15 gennaio 2008

IL MUSEO DI UNA PARTE CONTEMPORANEA


"La letteratura serve perchè la vita non ci basta", scriveva Fernando Pessoa, e questo suo pensiero si può allargare, come un elastico, e comprendere anche l'arte. Però quell'arte che incute paradisi artificiali come una "spada" nel braccio, la follia come una stretta quasi epilettica nei sussulti provocati all'anima e di certo questi contenuti di "malattia", che Nietzsche riferiva alla musica classica, specie a quella di Wagner, non vengono espressi o anelati dal nostro museo di famiglia.
Oramai non se ne sente più parlare, esiste solo per i gestori dell'energia elettrica e per i contabili del municipio, i quali attingono alle tasche dei cittadini. L'ultima mostra ha ospitato le opere in legno di un artigiano valdostano, accettabili per il loro concetto montanaro, ma molto modeste per un museo di arte contemporanea, o almeno definito tale.
Certamente il nostro non potrà mai ospitare le esposizioni di un museo parigino o newyorkese, ma almeno ci aspettiamo la ricerca di artisti e di opere che lascino scivolare la nostra lingua sulle labbra, come per assaporare la vista di un dipinto o una scultura sconosciuta, ma che riescano ad osare insieme al proprio artista.
Era stato annunciato che il nostro museo, con il suo vetraio, avrebbe pagato il riscatto per condurre la cultura nella nostra provincia e provincialismo, ed adesso siamo sicuri che i riscatti non li possono pagare i poveri o i "morti di fame", e quello molto costoso della cultura non sarà certo la presunzione di un artigiano a liquidarlo. Alle nostre poche pretese sarebbe bastato, da parte di chi comanda, di accettare, umilmente, le difficoltà di gestire strutture come i musei, che in città ben più colte funzionano in maniera intermittente, ed illustrare le salite su cui spingere il carrozzone di un'idea applicata male, contaminata da qualche scheggia di avidità.

ANGELO SPOSATO

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