26 settembre 2008

La stampa satirica italiana, una breve panoramica


Una storia della Caricatura, nel suo rapporto con gli avvenimenti politici e religiosi, drammatici o frivoli, riguardanti la cultura, la società o la moda, espressione di tutto quanto vive o soffre l’umanità: questa sarebbe un’opera gloriosa e fondamentale! (Charles Baudelaire)
“Scudo, prima ancora che arma” – come l’ha definita il Nobel della letteratura Josè Saramago –, a difesa di irrinunciabili diritti e aspirazioni, la satira scaturisce dalle stesse motivazioni che generano l’umorismo puro ma, contrariamente ad esso, non è né tollerante né indulgente.
È “politica” (laddove si sperimenta e si esprime sul campo della gerenza del potere e sui riflessi che da questa derivano) e “sociale” (quando, più particolarmente, si rivolge a problematiche d’interesse storico, etico, filosofico che coinvolgono il costume e l’universale convivenza civile)
Irrequieto e rivoluzionario, animato da un leale senso della giustizia, il satirico è a tutti gli effetti, e nel senso positivo del termine, un instancabile “delatore”: egli infatti denuncia apertamente, e spesso aspramente, i fatti e i misfatti del mondo e di chi lo governa, colpendo sempre nel segno, col convincimento di potere e dovere contribuire ad un mondo migliore. La sua forza è il sarcasmo, la derisione, l’irrisione. Strumenti temutissimi da tutti i potenti di tutte le epoche, tanto da segnare la storia con innumerevoli e talora sordidi esempi di censura, persecuzione, repressione. Come avvenne per Goya nella Spagna dell’Inquisizione, o per Daumier nella Francia di Luigi Filippo, e per Galantara e Scalarini nell’Italia del ventennio fascista.
La satira ha peraltro antiche e radicate origini popolari, essendo da sempre il mezzo espressivo più diffuso per manifestare pubblicamente umori e malumori o per farsi in qualche modo sentire dal potere costituito.
In Italia l’autentica “esplosione” della stampa satirica avviene agli inizi del Risorgimento, nel 1848. Nell’altra grande capitale europea del XIX secolo, Napoli, il 18 marzo di quell’anno nasce infatti L’Arlecchino . Nel mese di maggio gli fa seguito, a Milano, Lo spirito folletto . Grandi ambizioni, ma vita breve. Tra il 1848 e il ‘49, un po’ in tutta la Penisola, iniziano le pubblicazioni molti altri fogli satirici: da Il lampione di Firenze (tra i suoi fondatori figura quel Carlo Lorenzini che, con lo pseudonimo di Collodi, diventerà famoso per le sue “Avventure di un burattino”) al torinese Il fischietto (da considerarsi il più importante dell’epoca, per l’impostazione grafica e i vigorosi contenuti, magistralmente espressi dalle ottime caricature di Redenti, Virginio, Teja e di altre “grandi firme” ), a Il Don Pirlone (primo giornale audacemente proteso a combattere il potere temporale dei papi) e al Cassandrino di Roma, a La strega di Genova.
Un discorso a parte merita il Pasquino di Torino, fondato nel 1856 su ispirazione di Cavour, e pubblicato ininterrottamente fino al 1930 poi ripreso per un breve periodo anche nel dopoguerra. Sarà per lungo tempo il prototipo dei giornali satirico-umoristici italiani.
Per quasi tutto il secolo, il fiorire (e, spesso, anche il rapido appassire) di nuovi periodici è davvero impressionante. Intorno al 1880, nella sola Milano si contano 25 testate satiriche. Ma anche in
provincia non mancano ardimentose e ridanciane presenze: a Perugia, come a Bari, Palermo o Cagliari si pubblicano giornali di caricature, dai titoli spesso ricorrenti (come Forbice, o Bertoldo), e altri perfino improbabili (come Il diavolo rosa).
Dopo l’Unità d’Italia, la spinta propulsiva della satira sembra affievolirsi, passando in parte la mano all’umorismo leggero e di costume. Prolificano i “giornali per ridere”: emblematica (e nuovamente a Torino, autentica capitale della caricatura italiana del tempo), la nascita de Il Buon Umore, nel giugno 1864, per arrivare a Il pupazzetto di Roma.
Bisognerà arrivare al 1892 perché l’Italia possa avere (dopo la prima parentesi risorgimentale) un giornale satirico d’impostazione moderna e di rilievo anche internazionale. È il tempo del settimanale L’Asino, fondato nell’autunno di quell’anno a Roma da due giovani universitari provenienti dall’Ateneo di Bologna: Guido Podrecca (1860-1923, detto anche Goliardo, direttore ed editorialista) e il suo amico Gabriele Galantara (1865-1937, formidabile disegnatore, che spesso firma le sue caricature con lo pseudonimo anagrammato di Ratalanga).
Il sodalizio darà vita ad un giornalismo moderno e battagliero, di forte impronta socialista e anticlericale. Fin dal primo numero l’Asino ha un enorme successo popolare, tanto da essere presto perseguitato, e più volte sequestrato, processato, condannato. La sua vera “anima” è nelle vigorose copertine, disegnate con straordinaria energia comunicativa da un Galantara sempre appassionato e appassionante.
Anche nella prima parte del XX secolo vengono “create” testate satiriche che incideranno nella società e nel costume, ed alcune avranno un peso sulla nascita del “neorealismo” cinematografico: Il Travaso delle idee, prima di tutti, pubblicato a Roma dal 25 febbraio 1900 ad opera di Carlo Montani e Filiberto Scarpelli, i quali si ispirarono all’omonimo foglio dello stravagante “filosofo da strada” Tito Livio Cianchettini, marchigiano di Monte San Giusto.
.Altro importante periodico romano fu Il becco giallo, fondato nel gennaio 1924 da Alberto Giannini e considerato fra i più coraggiosi giornali antifascisti. Vi collaborò anche Galantara. Per le continue persecuzioni, la redazione fu costretta a trasferirsi a Parigi da dove proseguì il suo impegno fino al 1931, allorché lo stesso Giannini divenne fiancheggiatore del regime.
Nello stesso 1931, sempre a Roma, esce il primo numero del Marc’Aurelio, fondato da Oberdan Cotone e Vito De Bellis: un bisettimanale innovativo, destinato a diventare un autentico riferimento per tutta la stampa satirico-umoristica dell’epoca, con vignette e battute surreali, allusive, che riescono a sfuggire alla censura. Vi collaborerà anche un Galantara ormai stanco, e molti giovani intellettuali, fra cui il diciottenne Federico Fellini .Il Marc’Aurelio sarà pubblicato fino al 1973.
Il successo del Marc’Aurelio ispirò nel luglio 1936 la nascita a Milano del Bertoldo, ad opera dell’editore Rizzoli, che ne affidò la direzione a Giovanni Mosca e Vittorio Metz (quest’ultimo sostituito poi da Giovanni Guareschi). Anche questo fu un periodico con una satira più di costume che politica ed un umorismo spesso elegante e sofisticato. Chiuse nel 1943. Ebbe tra i suoi vignettisti il grande Steinberg, emigrato poi negli Stati Uniti per le leggi razziali.
Nel novembre 1945, figlio evidente del Bertoldo, nacque a Milano il settimanale Candido. Diretto prima da Mosca e Guareschi, poi dal solo Guareschi, Candido riportò nuovamente in auge la satira politica con la famosa rubrica “Visto da sinistra-Visto da destra” e con le incisive vignette dello stesso Guareschi. Cessò le pubblicazioni nel 1961, per essere ripreso nel 1968, dopo la scomparsa di Guareschi, da Gino Pisanò che ne fece un organo propagandistico della destra.
Per riassumere:
nel 1848, anno di nascita della stampa satirica, i giornali fondati in tutta Italia furono ben cinquantacinque. Tra il 1849 e il 1861 ne furono fondati settanta. Tra il 1862 e il 1915 ci fu un vero e proprio exploit con oltre 450 testate (naturalmente molte ebbero vita breve) e ben altre cinquanta ne vengono aperte (e velocemente richiuse) nel corso della Grande Guerra. Tra il 1919 e il 1948 vengono fondati circa 200 nuovi giornali satirici.
Anche dopo l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana continuarono a nascere le testate satiriche in tutto il paese, seppure a un ritmo più modesto: furono infatti circa duecento tra il 1949 e il 2005, spesso nate come inserti di altri giornali (Satyrcon, il Male, il Sale, Cuore, ecc.), e il resto sostanzialmente come “fogli” a carattere poco più che locale.
Oggi in Italia non esiste più alcun giornale satirico a tiratura nazionale.
www.galantara.it/progetti

1 commento:

ln ha detto...

Buonanotte pirati.
Prima di andare a dormire volevo condividere con voi una notizia in anteprima.
La prima canzone di Orietta sarà dedicata al nostro sindaco.
Indovinate voi il titolo o ve lo dico?
Be, ve lo dico:"finchè la barca va "!