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In Italia pare che i poeti abbiano smesso di scrivere e continuino a farlo i cretini, a sostegno di ciò vi sono le modeste vendite dei libri di poesia, a prova che nel nostro paese tanti scrivono versi, ma nessuno che prima si interessi a leggerne e conoscerne altri. Veniamo adesso alla nostra striscia di universo, quella di Acri. La nostra è una città trascurata, che pazzescamente cura soltanto materiali di un’unica provenienza, ovvero quelli che si portano dietro il sigillo del potere, come il timbro su un buon “affare”, ed infatti, questa sfilosofia ci ha fatti trascurare l’uscita, purtroppo postuma, di una raccolta di versi ed altri scritti di Giovanni Duardo, poeta di Melicuccà, provincia di Reggio Calabria, che dai primi anni novanta viveva ad Acri, sposato con Isabella Siciliano, precisamente in contrada Duglia.
“E SIAMO ANCORA QUI…” è il titolo del repertorio di poesie ed altro, curato da Vincenzo Borgia, in collaborazione con i familiari del poeta, uscito nel 2006 per “Edizioni Officina Grafica” di Villa San Giovanni (RC). Voglio parlarvi dei suoi contenuti scorrendoli in maniera inconsueta. Il sapore di sigarette, delle ronde di vino per le vie del paese, la meccanica del flipper e le case con quel colore di polvere vecchia, l’amore espresso ed inesperto, la lettura dei poeti come Lorenzo Calogero, come l’ascolto di musica americana che dava esotismo a quel mondo di porci, di galline e terra da zappare. Poi l’università, i componimenti torinesi, la città attaccata al paese di origine da un treno sgomitolato sul dorso degli appennini e della costa, l’amore ancora, folate di anarchia, l’amico Gigi inespresso ed autosoppresso, la poesia che s’inalberava sotto un vento più maturo, pregno di climi nuovi. L’agitazione e la ginnastica dello spirito sempre più muscolare, più fisico, le parole a raccontare se stesso come condotta per noi stessi. Torino, la Calabria ed il lavoro, cercarsi altrove e ritrovarsi dalle sue parti, il dialetto, i cantori reggini di primo novecento, i loro simboli, un pugno di terra in faccia al cuore, le filastrocche sull’esistenza quotidiana, mischiare gli dèi alla fantasia laica. Essere sconfitto secondo le regole del gioco che prevede leggi e non giustizia, ma continuare con la letteratura come un modo di significare l’insensato, la realtà che ha senso solo se ci viene nelle tasche. Acri e l’irruzione di un futuro casuale, l’amore questa volta infilato al dito, fermato non come immagine ma come una pellicola a divenire in sequenze, l’umiltà scaturita dalla gioia della quiete, le figlie, ma ancora i problemi di lavoro, lo sfruttamento in rilievo su qualche articolo di giornale, le parole con il naso rotto come i pugili, la speranza, la mezzanotte superata e la discesa al tepore familiare tra le mani…poi di nuovo l’irruzione di un futuro casuale e spietato sull’uscio di un Pronto Soccorso…e l’inizio di questo libro. Di seguito vi lascio alla lettura di alcune poesie di Giovanni Duardo.
SOTTO LE STELLE DEL JAZZ (Torino 1988)
Dacci fiato con quel ferro,
amico, dacci fiato
e non pensarci,
se alle ragazze d’oggi non piace il jazz:
Sotto le stelle del jazz bandiscono i pensieri
sensazioni stracce che non si sanno dire
e irrequietezze vaghe che mordono lo stomaco.
Dacci fiato ti dico e non badarci
se gli uomini in cravatta
fan della vita una partita piatta.
Nella fitta bruma che ci avvolge
-chi vede è lui che mente-
andare avanti è udire
aggrovigliate note
di un’esistenza amena
che falsano il tempo.
E se rimane altro è brullo.
CONFESSIONE DI UN IRLANDESE (1983)
La prima volta è stato a puttane.
Poi non tutto è filato così liscio,
la felicità non è una donna
che si dà facilmente
all’angolo della strada.
NU BUTTIGGHIUNI I VINU MI RRUMPISTI!
Nu buttigghiuni i vinu mi rrumpisti!
e nterra stu licori divagasti!
Tu mi apristi a porta di lu mpernu
scusami se jestimu, Patraternu,
scusami sti palori chi divacu
ma a mmia mi pari tu, ca si mbriacu.
ANGELO SPOSATO
“E SIAMO ANCORA QUI…” è il titolo del repertorio di poesie ed altro, curato da Vincenzo Borgia, in collaborazione con i familiari del poeta, uscito nel 2006 per “Edizioni Officina Grafica” di Villa San Giovanni (RC). Voglio parlarvi dei suoi contenuti scorrendoli in maniera inconsueta. Il sapore di sigarette, delle ronde di vino per le vie del paese, la meccanica del flipper e le case con quel colore di polvere vecchia, l’amore espresso ed inesperto, la lettura dei poeti come Lorenzo Calogero, come l’ascolto di musica americana che dava esotismo a quel mondo di porci, di galline e terra da zappare. Poi l’università, i componimenti torinesi, la città attaccata al paese di origine da un treno sgomitolato sul dorso degli appennini e della costa, l’amore ancora, folate di anarchia, l’amico Gigi inespresso ed autosoppresso, la poesia che s’inalberava sotto un vento più maturo, pregno di climi nuovi. L’agitazione e la ginnastica dello spirito sempre più muscolare, più fisico, le parole a raccontare se stesso come condotta per noi stessi. Torino, la Calabria ed il lavoro, cercarsi altrove e ritrovarsi dalle sue parti, il dialetto, i cantori reggini di primo novecento, i loro simboli, un pugno di terra in faccia al cuore, le filastrocche sull’esistenza quotidiana, mischiare gli dèi alla fantasia laica. Essere sconfitto secondo le regole del gioco che prevede leggi e non giustizia, ma continuare con la letteratura come un modo di significare l’insensato, la realtà che ha senso solo se ci viene nelle tasche. Acri e l’irruzione di un futuro casuale, l’amore questa volta infilato al dito, fermato non come immagine ma come una pellicola a divenire in sequenze, l’umiltà scaturita dalla gioia della quiete, le figlie, ma ancora i problemi di lavoro, lo sfruttamento in rilievo su qualche articolo di giornale, le parole con il naso rotto come i pugili, la speranza, la mezzanotte superata e la discesa al tepore familiare tra le mani…poi di nuovo l’irruzione di un futuro casuale e spietato sull’uscio di un Pronto Soccorso…e l’inizio di questo libro. Di seguito vi lascio alla lettura di alcune poesie di Giovanni Duardo.
SOTTO LE STELLE DEL JAZZ (Torino 1988)
Dacci fiato con quel ferro,
amico, dacci fiato
e non pensarci,
se alle ragazze d’oggi non piace il jazz:
Sotto le stelle del jazz bandiscono i pensieri
sensazioni stracce che non si sanno dire
e irrequietezze vaghe che mordono lo stomaco.
Dacci fiato ti dico e non badarci
se gli uomini in cravatta
fan della vita una partita piatta.
Nella fitta bruma che ci avvolge
-chi vede è lui che mente-
andare avanti è udire
aggrovigliate note
di un’esistenza amena
che falsano il tempo.
E se rimane altro è brullo.
CONFESSIONE DI UN IRLANDESE (1983)
La prima volta è stato a puttane.
Poi non tutto è filato così liscio,
la felicità non è una donna
che si dà facilmente
all’angolo della strada.
NU BUTTIGGHIUNI I VINU MI RRUMPISTI!
Nu buttigghiuni i vinu mi rrumpisti!
e nterra stu licori divagasti!
Tu mi apristi a porta di lu mpernu
scusami se jestimu, Patraternu,
scusami sti palori chi divacu
ma a mmia mi pari tu, ca si mbriacu.
ANGELO SPOSATO
6 commenti:
Ad Angelo Sposato: le poesie di Giovanni Duardo sono molto belle; e quanto dici sui poeti e sui "materiali di un'unica provenienza" è perfettamente giusto.
Ad Acri, il suo libro è disponibile ?
ALLA REDAZIONE: riguardo i LINKS che appaino in inglese, nel Blog: sarebbe meglio, sempre se è possibile, impedire la possibilità, a chi scrive, di inserire LINKS sul proprio nome o su altro. (Ci si potrebbe limitare a mettere il "semplice" indirizzo web.)
E, magari, mettere pure un avvertimento nell'HOME.
E' la terza volta che succede.
JAZZ...
Tanti anni fa, "nell'Anphiteatro", quando ancora mancavano i gradoni, con la gente seduta sull'erba del costone (c'era la pista), mi gustai la buona musica di un'orchestra jazz (calabrese). Gente veramente brava!
Sedute davanti a me, un gruppetto di simpatiche ragazze commentava dottamente (vado subito all'essenziale):
-Chi d'è 'sa musica brutta?!
-E' ntisu diri ch'è llu jazzu...
-'U c...? Ma chi c... cunti?!
A proposito di poesia, nel "Canzoniere italiano" di Pasolini(1955), ho trovato questi versi:
Carceru funnu, cuncavata tana,
Ogn'omu chi cce 'ncappa s'abbannuna,
Si' fravicatu a 'na parte stramanu,
Chi nun cce passû mancu li cursuni.
Vorrâ sapire quantu su' luntanu
De lu paise mio, de lu me' amuri.
M'haû strapunutu a 'nu scuoglio de mare,
Duve nun valle nè sule, nè luna!
(Acri)
Staju 'n galera 'mmita e 'un mi nne pientu.
Staju 'n galera 'mmita e mi nn'avantu.
'Nu gappicellu me cacciau 'nu dente
E l'ha pagatu e l'ha chianciutu tantu.
Haju distruttu ad illu e alli parenti
De 'u sangu luoru mi fici 'nu mantu.
(Acri)
Nella nostra striscia di universo a volte capita,fra un drink e l'altro,di nominare qualche autore,un verso,un libro qualsiasi...
Ma quando chi ti sta difronte ti guarda come se avesse davanti un alieno,un strano essere venuto da chissà dove,allora ti ritiri in silenzio e continui a parlare di memorabili bevute e sballi!
Quelli che poi la cultura la masticano, se non sei uno di loro, ti guardano dall'alto in basso come a dire:"ma chissa chin'è?!"
Ed anche lì ti ritiri nel tuo silenzioso mondo fatto di domande che non riceveranno risposte.Ogni individuo senza possibiltà di confronto, in un ambiente dove ognuno resta rinchiuso nel suo ghetto, non ha possibilità di miglioramento e di crescita.
Non possiamo aspettare che la politica faccia per noi,iniziamo a mescolarci.....
L'Assessore Carlomaria Coltivato
va al mercato. Ha deciso di comprarsi un grosso melone.
Ad un certo punto, arriva da compar Totonno, un vecchio contadino che vende cucuzze:
- Vorrei uno di questi grossi meloni. Quant'è?
- Stamatina, duva pe’ llu priezzu ‘e uno!
- Ah, molto bene! Ma, come si spiega?
- Dotto', ci n'è chjnu...
Il riscaldamento del pianeta appare inarrestabile. Su esseri e cose il ritmo sregolato delle stagioni produce effetti devastanti. La natura è scombussolata. I fiori sbocciano in pieno inverno. Gli orsi polari non riescono ad ibernare...
Due sole eccezioni: i nostri consiglieri comunali più certe antichissime mummie egiziane.
Gli scienziati non riescono a trovare spiegazioni a questi fenomeni...
Alle nostre Artiste acresi:
Coraggio! Sempre e comunque...
Da "rai click":
TG3 PUNTO DONNA - FUGA DI ARTISTE -
Da "Tg3 Punto donna" del 26 febbraio 2008.
Conduce Ida Bartoloni.
"Dopo la fuga dei cervelli la fuga di artiste dall'Italia. Talento, originalità, creatività e determinazione non bastano alle donne per affermarsi. Il mondo dell’arte esclude le donne. "In Italia non c'è posto per il talento femminile". Lo sostiene Benedetta Tagliabue che da anni vive a Barcellona dove dirige uno studio che è una ..."
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