17 aprile 2013

Cemento e sottosviluppo


Credo che nelle nostre famiglie ci sia stato qualcuno che ha costruito case, palazzi, condomini e reggie in modo tale che i discendenti, tutti i discendenti per almeno 6/7 generazioni, vivessero nei pressi di un unico fulcro abitativo. Questa espansione edilizia contiene in sé dei pro e dei contro. Da un lato gli abusi di costruzioni in zone geologicamente poco indicate (acquitrini, zone fluviali, burroni e zone soggette a smottamenti) e la costruzione senza nessun vincolo architettonico o semplicemente di puro decoro hanno creato delle strutture o degli interi quartieri non propriamente “belli”.
Dall'altra parte il cemento “privato” è stato uno dei pochi motori dell'economia acrese.

A ciò va aggiunto il cemento “pubblico”. Ad esempio penso all'anfiteatro comunale (che tra l'altro non ha la forma di ANFI-teatro ma semplicemente di teatro) la cui carcassa di cemento è rimasta incompleta fino agli anni 2000; il centro storico, il cui abbellimento è consistito in enormi mura di sostegno in cemento ad enormi spianate di cemento (mi rimane sempre impressa la scritta su un muro del quartiere in cui si urla: “BASTA CEMENTO”); la copertura del fiume con cemento o, per passare ad opere più recenti, il nuovo teatro comunale interamente di cemento e la caserma dei carabinieri, le quali oltre ad essere rimaste incomplete e lasciate all'incuria del tempo e delle stagioni hanno anche la colpa, a mio avviso, di non prevedere principi di bio-edilizia o tecniche di costruzione incentrati sull'efficienza e di conseguenza risparmio energetico. Opere con queste caratteristiche purtroppo se ne possono trovare moltissime altre.

Purtroppo questa “America” è finita!
Lo Stato in piena bancarotta ha chiuso i cordoni della borsa per cui le opere pubbliche iniziate spesso senza copertura finanziaria restano ferme ed incomplete.
Le famiglie private, anch'esse in serie difficoltà finanziarie, non costruiscono più e molte persone, soprattutto giovani, emigrano o sono già emigrate in massa stabilendosi nei luoghi di destinazione per cui l'appartamento che gli è stato costruito ad Acri verrà utilizzato solo nei periodi di vacanza e sarà lasciato chiuso negli altri periodi oppure si cercherà di venderlo (spesso senza riuscirci visto i prezzi di vendita e di affitto che sembrano più consoni ad una città come Firenze piuttosto che ad un borgo di periferia qual è Acri) o non verranno mai completati.

Quindi, finito il periodo d'oro del cemento, l'economia si è completamente bloccata. Con il blocco della “manipuda” c'è il blocco di tutto il resto. La spiegazione è piuttosto semplice: chi deve costruire si affida ad un'impresa di Acri, la quale fa lavorare gente di Acri che a sua volta, con lo stipendio che ha guadagnato, spende i soldi nei negozi di Acri per cui l'economia “gira” (ci sarebbero da fare ulteriori analisi economiche su questo punto ma preferisco ometterle in questa sede).
Mi chiedo: può un paese come Acri dipendere quasi esclusivamente dal cemento? La risposta è sicuramente NO; ma dati alla mano devo ammettere di SI.
Come avete potuto capire non sono un amante del cemento o meglio non sono un amante del cemento scriteriato e convulso ma in base alla breve analisi fatta non posso nemmeno dire che ogni sorta di cemento futuro debba essere debellato come un virus terminale.
Ho solo un'altra visione del cemento rispetto a chi ci ha governato finora e sicuramente a chi ci governerà in un futuro più o meno prossimo. Mentre la classe politica vede il consumo del suolo a favore del calcestruzzo come unico volano di economia e ricchezza della nostra realtà, io vedo il consumo del suolo come un enorme mancanza di rispetto nei confronti di noi stessi e delle future generazioni.

Allora come si potrebbe coniugare il cemento con lo sviluppo?
Innanzitutto bisognerebbe approntare finalmente un piano di sviluppo urbano (cosiddetto “Piano regolatore”) che ad Acri manca da tempo immemore. Questo piano regolatore dovrebbe essere basato sulla teoria della “cubitazione zero” ovvero senza nuove costruzioni in terreni liberi. In primo luogo perché, per i motivi sopra esposti, ad Acri esiste un altissimo numero di abitazioni chiuse, sfitte o in vendita a dimostrazione che non vi è bisogno di fare nuove costruzioni per bisogni abitativi in quanto essi sono pienamente soddisfatti.... anzi!!!! Le nuove costruzioni in base al “Piano regolatore a cubitazione zero” dovrebbero essere costruite nei luoghi e nei quartieri dove già esistono edifici disabitati e dunque in degrado per cui o si ripristinano gli stessi o si abbattono gli edifici maggiormente fatiscenti per costruire nello stesso luogo.

Un'altra forma per rilanciare il cemento può e deve essere l'adattamento di tutti gli edifici esistenti ma costruiti in tempi più o meno remoti in base alle direttive delle più recenti leggi antisismiche essendo Acri un territorio a forte intensità e probabilità sismica.
Inoltre si potrebbero adattare le strutture interne degli edifici ai principi del risparmio energetico con semplici accorgimenti come: lo spostare i termosifoni all'interno delle stanze sulla parete più lontana dalle finestre in modo tale da evitare dispersione di calore; mettere i doppi infissi alle finestre; isolare termicamente le nostre case con materiali comunemente disponibili sul mercato; reimpostare il sistema idrico in modo che si possa riciclare l'acqua (ad es. l'acqua con cui ci siamo lavati le mani potrebbe essere utilizzata per lo sciacquone); o passare ad altri sistemi di sostentamento energetico quali l'istallazione di pannelli solari o alla “geotermia a bassa intensità”, la quale consiste nel fare uno o più buchi nel terreno che variano da 80 a 150 metri al di sotto o nelle vicinanze della costruzione e immettere dell'aria esterna in essi la quale si riscalda in profondità ed arriva nelle nostre case ad una temperatura media che può variare da 15 a 20 gradi sia in estate che in inverno con notevoli risparmi per la refrigerazione e per il riscaldamento delle stesse. (Per quanto riguarda questo punto la Comunità Europea ha indetto un bando, scaduto qualche mese fa, per questa tecnica/tecnologia a cui potevano accedere solo i Comuni per le strutture pubbliche. È inutile dire che in Italia hanno aderito pochissime realtà ed esclusivamente al nord con capofila il Trentino. Ma quelli hanno una mentalità diversa dalla nostra.... quelli sono tedeschi!)

ANGELO ALGIERI

Nessun commento: