19 febbraio 2008

VI RACCONTO COM’E MORTO UN PICCOLO ACRESE


Cari amici,
vi voglio raccontare una storia, la storia del piccolo Michele. Purtroppo è una storia triste ma anche le storie tristi vanno raccontate perché il mondo in cui viviamo non è fatto solo di calciatori e veline, “tronisti” vari , “grandi fratelli” e reality show ! La realtà non è uno show, la realtà è spesso sofferenza e malattia, soprusi, ingiustizie e difficoltà a portare a casa uno stipendio decente (quando si ha la fortuna di averlo).
Michele era un bambino vispo ed allegro (come lo sono tutti i bambini ) che in un momento di difficoltà ha cercato aiuto nel luogo deputato a darglielo. Giudicate voi se lo ha ricevuto !!!
Noi abbiamo ereditato dai nostri padri fondatori il concetto bello e nobile che la salute è un diritto ed è per tutelare questo diritto che lo Stato (cioè tutti noi) investe tante risorse in strutture , stipendi, apparecchiature ecc ecc .
Quel giorno dunque i genitori del piccolo si recarono nel luogo secondo loro più adatto ad aiutare il loro figlio: il nostro ospedale cittadino.
Ah ! Dimenticavo di presentarmi: mi chiamo Francesco Fusaro e sono lo zio del piccolo.
Sono un medico, un anestesista-rianimatore che lavora a Milano. Sono dunque anch’io uno di quelli che lo Stato paga per tentare di guarire ( quando possibile) o comunque curare ed aiutare sempre, i suoi cittadini in difficoltà, magari (anche se non è esplicitato nel nostro contratto di lavoro) per dispensare qualche parole di conforto e qualche sorriso (un sorriso non si nega mai soprattutto ad un bambino).
Torniamo dunque al mio racconto: chiedo scusa se sarò costretto a volte ad usare anche il gergo medico ma cercherò di essere sintetico e chiaro.
I fatti risalgono al 17 Agosto 2000. Quella mattina si presentava sotto i migliori auspici: era il compleanno di mia sorella (compleanno che ormai ci risulta difficile festeggiare), due giorni prima era stato celebrato il battesimo, per cui l’atmosfera era positiva.
Quella stessa mattina il nonno del piccolo era uscito di casa per espletare un compito al quale teneva tanto, una cosa che molti nonni calabresi fanno: era andato ad aprire un libretto postale al nipotino che gli aveva anche dato la gioia di vedere “rinnovato” (come si dice da noi) il suo nome di battesimo.
Quella somma servì a pagare la lapide del piccolo: ultimo regalo del nonno al nipote!
Quella mattina dunque, dopo aver preso la solita poppata, il piccolo Michele (aveva quattro mesi e mezzo) si addormenta e viene adagiato nella sua culla. Dopo un paio d'ore si sveglia emettendo però uno strano respiro,che mia sorella definì "fischio" (molto probabilmente vi era stato un rigurgito latteo), dato che era anche cambiato il colorito del bimbo, mia sorella si precipita insieme al marito al pronto soccorso dell'ospedale di Acri.
Lì Michele,viene visto da una prima dottoressa che descrive pallore cutaneo e “sopore” e richiede una consulenza pediatrica e rianimatoria.
Il pediatra a sua volta descrive addirittura " cianosi labiale e del prolabio e letargia" (che qualsiasi studente di medicina sa trattarsi dei sintomi di una grave insufficienza respiratoria (ipossia) che sta evolvendo verso il coma ipercapnico (per aumento della CO2), la letargia essendo il segno della compromisione del sensorio (sistema nervoso centrale) . Descrive anche una "disidratazione".
E lì inizia l'incredibile e l'incomprensibile: di fronte ad una chiara descrizione di una insufficienza respiratoria non si fa assolutamente nulla !!! Non si somministra ossigeno : premetto che qualsiasi volontario della Croce Rossa (falegname, macellaio, insegnante, casalinga o pensionata......) viene addestrato all'equazione cianosi (colorazione bluastra delle mucose e/o cute) uguale immediata somministrazione di ossigeno (e questa viene fatta addirittura in assenza del medico o dell'infermiere sull'ambulanza!).
Per quel che riguarda la "disidratazione" addirittura si scade nel "folklore" , invece di prendere una vena ed idratarlo con una flebo, si cerca di farlo poppare.
Il bimbo (che stava soffocando)ovviamente non ci riesce! Viene poi spedito il povero padre a casa per prepargli un biberon di camomilla (sic!), al ritorno del poveretto gli si rimprovera di aver messo lo zucchero nel biberon e lo si manda al bar di fronte all'ospedale a comprare una bottiglia di acqua minerale (ovviamente il bimbo non fu in grado di bere nulla dato che stava soffocando davanti ai loro occhi !) ( a livello aneddotico qualcuno nel paese raccontava nei mesi successivi all'evento che "i medici volevano curare il bimbo con l'acqua minerale").
Che il bambino stesse male, ma male veramente qualcuno lo deve avere pur capito (anche se a livello di terapia non fu fatto assolutamente nulla !!!) perchè fu chiesto l'invio dell'elisoccorso (con l'équipe rianimatoria da Cosenza)! La descrizione dei sintomi fatta al telefono (ci sono le registrazioni delle telefonate) fu così insipiente, con l'utilizzo fra l'altro di un vocabolario poco professionale che giustamente la centrale operativa non ritenne necessario l'invio dell'elicottero.
Fra l'altro si giunse a mentire affermando che non "si riusciva a prendere una vena" quando in realtà nessuno ci aveva mai provato e nessuno ci proverà mai!
Per dire che era evidente che il bimbo stava male aggiungo quest' altro particolare: l'altra mia sorella (casalinga) insieme al marito (impiegato dell'Enel) che aspettavano davanti al pronto soccorso intravidero il piccolo attraverso una porta socchiusa e vedendo l'evidente colorazione nerastra delle labbra (cosi le descrissero), scoppiarono in pianto dicendo "Michele sta morendo!".
A questo punto arriva l'anestesista! per mia sorella questo è una dei ricordi più brutti di tutta questa vicenda! Costui era di un evidente cattivo umore, cattivo umore che non cercò nemmeno di nascondere: fu molto brusco e sprezzante e dopo una visita sommaria dichiarò che il bimbo stava bene e che addirittura poteva essere trasportato al reparto di pediatria di Cosenza con l'automobile dei genitori (sic!). Il motivo di questo cattivo umore fu chiarito durante il processo: in realtà quest'anestesista stava smontando dal turno ed era già arrivato il collega del pomeriggio che fra l'altro aveva ricevuto la richiesta telefonica di consulenza. Quest'altro collega (più giovane) però non si sentiva all'altezza di visitare un bambino e chiese al primo di effettuare comunque la consulenza. Infastidito per questa incombenza, mentre era già convinto di poter andare a casa , il primo effettuò la consulenza nei termini che ho descritto!
A questo punto mia sorella protestò chiedendo il perchè della precedente richiesta dell'elisoccorso ! Di fronte alle sue proteste gli fu "accordato" il trasporto con una ambulanza con "presenza" del medico del 118 a bordo (ma quasi come una concessione fatta ad una "casalinga isterica")!
Vi rammento però che in tutto questo tempo non fu addottata nessuna misura terapeutica anche la più elementare, non solo: dalle cartelle cliniche (incredibilmente vuote!) , non ci è dato di conoscere un referto di ascoltazione del torace, di palpazione dell'addome, un rilevamento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, l'esecuzione di un semplice ECG ecc.. Niente assolutamente Niente!!! Nemmeno i più elementari rilevamenti dei parametri vitali furono effettuati!!!
Ma la cosa forse più grave è che nessuno si è mai consultato con nessuno!!! Il pediatra e l'anestesista si sono incontrati sulla soglia del pronto soccorso ma non hanno mai discusso il caso insieme!!! il Pronto Soccorso di Acri all'epoca era costituito di una stanzetta divisa da un separé (che non arrivava al soffitto) in modo da costituire due box. Ebbene! Benchè per un certo tempo il pediatra e l'anestesista si trovavano a mezzo metro l'uno dall'altro (ognuno in un box) nessuno dei due ritenne necessario di consultarsi con l'altro, per decidere il da fare per il piccolo Michele (infatti il pediatra era ancora convinto che il bimbo sarebbe stato trasportato a Cosenza in elicottero!)
Il trasporto "medicalizzato" poì costituì la "ciliegina sulla torta": il bimbo fu adagiato dietro , in braccio alla madre, senza nessun tipo di monitorizzazione !
L'ambulanza era un centro mobile di rianimazione che disponeva dei dispositivi di monitoraggio dell'ECG, della pressione arteriosa e cosa importantissima in questo caso della saturazione di ossigeno del sangue! Nessuno di questi dispositivi fu adoperato!!!!
Non solo! la dottoressa non si è seduta insieme alla mamma ed al bimbo (vi era un infermiere) ma davanti, nella cabina di guida, insieme all'autista (sic!). Preciso che non vi era communicazione e possibilità di passaggio tra la cabina ed il retro !!!
Non fu ovviamente somministrato ossigeno! Non era stata incannulata una vena! Il bimbo fu semplicemente "trasportato", come lo può essere per esempio un pacco postale. Ed è alla metafora del "pacco postale" che bisogna purtroppo ancora ricorrere per quel che riguarda la consegna del bimbo al pediatra di Cosenza!
Senza mai controllare le condizioni del piccolo Michele, senza nemmeno mai dargli uno sguardo, il bimbo (sempre in braccia alla madre) fu semplicemente "dato" al pediatra, senza nessuna informazione di ordine clinico o medico, con le semplici parole:"ecco il bimbo che viene da Acri!" . E nemmeno la consegna del foglio di trasporto (che è una cartella clinica a tutti gli effetti), incredibilmente vergine di qualsiasi informazione clinica, poteva essere d'aiuto al povero pediatra cosentino !
Al primo sguardo però costui espresse le sue perplessità urlando :"ma questo è un bimbo che sta morendo!!!" In effetti il bambino era bradicardico (frequenza cardiaca intorno ai 20-30 battiti al minuto), aveva le pupille midriatiche (dilatate), ed era ovviamente cianotico: tutti segni evidenti di un coma ipossico (dovuto all'asfissia), ormai in uno stato avanzato , anzi irreversibile.
Il bambino fu prima ventilato con un pallone Ambu dal pediatra e poi intubato dal rianimatore che tentò anche un massaggio cardiaco , ma ormai era troppo tardi .
Il pediatra inferocito , dopo l'exitus del bambino, chiamò il pronto soccorso di Acri per esprimere con parole inequivocabili tutto il "bene" che pensava dell'operato "professionale" (questo aggettivo, in questo caso, è assolutamente fuori posto!) dei colleghi acresi.
Qui termina il mio racconto per quel che riguarda lo svolgimento dei fatti.
Tutto ciò che ho scritto qui sopra è stato interamente accertato e confermato durante il processo. Ho a disposizione le trascrizioni di tutte le udienze, interrogatori, testimonianze e perizie foniche (per le telefonate con la Centrale Operativa del 118)! Non si tratta dunque dello sfogo di in parente: tutto è invece documentato in modo incontrovertibile!!!
Se a qualcuno interessa, prossimamente vi racconterò il tortuoso e singolare iter giudiziario che ne è conseguito . I nostri vecchi (gli “antici”) quando raccontavano un fatto , per cercare di attirare l’attenzione del loro uditorio, usavano la formula “sentite e tremate!”. Ebbene sì amici, sentite e tremate, perché se questo racconto vi è sembrato drammatico, il nostro vissuto con la realtà giudiziaria calabrese non fu da meno!!! Abbiamo visto e sentito davvero di tutto!
In un libro recentemente pubblicato “Fine pena mai: l’ergastolo dei tuoi diritti nella giustizia italiana” in quarta di copertina ,l’autore (Luigi Ferrarella) dice: “Chi pensa che farsi i fatti propri e non aver mai messo piede in un tribunale basti a non scontare l’inefficienza del sistema giudiziario italiano si sbaglia. Il crac della giustizia italiana insegue tutti i cittadini fin dentro casa e invade la loro vita quotidiana”. Ed è proprio così ! In questo libro vi sono anche pagine interessanti sulla Calabria (per es p.154)
Chiudo riferendovi un altro fatto davvero singolare (scusate se uso spesso questo aggettivo): a Michele fu negato il funerale! Vi sembra impossibile? Eppure è vero!
Il parocco disse ai genitori che “il piccolo era senza peccati”, “che era un angioletto che sarebbe volato direttamente in cielo senza bisogno di cerimonia funebre”. Malgrado la nostra insistenza non vi fu verso : il funerale religioso non fu celebrato! “Perché non era necessario”.
Se tutte le culture umane, senza eccezioni, hanno istituiti dei rituali funebri più o meno complessi è perché questi svolgono delle funzioni ben precise. Psicologicamente, questi riti canalizzando e regolando l’espressione del proprio dolore aiutano il processo di elaborazione del lutto.
L’altra funzione è sociale: l’annuncio del decesso alla comunità, in modo che parenti , amici e conoscenti possano fare sentire la loro vicinanza ed il loro calore ai famigliari.
L’ultimo viaggio di Michele fu invece solitario, il corteo di poche macchine giunse da Cosenza , si fermò un attimo al “Calvario” per abbracciare i pochi amici e parenti venuti a conoscenza dell’evento e si diresse poi verso il cimitero dove il parrocco venne ad elargire una frettolosa benedizione (due o tre minuti in tutto!) .
Per compensare questa solitudine, se vi capita di andare al cimitero, perché non fare una visita al piccolo Michele? Si trova in fondo in fondo a destra. Magari chi vuole potrà deporre un fiore, un giocattolo od in mancanza di niente semplicemente una pietra come fanno gli ebrei. Tutto sommato
per una delle tante vittime della Shoah sanitaria e giudiziaria calabrese il rituale ebraico mi sembra appropriato!
Vi saluto per la vostra attenzione , spero di non avervi tediato.
A presto

Dott. Francesco Fusaro

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ho le lacrime agli occhi...

Anonimo ha detto...

Caro Francesco Fusaro, leggendoti mi sono venuti i nodi allo stomaco. Quanto dici sulla situazione sanitaria in Calabria lo stiamo vedendo in questi ultimi mesi, con tutte queste morti avvenute negli “ospedali”. E via dicendo con imbrogli e negligenze e carenze e menefreghismi d’ogni sorta anche dovuti alla grossolana e spesso cinica ignoranza dei “nostri” politici, dei “nostri rappresentanti”. E di molte altre categorie di nostrani campioni... Ci dobbiamo chiedere, e ci chiediamo, quando smetteremo di comportarci come dei pecoroni. Eccetera. Tra quanti altri decenni di consueto abbrutimento collettivo?
Quello che ci racconti sul tuo nipotino, sul nostro Michelino (nostro poichè si tratta di un nostro concittadino e perchè può succedere a qualsiasi famiglia), è assolutamente insopportabile. È senz’altro molto triste. È terribile. Nello stesso tempo, è molto utile, giacchè molto istruttivo, che tu lo abbia reso pubblico.
Ci dici che se interesserebbe a qualcuno di conoscerne “l’iter giudiziario” potresti raccontarcelo. A me interessa moltissimo. E non penso di essere il solo. Ero, comunque, un po' al corrente di questo fattaccio successo parecchi anni fa (nell’estate del 2000 mi sembra).
Per quanto riguarda la messa negata: condivido quanto dici sulla funzione di questi riti (studiati dagli antropologi, etc.). Ora, mi vorrei informare sulle “procedure”, esatte, per quanto concerne i piccoli. Mi sembra che si possono fare. Di piccole bare bianche che escono dalla chiesa ne abbiamo viste. Ti cito mentre citi: 'Il parocco disse ai genitori che “il piccolo era senza peccati”, “che era un angioletto che sarebbe volato direttamente in cielo senza bisogno di cerimonia funebre”. Malgrado la nostra insistenza non vi fu verso : il funerale religioso non fu celebrato! “Perché non era necessario”.' -
Quest’ultima affermazione: “Perchè non era necessario” mi sembra assai “surrealista”. Mi domando, logicamente, se OGNI VOLTA che si tratta di un bimbo... ci sia una regola liturgica della Chiesa che impedisca, ESPRESSAMENTE, ai parroci, di DOVERE fare a meno della messa; o se questa resta alla completa discrezione del prete. Il che è completamente diverso. Devo chiederlo a qualche religioso...
Caro Francesco, grazie per averci fatto conoscere tutto questo. Per te, non deve essere stato facile vivere, in prima persona, queste brutte cose. Hai fatto benissimo nel renderle pubbliche in questo modo. Permettermi di dirti questo: Siamo in molti ad apprezzare la tua evidente professionalità, la tua serietà, il tuo costante impegno nello svolgimento delle tue responsabilità di medico.
Michele rimarrà, per sempre, nelle nostre menti e nei nostri cuori. Come se fosse il bimbo di ciascuno di noi.
Aspettiamo di leggere quanto proponi di scriverci sull’iter giudiziario.
Luigi Algieri. Parigi 19 febbraio 2008.