questo fatto è importante per il seguito) !!!
Quando il prof. Ronchi, ordinario di medicina legale dell'Università di Milano e nostro perito di parte, mi comunicò queste conclusioni, io gli rispose che lo scopo per il quale avevamo avviato questo iter giudiziario era quello di fare luce sugli eventi e di ottenere la verità qualunque essa sia!
Se dunque la verità era che Michele fosse deceduto per tutte quelle patologie sopra descritte, per noi andava bene così, anzi il sapere che non c'era proprio nulla da fare avrebbe in un certo senso,
addolcito la nostro pena !!!
Ma la mia domanda era, se lui, in scienza e coscienza, lasciando perdere il fatto che era il nostro perito di parte, fosse convinto che questa fosse davvero la verità ? E lui mi rispose di NO !
D'altra parte, cari amici, anch'io sono un medico! Sono un'anestesista rianimatore: spesso ho dovuto intubare dei bambini, spesso ho effettuato dei trasporti "medicalizzati" di piccoli pazienti, ma "medicalizzati"sul serio! Cioè, sempre accanto al piccolo e con tutti i necessari presidi di monitorizzazione dei parametri vitali !
Ho fatto leggere questa perizia a decine di colleghi, delle varie specialità: pediatri, anestesisti-rianimatori, anatomopatologi, medici legali ecc ecc. Chiedendo sempre un parere disinteressato, in tutta scienza e coscienza. Ebbene la risposta unanime fu che questa perizia fosse molto "fragile " (sto usando un eufemismo!) dal punto di vista scientifico, anzi molti espressero un parere molto più pesante, che non sto a riferire dato che esula dall'aspetto prettamente medico!
Esaminiamo adesso i vari punti di questa perizia. Ovviamente cercherò di essere sintetico e di non usare termini troppi criptici!
Per non stare ogni volta a ripeterlo, dichiaro che ogni cosa di quello che ho scritto o che sto per scrivere è suffragata dalla letteratura internazionale e dai pareri di colleghi la cui autorevolezza , anche a livello internazionale, è da tempo consolidata!
Ovviamente mi assumo l'intera responsabilità per ogni mia dichiarazione.
Iniziamo con la miocardite (infezione del muscolo cardiaco): i due periti forse ignorano che le diagnosi "moderne", non si fanno a livello "impressionistico" ma su la base di criteri istologici ed anatomopatologici ben precisi : per esempio i ben noti " criteri di Dallas" per la diagnosi delle miocarditi. La descrizione istologica che loro stesso fanno del miocardio del povero Michele, non corrisponde in nessun modo ad una miocardite e nessun anatomopatologo serio al mondo farebbe una tale diagnosi sulla base di quel reperto istologico.
Passiamo ora all'enterite necrotizzante!!! Potrei facilmente obbiettare che il bimbo non aveva assolutamente nessun sintomo clinico di questa patologia e che dato che questa patologia, secondo i periti era di una tale gravità ed estensione che doveva perlomeno per forza dare qualche segno. Ma non mi dilungherò in questi ragionamenti.
Farò semplicemente notare una cosa di una estrema chiarezza: la diagnosi di "enterite necrotizzante" è una diagnosi prettamente descrittiva, cioè nella denominazione stessa della patologia vi è la descrizione delle alterazioni che essa provoca! "Enterite" = infezione dell'intestino, "necrotizzante" che provoca "necrosi" cioè "morte", "distruzione" della parete intestinale.
Dunque, e questo è un ragionamento che anche la famosa "casalinga di Voghera" può seguire perfettamente, se non vi sono aree di necrosi, io non posso assolutamente parlare di enterite "necrotizzante". Bene, nella descrizione istologica che i due periti stessi fanno dell'intestino del povero Michele (loro, non io!), non viene mai descritta un’area di necrosi anzi la parola "necrosi" non appare mai !!!
Leggiamo invece che “….La mucosa è ovunque riconoscibile nella sua parte profonda dove si osserva il fondo delle cripte intestinali indenne (avete capito bene “indenne”)…….Nella sua parte superficiale, la mucosa nonostante l’infiltrazione eritrocitaria, mostra villi dal profilo ancora identificabile……La restante parete appare esente da alterazioni nelle sue diverse tonache”. Questa è la descrizione che i due periti fanno (non io!). Anche qui, nessun anatomopatologo serio al mondo farebbe una diagnosi di “enterite necrotizzante”!!!
Riguardo all'immunodeficienza la faccenda si tinge di "giallo" e spiegherò il perchè! I nostri due periti per suffragarla citano 3 articoli, che però non presentano al giudice.
Su internet trovo gli abstracts (riassunti) dei due casi clinici da loro citati e scarico anche il terzo articolo in versione integrale: si tratta dello studio di un gruppo internazionale di specialisti delle immunodeficienze congenite che stabilisce con chiarezza una classificazione delle varie sindromi da immunodeficienza congenita, con i rispettivi criteri diagnostici, ovvero i criteri necessari per potere fare diagnosi di immunodeficienza ( ricordate quello che ho scritto più sopra?: la medicina
scientifica non effettua diagnosi "impressionistiche" ma si basa su criteri universalmente riconosciuti ed accettati!!!).I nomi dei 3 coordinatori di questo autorevole gruppo sono: Conley, Notarangelo ed Etzioni..
I due abstracts , presentano e descrivono in modo succinto (trattandosi di riassunti) i due casi clinici senza dilungarsi sull'esito che fanno i due bambini in esame ( bambini vi ripeto sicuramente affetti di immunodeficienza primaria!).
Per ottenere il testo integrale degli articoli, bisognava essere abbonati alle riviste in oggetto. Riesco comunque tramite la biblioteca dell'Università di Milano Bicocca e quella del mio stesso ospedale a scaricare i testi integrali!
E lì rimasi esterrefatto (però in modo positivo): i due bambini erano sopravvissuti egregiamente !!! Uno con una semplice terapia antibiotica e l'altro dopo essere stato intubato e ricoverato in terapia intensiva per alcuni giorni !!!! (non si capisce dunque per quale motivo Michele doveva “per forza morire”)
Tutto eccitato comunicai la mia "scoperta" al prof. Ronchi che mi rispose:" ma questo è un clamoroso autogol!" Durante la loro audizione nel processo di I grado , alla domanda del
Pubblico Ministero :"che fine hanno fatto i due bambini dei casi clinici da voi citati?", non seppero dare nessuna risposta e dopo aver provato a bofonchiare qualcosa , finirono per dichiarare che "non se lo ricordavano" (sic!).
Dimostrando così, se ce ne fosse bisogno, di non aver mai letto la letteratura da loro citata! (forse non hanno mai nemmeno scaricati nella loro integralità questi articoli).
A questo punto appare chiaro che gli articoli citati (che, ripeto, non si sono nemmeno dato la pena di leggere), servivano unicamente a dare una parvenza di scientificità alle loro tesi!
Ma vi è di più, un giorno un mio amico (uno dei tanti colleghi che con generosità e dedizione mi hanno aiutato nelle ricerche bibliografiche ecc), mi chiama per farmi notare che il prof. Luigi Notarangelo, coautore della classificazione diagnostica delle immunodeficienze congenite, era professore ordinario di pediatria all’Università di Brescia.
Mi precipito subito a Brescia portando con me l'intera documentazione del caso (referto dell’ autopsia , perizie , articoli ecc ecc ) e chiedo di essere ricevuto da lui. Gli spiego che un suo lavoro è stato usato per cercare di sostenere delle affermazioni, a mio parere antitetiche, al suo vero significato scientifico e gli faccio un breve riassunto dell'intera faccenda.
Il prof. Notarangelo dopo avermi ascoltato con attenzione, mi rispose che stava per lasciare l'Italia per andare a lavorare al Childrens’ Hospital di Boston (scusate s'è poco!!!) dove tutt’ora si trova. Promise però di esaminare l'intera documentazione del caso e qualora fosse stato, in coscienza convinto, che le affermazioni dei due periti sulla presunta "immunodeficienza" del povero Michele non poggiassero su nessuna base scientifica, mi avrebbe fatto pervenire un suo elaborato , prima della sua partenza per l'America. Ciò che puntualmente fece!!!
In questa memoria il professore Notarangelo demolisce sistematicamente le argomentazioni dei due periti ed afferma che “non trova fondamento alcuno l’affermazione resa dai due CTU in base alla quale Turano Michele era “probabilmente” affetto da immunodeficienza”. Anzi il prof. Notarangelo dice qualcosa di molto più importante, dichiarando che “l’affermazione resa dai CTU in base alla quale “la condotta colposa dei medici del tutto attendibilmente non è intervenuta nella dinamica causale o concausale del decesso di Turano Michele” è da rigettarsi, essendo in palese contrasto con le evidenze scientifiche disponibili”!!!
Vi ripeto che il prof. Notarangelo non è un nostro perito, bensì un uomo di scienza che avendo constatato che un suo lavoro veniva usato in modo distorto, ha voluto semplicemente ristabilire la verità!
Adesso vi chiederete come mai con tutte queste armi in mano non l'abbiamo spuntato in sede processuale? (si! Ve l’anticipo: non ce l’abbiamo fatta!)
Semplice: tutte queste armi sono rimaste inutilizzate!
Il giudice di I grado rifiutò non solo di audizionare i nostri periti (nella persona del prof. Ronchi) ma anche di accettare le loro osservazioni scritte (perizia del prof. Ronchi ed altri).
Anche l'elaborato del prof. Notarangelo non fu accettato negli atti processuali!!!
L'unica campana che decise di ascoltare fu dunque quella dei suoi due periti.
La cosa a mio parere gravissima, è che quando il giudice adottò questa decisione (25/10/2006) era ancora in vigore la legge Pecorella che negava la possibilità di appello in caso di assoluzione e che dunque la sua sentenza sarebbe stata "tombale" , inappellabile. Io credo che il più elementare principio di prudenza raccomanda che prima di emettere una sentenza che ha tutte le possibilità di essere inappellabile, si dia la possibilità di ascoltare tutte le campane soprattutto in un campo così delicato.
La sentenza fu emessa il 17/02/2007. Ve ne leggo le prime righe: “la morte del piccolo Michele Turano pur evidenziando LA CLAMOROSA INETTITUDINE degli odierni imputati…….non rinviene nel rubricato contegno di costoro un antecedente causale penalmente rilevante”.
Avete sentito bene? Il giudice definisce “clamorosamente inetti i tre medici!!!” Ma non si ferma qui, per esempio a pagina due afferma che a Cosenza “furono immediatamente eseguite tutte quelle manovre che per INSIPIENZA, IMPERIZIA, IGNORANZA, non erano state fino ad allora praticate”. A pagina tre afferma che l’andamento fattuale è “di una gravità, per ciò che attiene all’inazione del personale sanitario e parasanitario acrese, TANTO EVIDENTE QUANTO SCONVOLGENTE”.
Alla fine però li assolve, in parole povere, perché i periti avevano affermato che il piccolo doveva per forza morire quel giorno e che dunque la “clamorosa inettitudine” dei sanitari acresi non era stata responsabile della morte del piccolo!!!
Giudico questa sentenza una lettura molto interessante per capire come si svolgono i processi per responsabilità professionale, e vi invito caldamente a leggerla. Una copia scannerizzata di questo documento è a disposizione di chiunque me ne farà richiesta al seguente indirizzo E-mail: francesco.fusaro@fastwebnet.it
La “Gazzetta del Sud”del 20/02/2007 scrisse che questa sentenza “restituiva dignità a tre medici dell’Ospedale “Beato Angelo” di Acri”. Beh! Se chiamare dei medici “inetti, insipienti, imperiti, ignoranti”….(vi risparmio gli altri poco edificanti epiteti usati dal giudice!) e tutto ciò nello svolgimento della loro attività professionale, restituisce dignità a queste persone allora francamente c’è qualcosa che mi sfugge !
Però le cose non finirono lì: poche settimane prima, la Corte Costituzionale aveva dichiarato incostituzionale la legge Pecorella, restituendoci così la possibilità dell'appello.
Avendo il giudice emesse le sue motivazioni contestualmente alla sentenza, fatto abbastanza inconsueto (a Milano per esempio l’ultimo precedente nel quale furono emesse delle motivazioni contestuali risale a 14 anni fa e questo giudice fu ed è ancora criticato per avere addottato questa procedura, intendiamoci perfettamente legittima), i termini per l’appello decorrevano da quel giorno
(15 giorni) tempo molto ristretto, complicato dal fatto che il nostro avvocato (di Cosenza) ci dichiarò quella sera stessa che per impegni precedentemente presi non poteva assisterci per l’appello. Non aveva però dimenticato, qualche giorno prima della sentenza, di convocare mia sorella nel suo studio per farsi saldare il conto! Decisione dunque premeditata? Chi lo sa? So soltanto che di solito, oltre al pagamento in anticipo di un fondo spesa di tanto in tanto congruamente rialimentato (cosa che avevamo, vi assicuro abbondantemente fatto!), il saldo avviene dopo la prestazione, non prima! (fra l’altro, non so voi, ma io conosco pochissime professioni al mondo in cui si pretende il pagamento prima della prestazione!).
Siamo rimasti lì, intontiti dopo queste mazzate,io,mia sorella e mio cognato, soli davanti al Tribunale di Cosenza , a guardare le spalle del “nostro” avvocato che si allontanava a passo spedito nella notte cosentina. Erano le 23:00 passate, faceva freddo ed avevamo in mano gli undici fogli fitti della motivazione che ci aveva consegnato il giudice (si era fra l’altro anche dimenticato di firmarli!), undici fogli che avrebbe meditati e scritti in tre ore di camera di consiglio, spesso interrotte per andare al bagno o fumarsi un sigaro (lo vedevamo perché siamo rimasti nel tribunale in attesa della sentenza, al freddo, perché i riscaldamenti erano stati spenti alle 14:00 perché era sabato)! Complimenti ! Io per scrivere queste poche righe ci sto impiegando vari giorni !!!
Dopo essermi ripreso, ho chiesto aiuto precipitosamente ad una mia amica, avvocato del foro di Milano. Mi sono presentato nel suo studio con una diecina di chili di atti processuali (sette anni di processo!), e questa poveretta, rubando tempo al cibo ed al sonno è riuscita, in così poco tempo a realizzare l’exploit di produrre un nostro ricorso che è andato ad affiancare quello del Pubblico Ministero.
Il resto è storia recente: l’appello si svolse in modo abbastanza spedito.
Alla prima udienza (18/12/2007) il giudice dispose una “parziale riapertura del dibattimento” richiedendo una nuova audizione dei due periti. Di nuovo, però, si decise di non ascoltare i nostri periti e nemmeno di accettare agli atti, sia gli elaborati del prof. Ronchi che del prof. Notarangelo.
Questa “parziale riapertura” aveva comunque acceso in noi qualche speranza che si spense rapidamente non appena iniziò l’udienza per l’audizione dei due CTU (24/01/2008).
Praticamente il giudice si accontentò di chiedere ai due periti se confermavano quello che avevano precedentemente dichiarato (cosa che ovviamente fecero !!! mica scemi!), ma soprattutto furono ammesse pochissime domande del Procuratore Generale e del nostro avvocato: ogni volta che chiedevano spiegazioni ai periti sulle motivazioni scientifiche delle loro conclusioni, il giudice bloccava la domanda dichiarando che "non si poteva rifare il processo di I grado".
A questo punto vi racconto una “chicca”: il nostro avvocato riuscì a chiedere di nuovo ai due CTU (la domanda era già stata posta in I grado, con la risposta che vi ho già riferito) che fine avessero fatto i due bambini dei casi clinici da loro citati, e questi risposero con un aplomb anglosassone (o piuttosto con una faccia tosta tutta nostrana) che erano “tutti e due deceduti” (sic!).
Vi ricordo che i due bimbi sono ambedue egregiamente sopravvissuti ( perché trattati, come di solito si usa fare negli ospedali, che credo siano stati costruiti per questo scopo, o mi sbaglio?)
L’udienza per la sentenza fu molto interessante.
Il Procuratore Generale, una donna coraggiosa ed energica, fece una bellissima requisitoria: smontò
pezzo per pezzo la perizia dei due CTU (usando più o meno gli argomenti che vi ho spiegato), giungendo a definirla senza mezzitermini "un escamotage per salvare i medici" (cito le sue testuali parole!).
Questa è la conclusione (adesso ve lo posso confessare!) alla quale erano arrivati tutti i miei colleghi ai quali avevo fatto leggere le carte, ma sentire pronunciare in modo così esplicito queste parole da un magistrato in un' aula di tribunale fa comunque un certo effetto!Eppure tutto ciò non è servito a niente (non c'è peggior sordo di chi non vuole sentire) e la sentenza di assoluzione è stata comunque confermata.
E adesso? Stiamo aspettando le motivazioni di questa sentenza in modo da poter valutare un eventuale ricorso in Cassazione. Ricorso fatto comunque “per la bandiera” perché il 18 febbraio scorso sono decorsi i termini di prescrizione. Ma ricorso comunque doveroso, perché come lo affermò il Procuratore Generale nella sua requisitoria e come me lo spiegò il nostro avvocato se questa sentenza passasse in giudicato così com’è, sancirebbe in Italia, praticamente la quasi impunibilità dei reati di tipo omissivi.Tutti quei reati nei quali il danno non è provocato da una azione lesiva diretta degli imputati, ma dall’omissione di atti o gesti che avrebbero potuto evitare l’evento dannoso.
Ovviamente vi terrò informato se ci saranno ulteriori sviluppi. Vi ringrazio per la vostra attenzione!
Dott. Francesco Fusaro
come promesso riprendo il racconto della breve esistenza del piccolo Michele e della sua tragica conclusione. Chiedo scusa in anticipo ma questa volta, dovendovi narrare l’iter giudiziario con le sue annesse perizie mediche, non potrò evitare di usare termini tecnici. Cercherò comunque, nei limiti del possibile di semplificare le cose.
Dopo il decesso del piccolo, essendo perlomeno evidente, il comportamento altamente negligente dei medici coinvolti, fu presentata poche ore dopo, denuncia allo stesso posto di polizia dello Ospedale di Cosenza. In serata furono sequestrate le cartelle cliniche.
Il Pubblico Ministero dispose l'autopsia del piccolo che fu eseguita da un perito da lui nominato.
Le sue conclusioni furono che il bambino era deceduto per una polmonite interstiziale, dunque per una grave insufficienza respiratoria (i cui sintomi erano evidenti), non riconosciuta e non trattata! Ravvisò nella condotta dei medici un comportamento altamente imperito,imprudente e negligente!
Fu chiesto ed ottenuto il rinvio a giudizio ed il processo iniziò il suo iter con le consuete scaramucce legali ed estenuanti rinvii per motivi spesso futili.
I periti della difesa cercarono di arrampicarsi sugli specchi, a volte con spunti "pittoreschi"
producendo elaborati nei quali dichiaravano che il bimbo soffriva delle malattie le più strane ed arzigogolate. Uno di questi arrivò a scrivere che il piccolo era deceduto per un blocco intestinale (un volvolo: rotazione di un ansa intestinale su se stessa), provocato dal fatto che il piccolo, durante la festa per il suo battesimo effettuata due giorni prima, sfuggendo al controllo dei genitori, avrebbe mangiato "qualcosa dal lauto banchetto sicuramente imbandito" (sic!) (volvolo ovviamente totalmente assente all'autopsia).
Sto citando a memoria ma ho i testi delle perizie a disposizione. Io capisco che ognuno fa il suo mestiere, ma per me, un medico rimane sempre un medico, che stia dalla parte della difesa o dell'accusa e se come perito della difesa ha certamente il compito di cercare di alleggerire la posizione dei suoi assistiti, lo deve comunque fare nei limiti delle conoscenze scientifiche allo stato attuale dell’arte, ma soprattutto nei limiti della ………….decenza !!!
Comunque alla domanda posta a bruciapelo, sia dal PM che dal giudice:" Lei è un medico, se Lei si fosse trovato quel giorno al posto del Suo assistito, davanti ad un bambino con quei sintomi , che cosa avrebbe fatto?", anche i periti della difesa furono costretti a rispondere con franchezza che " avrebbero somministrato ossigeno e che avrebbero incannulato una vena".
Poi, per motivi che ancora mi sfuggono, dopo vari anni di consuete udienze e rinvii, fu richiesta un'altra consulenza ed il giudice nominò due cosiddetti "superperiti", due medici dell'Università di Bari ( un medico legale ed un rianimatore). L'incarico fu assegnato ad ottobre 2005 e la perizia fu consegnata a giugno 2006 (dopo varie richieste di rinvii che sempre furono concessi).
Questi periti conclusero che il bimbo era deceduto per una polmonite interstiziale più una enterite necrotizzante più "note" di miocardite sierosa, il tutto in un paziente affetto da “probabile” immunodeficienza congenita (viene da esclamare: troppa grazia Sant’Antonio!) e che dunque il comportamento altamente omissivo, imperito, imprudente e negligente dei medici (comportamento che veniva comunque riconosciuto come tale) non era sanzionabile perchè il bimbo sarebbe comunque deceduto!!!
Sarebbe deceduto con la più assoluta certezza, senza la minima ombra di dubbio, anche se fossero stato messe in atto le migliori terapie a disposizione, anche se il fatto si fosse presentato al Childrens’ Hospital di Boston, anche se fosse intervenuto, padre Pio, Gesù Cristo o la Madonna ! Neanche Santa Rita da Cascia, che tutti sappiamo esser la santa dei casi disperati, ce l'avrebbe potuto fare !!!
E per appoggiare queste loro conclusioni su una parvenza di serietà scientifica, citarono 3 articoli
(2 descrizioni di casi clinici, più una classificazione delle immunodeficienze congenite con relativi criteri diagnostici)! Citarono ma non produssero questi articoli (questo fatto è importante per il seguito) !!!
Quando il prof. Ronchi, ordinario di medicina legale dell'Università di Milano e nostro perito di parte, mi comunicò queste conclusioni, io gli rispose che lo scopo per il quale avevamo avviato questo iter giudiziario era quello di fare luce sugli eventi e di ottenere la verità qualunque essa sia!
Se dunque la verità era che Michele fosse deceduto per tutte quelle patologie sopra descritte, per noi andava bene così, anzi il sapere che non c'era proprio nulla da fare avrebbe in un certo senso,
addolcito la nostro pena !!!
Ma la mia domanda era, se lui, in scienza e coscienza, lasciando perdere il fatto che era il nostro perito di parte, fosse convinto che questa fosse davvero la verità ? E lui mi rispose di NO !
D'altra parte, cari amici, anch'io sono un medico! Sono un'anestesista rianimatore: spesso ho dovuto intubare dei bambini, spesso ho effettuato dei trasporti "medicalizzati" di piccoli pazienti, ma "medicalizzati"sul serio! Cioè, sempre accanto al piccolo e con tutti i necessari presidi di monitorizzazione dei parametri vitali !
Ho fatto leggere questa perizia a decine di colleghi, delle varie specialità: pediatri, anestesisti-rianimatori, anatomopatologi, medici legali ecc ecc. Chiedendo sempre un parere disinteressato, in tutta scienza e coscienza. Ebbene la risposta unanime fu che questa perizia fosse molto "fragile " (sto usando un eufemismo!) dal punto di vista scientifico, anzi molti espressero un parere molto più pesante, che non sto a riferire dato che esula dall'aspetto prettamente medico!
Esaminiamo adesso i vari punti di questa perizia. Ovviamente cercherò di essere sintetico e di non usare termini troppi criptici!
Per non stare ogni volta a ripeterlo, dichiaro che ogni cosa di quello che ho scritto o che sto per scrivere è suffragata dalla letteratura internazionale e dai pareri di colleghi la cui autorevolezza , anche a livello internazionale, è da tempo consolidata!
Ovviamente mi assumo l'intera responsabilità per ogni mia dichiarazione.
Iniziamo con la miocardite (infezione del muscolo cardiaco): i due periti forse ignorano che le diagnosi "moderne", non si fanno a livello "impressionistico" ma su la base di criteri istologici ed anatomopatologici ben precisi : per esempio i ben noti " criteri di Dallas" per la diagnosi delle miocarditi. La descrizione istologica che loro stesso fanno del miocardio del povero Michele, non corrisponde in nessun modo ad una miocardite e nessun anatomopatologo serio al mondo farebbe una tale diagnosi sulla base di quel reperto istologico.
Passiamo ora all'enterite necrotizzante!!! Potrei facilmente obbiettare che il bimbo non aveva assolutamente nessun sintomo clinico di questa patologia e che dato che questa patologia, secondo i periti era di una tale gravità ed estensione che doveva perlomeno per forza dare qualche segno. Ma non mi dilungherò in questi ragionamenti.
Farò semplicemente notare una cosa di una estrema chiarezza: la diagnosi di "enterite necrotizzante" è una diagnosi prettamente descrittiva, cioè nella denominazione stessa della patologia vi è la descrizione delle alterazioni che essa provoca! "Enterite" = infezione dell'intestino, "necrotizzante" che provoca "necrosi" cioè "morte", "distruzione" della parete intestinale.
Dunque, e questo è un ragionamento che anche la famosa "casalinga di Voghera" può seguire perfettamente, se non vi sono aree di necrosi, io non posso assolutamente parlare di enterite "necrotizzante". Bene, nella descrizione istologica che i due periti stessi fanno dell'intestino del povero Michele (loro, non io!), non viene mai descritta un’area di necrosi anzi la parola "necrosi" non appare mai !!!
Leggiamo invece che “….La mucosa è ovunque riconoscibile nella sua parte profonda dove si osserva il fondo delle cripte intestinali indenne (avete capito bene “indenne”)…….Nella sua parte superficiale, la mucosa nonostante l’infiltrazione eritrocitaria, mostra villi dal profilo ancora identificabile……La restante parete appare esente da alterazioni nelle sue diverse tonache”. Questa è la descrizione che i due periti fanno (non io!). Anche qui, nessun anatomopatologo serio al mondo farebbe una diagnosi di “enterite necrotizzante”!!!
Riguardo all'immunodeficienza la faccenda si tinge di "giallo" e spiegherò il perchè! I nostri due periti per suffragarla citano 3 articoli, che però non presentano al giudice.
Su internet trovo gli abstracts (riassunti) dei due casi clinici da loro citati e scarico anche il terzo articolo in versione integrale: si tratta dello studio di un gruppo internazionale di specialisti delle immunodeficienze congenite che stabilisce con chiarezza una classificazione delle varie sindromi da immunodeficienza congenita, con i rispettivi criteri diagnostici, ovvero i criteri necessari per potere fare diagnosi di immunodeficienza ( ricordate quello che ho scritto più sopra?: la medicina
scientifica non effettua diagnosi "impressionistiche" ma si basa su criteri universalmente riconosciuti ed accettati!!!).I nomi dei 3 coordinatori di questo autorevole gruppo sono: Conley, Notarangelo ed Etzioni..
I due abstracts , presentano e descrivono in modo succinto (trattandosi di riassunti) i due casi clinici senza dilungarsi sull'esito che fanno i due bambini in esame ( bambini vi ripeto sicuramente affetti di immunodeficienza primaria!).
Per ottenere il testo integrale degli articoli, bisognava essere abbonati alle riviste in oggetto. Riesco comunque tramite la biblioteca dell'Università di Milano Bicocca e quella del mio stesso ospedale a scaricare i testi integrali!
E lì rimasi esterrefatto (però in modo positivo): i due bambini erano sopravvissuti egregiamente !!! Uno con una semplice terapia antibiotica e l'altro dopo essere stato intubato e ricoverato in terapia intensiva per alcuni giorni !!!! (non si capisce dunque per quale motivo Michele doveva “per forza morire”)
Tutto eccitato comunicai la mia "scoperta" al prof. Ronchi che mi rispose:" ma questo è un clamoroso autogol!" Durante la loro audizione nel processo di I grado , alla domanda del
Pubblico Ministero :"che fine hanno fatto i due bambini dei casi clinici da voi citati?", non seppero dare nessuna risposta e dopo aver provato a bofonchiare qualcosa , finirono per dichiarare che "non se lo ricordavano" (sic!).
Dimostrando così, se ce ne fosse bisogno, di non aver mai letto la letteratura da loro citata! (forse non hanno mai nemmeno scaricati nella loro integralità questi articoli).
A questo punto appare chiaro che gli articoli citati (che, ripeto, non si sono nemmeno dato la pena di leggere), servivano unicamente a dare una parvenza di scientificità alle loro tesi!
Ma vi è di più, un giorno un mio amico (uno dei tanti colleghi che con generosità e dedizione mi hanno aiutato nelle ricerche bibliografiche ecc), mi chiama per farmi notare che il prof. Luigi Notarangelo, coautore della classificazione diagnostica delle immunodeficienze congenite, era professore ordinario di pediatria all’Università di Brescia.
Mi precipito subito a Brescia portando con me l'intera documentazione del caso (referto dell’ autopsia , perizie , articoli ecc ecc ) e chiedo di essere ricevuto da lui. Gli spiego che un suo lavoro è stato usato per cercare di sostenere delle affermazioni, a mio parere antitetiche, al suo vero significato scientifico e gli faccio un breve riassunto dell'intera faccenda.
Il prof. Notarangelo dopo avermi ascoltato con attenzione, mi rispose che stava per lasciare l'Italia per andare a lavorare al Childrens’ Hospital di Boston (scusate s'è poco!!!) dove tutt’ora si trova. Promise però di esaminare l'intera documentazione del caso e qualora fosse stato, in coscienza convinto, che le affermazioni dei due periti sulla presunta "immunodeficienza" del povero Michele non poggiassero su nessuna base scientifica, mi avrebbe fatto pervenire un suo elaborato , prima della sua partenza per l'America. Ciò che puntualmente fece!!!
In questa memoria il professore Notarangelo demolisce sistematicamente le argomentazioni dei due periti ed afferma che “non trova fondamento alcuno l’affermazione resa dai due CTU in base alla quale Turano Michele era “probabilmente” affetto da immunodeficienza”. Anzi il prof. Notarangelo dice qualcosa di molto più importante, dichiarando che “l’affermazione resa dai CTU in base alla quale “la condotta colposa dei medici del tutto attendibilmente non è intervenuta nella dinamica causale o concausale del decesso di Turano Michele” è da rigettarsi, essendo in palese contrasto con le evidenze scientifiche disponibili”!!!
Vi ripeto che il prof. Notarangelo non è un nostro perito, bensì un uomo di scienza che avendo constatato che un suo lavoro veniva usato in modo distorto, ha voluto semplicemente ristabilire la verità!
Adesso vi chiederete come mai con tutte queste armi in mano non l'abbiamo spuntato in sede processuale? (si! Ve l’anticipo: non ce l’abbiamo fatta!)
Semplice: tutte queste armi sono rimaste inutilizzate!
Il giudice di I grado rifiutò non solo di audizionare i nostri periti (nella persona del prof. Ronchi) ma anche di accettare le loro osservazioni scritte (perizia del prof. Ronchi ed altri).
Anche l'elaborato del prof. Notarangelo non fu accettato negli atti processuali!!!
L'unica campana che decise di ascoltare fu dunque quella dei suoi due periti.
La cosa a mio parere gravissima, è che quando il giudice adottò questa decisione (25/10/2006) era ancora in vigore la legge Pecorella che negava la possibilità di appello in caso di assoluzione e che dunque la sua sentenza sarebbe stata "tombale" , inappellabile. Io credo che il più elementare principio di prudenza raccomanda che prima di emettere una sentenza che ha tutte le possibilità di essere inappellabile, si dia la possibilità di ascoltare tutte le campane soprattutto in un campo così delicato.
La sentenza fu emessa il 17/02/2007. Ve ne leggo le prime righe: “la morte del piccolo Michele Turano pur evidenziando LA CLAMOROSA INETTITUDINE degli odierni imputati…….non rinviene nel rubricato contegno di costoro un antecedente causale penalmente rilevante”.
Avete sentito bene? Il giudice definisce “clamorosamente inetti i tre medici!!!” Ma non si ferma qui, per esempio a pagina due afferma che a Cosenza “furono immediatamente eseguite tutte quelle manovre che per INSIPIENZA, IMPERIZIA, IGNORANZA, non erano state fino ad allora praticate”. A pagina tre afferma che l’andamento fattuale è “di una gravità, per ciò che attiene all’inazione del personale sanitario e parasanitario acrese, TANTO EVIDENTE QUANTO SCONVOLGENTE”.
Alla fine però li assolve, in parole povere, perché i periti avevano affermato che il piccolo doveva per forza morire quel giorno e che dunque la “clamorosa inettitudine” dei sanitari acresi non era stata responsabile della morte del piccolo!!!
Giudico questa sentenza una lettura molto interessante per capire come si svolgono i processi per responsabilità professionale, e vi invito caldamente a leggerla. Una copia scannerizzata di questo documento è a disposizione di chiunque me ne farà richiesta al seguente indirizzo E-mail: francesco.fusaro@fastwebnet.it
La “Gazzetta del Sud”del 20/02/2007 scrisse che questa sentenza “restituiva dignità a tre medici dell’Ospedale “Beato Angelo” di Acri”. Beh! Se chiamare dei medici “inetti, insipienti, imperiti, ignoranti”….(vi risparmio gli altri poco edificanti epiteti usati dal giudice!) e tutto ciò nello svolgimento della loro attività professionale, restituisce dignità a queste persone allora francamente c’è qualcosa che mi sfugge !
Però le cose non finirono lì: poche settimane prima, la Corte Costituzionale aveva dichiarato incostituzionale la legge Pecorella, restituendoci così la possibilità dell'appello.
Avendo il giudice emesse le sue motivazioni contestualmente alla sentenza, fatto abbastanza inconsueto (a Milano per esempio l’ultimo precedente nel quale furono emesse delle motivazioni contestuali risale a 14 anni fa e questo giudice fu ed è ancora criticato per avere addottato questa procedura, intendiamoci perfettamente legittima), i termini per l’appello decorrevano da quel giorno
(15 giorni) tempo molto ristretto, complicato dal fatto che il nostro avvocato (di Cosenza) ci dichiarò quella sera stessa che per impegni precedentemente presi non poteva assisterci per l’appello. Non aveva però dimenticato, qualche giorno prima della sentenza, di convocare mia sorella nel suo studio per farsi saldare il conto! Decisione dunque premeditata? Chi lo sa? So soltanto che di solito, oltre al pagamento in anticipo di un fondo spesa di tanto in tanto congruamente rialimentato (cosa che avevamo, vi assicuro abbondantemente fatto!), il saldo avviene dopo la prestazione, non prima! (fra l’altro, non so voi, ma io conosco pochissime professioni al mondo in cui si pretende il pagamento prima della prestazione!).
Siamo rimasti lì, intontiti dopo queste mazzate,io,mia sorella e mio cognato, soli davanti al Tribunale di Cosenza , a guardare le spalle del “nostro” avvocato che si allontanava a passo spedito nella notte cosentina. Erano le 23:00 passate, faceva freddo ed avevamo in mano gli undici fogli fitti della motivazione che ci aveva consegnato il giudice (si era fra l’altro anche dimenticato di firmarli!), undici fogli che avrebbe meditati e scritti in tre ore di camera di consiglio, spesso interrotte per andare al bagno o fumarsi un sigaro (lo vedevamo perché siamo rimasti nel tribunale in attesa della sentenza, al freddo, perché i riscaldamenti erano stati spenti alle 14:00 perché era sabato)! Complimenti ! Io per scrivere queste poche righe ci sto impiegando vari giorni !!!
Dopo essermi ripreso, ho chiesto aiuto precipitosamente ad una mia amica, avvocato del foro di Milano. Mi sono presentato nel suo studio con una diecina di chili di atti processuali (sette anni di processo!), e questa poveretta, rubando tempo al cibo ed al sonno è riuscita, in così poco tempo a realizzare l’exploit di produrre un nostro ricorso che è andato ad affiancare quello del Pubblico Ministero.
Il resto è storia recente: l’appello si svolse in modo abbastanza spedito.
Alla prima udienza (18/12/2007) il giudice dispose una “parziale riapertura del dibattimento” richiedendo una nuova audizione dei due periti. Di nuovo, però, si decise di non ascoltare i nostri periti e nemmeno di accettare agli atti, sia gli elaborati del prof. Ronchi che del prof. Notarangelo.
Questa “parziale riapertura” aveva comunque acceso in noi qualche speranza che si spense rapidamente non appena iniziò l’udienza per l’audizione dei due CTU (24/01/2008).
Praticamente il giudice si accontentò di chiedere ai due periti se confermavano quello che avevano precedentemente dichiarato (cosa che ovviamente fecero !!! mica scemi!), ma soprattutto furono ammesse pochissime domande del Procuratore Generale e del nostro avvocato: ogni volta che chiedevano spiegazioni ai periti sulle motivazioni scientifiche delle loro conclusioni, il giudice bloccava la domanda dichiarando che "non si poteva rifare il processo di I grado".
A questo punto vi racconto una “chicca”: il nostro avvocato riuscì a chiedere di nuovo ai due CTU (la domanda era già stata posta in I grado, con la risposta che vi ho già riferito) che fine avessero fatto i due bambini dei casi clinici da loro citati, e questi risposero con un aplomb anglosassone (o piuttosto con una faccia tosta tutta nostrana) che erano “tutti e due deceduti” (sic!).
Vi ricordo che i due bimbi sono ambedue egregiamente sopravvissuti ( perché trattati, come di solito si usa fare negli ospedali, che credo siano stati costruiti per questo scopo, o mi sbaglio?)
L’udienza per la sentenza fu molto interessante.
Il Procuratore Generale, una donna coraggiosa ed energica, fece una bellissima requisitoria: smontò
pezzo per pezzo la perizia dei due CTU (usando più o meno gli argomenti che vi ho spiegato), giungendo a definirla senza mezzitermini "un escamotage per salvare i medici" (cito le sue testuali parole!).
Questa è la conclusione (adesso ve lo posso confessare!) alla quale erano arrivati tutti i miei colleghi ai quali avevo fatto leggere le carte, ma sentire pronunciare in modo così esplicito queste parole da un magistrato in un' aula di tribunale fa comunque un certo effetto!Eppure tutto ciò non è servito a niente (non c'è peggior sordo di chi non vuole sentire) e la sentenza di assoluzione è stata comunque confermata.
E adesso? Stiamo aspettando le motivazioni di questa sentenza in modo da poter valutare un eventuale ricorso in Cassazione. Ricorso fatto comunque “per la bandiera” perché il 18 febbraio scorso sono decorsi i termini di prescrizione. Ma ricorso comunque doveroso, perché come lo affermò il Procuratore Generale nella sua requisitoria e come me lo spiegò il nostro avvocato se questa sentenza passasse in giudicato così com’è, sancirebbe in Italia, praticamente la quasi impunibilità dei reati di tipo omissivi.Tutti quei reati nei quali il danno non è provocato da una azione lesiva diretta degli imputati, ma dall’omissione di atti o gesti che avrebbero potuto evitare l’evento dannoso.
Ovviamente vi terrò informato se ci saranno ulteriori sviluppi. Vi ringrazio per la vostra attenzione!
Dott. Francesco Fusaro
1 commento:
Caro Francesco Fusaro,
ho letto con molta attenzione (più volte!) questo triste e verso di voi ingiusto iter giudiziario. Iter che, con la precisione sempre necessaria in questo genere di situazioni, ci racconta, coi dovuti dettagli, gli sviluppi legali, durante tutti questi anni, di quanto accadde a Michele nell’ospedale di Acri; i fatti avvenuti al Pronto soccorso che tu ci avevi esposto su questo stesso blog il 19 febbraio scorso con altrettanta chiarezza. Nel mio commento a questo tuo primo scritto credo di aver detto l’essenziale, quello che risentivo di fronte a tanta negligenza, a tanto pressappochismo, incuria (in un ospedale!) eccetera, degli “irresponsabili” della morte del tuo nipotino, del nostro Michele. Vorrei ridirti, adesso, che hai fatto benissimo a rendere pubblici tutti questi fatti. Questi fattacci, vanno conosciuti. Basta immedesimarsi con la famiglia che li subisce per renderci immediatamente conto di quanto possano essere ingiusti i trattamenti riservati ai diversi protagonisti di queste ed altre simili brutte vicende. E sto anche pensando a coloro che nemmeno posseggono la possibilità di potersi battere per farsi rispettare, e quindi far rispettare, cosi, la Giustizia degli Uomini... Hai fatto benissimo poiché chi non ne è al corrente, cos’altro ha a disposizione, di “ufficiale”... se non l’articolo del giornale che citi? Quello della "Gazzetta" che mi permetto di riprendere insieme a quanto ne dici: “ ‘La Gazzetta del Sud’ del 20/02/2007 scrisse che questa sentenza ‘restituiva dignità a tre medici dell’Ospedale Beato Angelo di Acri’. Beh! Se chiamare dei medici ‘inetti, insipienti, imperiti, ignoranti’…(vi risparmio gli altri poco edificanti epiteti usati dal giudice!) e tutto ciò nello svolgimento della loro attività professionale, restituisce dignità a queste persone allora francamente c’è qualcosa che mi sfugge! ” -
Caro Francesco, siamo caduti veramente in basso se due periti possono rispondere con altrettanta leggerezza e menefreghismo e cinismo (di tutte queste cose insieme si tratta), in due modi diversi alla stessa domanda (!) riguardo ai due bimbi sopravvissuti (l’articolo che avevano utilizzato senza nemmeno leggerlo! - del prof. Notarangelo e dei suoi colleghi, la prima volta dicendo che non ricordavano: “Pubblico Ministero: ‘che fine hanno fatto i due bambini dei casi clinici da voi citati?’ non seppero dare nessuna risposta e dopo aver provato a bofonchiare qualcosa, finirono per dichiarare che ‘non se lo ricordavano’ (sic!).” - e la seconda: “A questo punto vi racconto una ‘chicca’: il nostro avvocato riuscì a chiedere di nuovo ai due CTU (la domanda era già stata posta in I grado, con la risposta che vi ho già riferito) che fine avessero fatto i due bambini dei casi clinici da loro citati, e questi risposero con un aplomb anglosassone (o piuttosto con una faccia tosta tutta nostrana) che erano ‘tutti e due deceduti’ (sic!). Vi ricordo che i due bimbi sono ambedue egregiamente sopravvissuti (perché trattati, come di solito si usa fare negli ospedali, che credo siano stati costruiti per questo scopo, o mi sbaglio?) ”–
Bastano queste due “risposte” dei periti facciatosta... per farci misurare la BASSEZZA MORALE (oltre che professionale beninteso) in cui vivono, in cui si compiacciono anzi... questo genere di tristi personaggi che, purtroppo, in Italia sono tutt’altro che rari! Ora, è evidente che se Michele fosse stato il loro bimbo, questi campioni: periti che citano a vanvera per dar peso scientifico alla loro pochezza... avvocato senza pudore che pensa soprattutto soldi... e giudice campione della fretta... si sarebbero comportati in modo completamente diverso!
Leggendoti, una delle cose che trovo più insopportabile, in tutto questa insopportabile storia italiana, è quando descrivi l’esito della sentenza del 17/02/2007: “... Siamo rimasti lì, intontiti dopo queste mazzate, io, mia sorella e mio cognato, soli davanti al Tribunale di Cosenza , a guardare le spalle del ‘nostro’ avvocato che si allontanava a passo spedito nella notte cosentina. Erano le 23:00 passate, faceva freddo ed avevamo in mano gli undici fogli fitti della motivazione che ci aveva consegnato il giudice (si era fra l’altro anche dimenticato di firmarli!), undici fogli che avrebbe meditati e scritti in tre ore di camera di consiglio, spesso interrotte per andare al bagno o fumarsi un sigaro (lo vedevamo perché siamo rimasti nel tribunale in attesa della sentenza, al freddo, perché i riscaldamenti erano stati spenti alle 14:00 perché era sabato)! Complimenti ! Io per scrivere queste poche righe ci sto impiegando vari giorni !!!”
Cosa aggiungere d’altro?
Caro Francesco Fusaro, ti saluto sperando che questa vicenda possa essere letta, conosciuta da tantissima gente. Per la memoria di Michelino e di chiunque abbia subito i comportamenti oltremodo inetti ed imbecilli di questo genere di personaggi...
Buona continuazione nel tuo lavoro di Medico!
- Luigi Algieri, Parigi 5 marzo 2008.
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