Credo
che nelle nostre famiglie ci sia stato qualcuno che ha costruito
case, palazzi, condomini e reggie in modo tale che i discendenti,
tutti i discendenti per almeno 6/7 generazioni, vivessero nei pressi
di un unico fulcro abitativo. Questa espansione edilizia contiene in
sé dei pro e dei contro. Da un lato gli abusi di costruzioni in zone
geologicamente poco indicate (acquitrini, zone fluviali, burroni e
zone soggette a smottamenti) e la costruzione senza nessun vincolo
architettonico o semplicemente di puro decoro hanno creato delle
strutture o degli interi quartieri non propriamente “belli”.
Dall'altra
parte il cemento “privato” è stato uno dei pochi motori
dell'economia acrese.
A
ciò va aggiunto il cemento “pubblico”. Ad esempio penso
all'anfiteatro comunale (che tra l'altro non ha la forma di
ANFI-teatro ma semplicemente di teatro) la cui carcassa di cemento è
rimasta incompleta fino agli anni 2000; il centro storico, il cui
abbellimento è consistito in enormi mura di sostegno in cemento ad
enormi spianate di cemento (mi rimane sempre impressa la scritta su
un muro del quartiere in cui si urla: “BASTA CEMENTO”); la
copertura del fiume con cemento o, per passare ad opere più recenti,
il nuovo teatro comunale interamente di cemento e la caserma dei carabinieri, le quali oltre
ad essere rimaste incomplete e lasciate all'incuria del tempo e delle
stagioni hanno anche la colpa, a mio avviso, di non prevedere
principi di bio-edilizia o tecniche di costruzione incentrati
sull'efficienza e di conseguenza risparmio energetico. Opere con
queste caratteristiche purtroppo se ne possono trovare moltissime
altre.
Purtroppo
questa “America” è finita!
Lo
Stato in piena bancarotta ha chiuso i cordoni della borsa per cui le
opere pubbliche iniziate spesso senza copertura finanziaria restano
ferme ed incomplete.
Le
famiglie private, anch'esse in serie difficoltà finanziarie, non
costruiscono più e molte persone, soprattutto giovani, emigrano o
sono già emigrate in massa stabilendosi nei luoghi di destinazione
per cui l'appartamento che gli è stato costruito ad Acri verrà
utilizzato solo nei periodi di vacanza e sarà lasciato chiuso negli
altri periodi oppure si cercherà di venderlo (spesso senza riuscirci
visto i prezzi di vendita e di affitto che sembrano più consoni ad
una città come Firenze piuttosto che ad un borgo di periferia qual è
Acri) o non verranno mai completati.
Quindi,
finito il periodo d'oro del cemento, l'economia si è completamente
bloccata. Con il blocco della “manipuda” c'è il blocco di tutto
il resto. La spiegazione è piuttosto semplice: chi deve costruire si
affida ad un'impresa di Acri, la quale fa lavorare gente di Acri che
a sua volta, con lo stipendio che ha guadagnato, spende i soldi nei
negozi di Acri per cui l'economia “gira” (ci sarebbero da fare
ulteriori analisi economiche su questo punto ma preferisco ometterle
in questa sede).
Mi
chiedo: può un paese come Acri dipendere quasi esclusivamente dal
cemento? La risposta è sicuramente NO; ma dati alla mano devo
ammettere di SI.
Come
avete potuto capire non sono un amante del cemento o meglio non sono
un amante del cemento scriteriato e convulso ma in base alla breve
analisi fatta non posso nemmeno dire che ogni sorta di cemento futuro
debba essere debellato come un virus terminale.
Ho
solo un'altra visione del cemento rispetto a chi ci ha governato
finora e sicuramente a chi ci governerà in un futuro più o meno
prossimo. Mentre la classe politica vede il consumo del suolo a
favore del calcestruzzo come unico volano di economia e ricchezza
della nostra realtà, io vedo il consumo del suolo come un enorme
mancanza di rispetto nei confronti di noi stessi e delle future
generazioni.
Allora
come si potrebbe coniugare il cemento con lo sviluppo?
Innanzitutto
bisognerebbe approntare finalmente un piano di sviluppo urbano
(cosiddetto “Piano regolatore”) che ad Acri manca da tempo
immemore. Questo piano regolatore dovrebbe essere basato sulla teoria
della “cubitazione zero” ovvero senza nuove costruzioni in
terreni liberi. In primo luogo perché, per i motivi sopra esposti,
ad Acri esiste un altissimo numero di abitazioni chiuse, sfitte o in
vendita a dimostrazione che non vi è bisogno di fare nuove
costruzioni per bisogni abitativi in quanto essi sono pienamente
soddisfatti.... anzi!!!! Le nuove costruzioni in base al “Piano
regolatore a cubitazione zero” dovrebbero essere costruite nei
luoghi e nei quartieri dove già esistono edifici disabitati e dunque
in degrado per cui o si ripristinano gli stessi o si abbattono gli
edifici maggiormente fatiscenti per costruire nello stesso luogo.
Un'altra
forma per rilanciare il cemento può e deve essere l'adattamento di
tutti gli edifici esistenti ma costruiti in tempi più o meno remoti
in base alle direttive delle più recenti leggi antisismiche essendo
Acri un territorio a forte intensità e probabilità sismica.
Inoltre
si potrebbero adattare le strutture interne degli edifici ai principi
del risparmio energetico con semplici accorgimenti come: lo spostare
i termosifoni all'interno delle stanze sulla parete più lontana
dalle finestre in modo tale da evitare dispersione di calore; mettere
i doppi infissi alle finestre; isolare termicamente le nostre case
con materiali comunemente disponibili sul mercato; reimpostare il
sistema idrico in modo che si possa riciclare l'acqua (ad es. l'acqua
con cui ci siamo lavati le mani potrebbe essere utilizzata per lo
sciacquone); o passare ad altri sistemi di sostentamento energetico
quali l'istallazione di pannelli solari o alla “geotermia a bassa
intensità”, la quale consiste nel fare uno o più buchi nel
terreno che variano da 80 a 150 metri al di sotto o nelle vicinanze
della costruzione e immettere dell'aria esterna in essi la quale si
riscalda in profondità ed arriva nelle nostre case ad una
temperatura media che può variare da 15 a 20 gradi sia in estate che
in inverno con notevoli risparmi per la refrigerazione e per il
riscaldamento delle stesse. (Per quanto riguarda questo punto la
Comunità Europea ha indetto un bando, scaduto qualche mese fa, per
questa tecnica/tecnologia a cui potevano accedere solo i Comuni per
le strutture pubbliche. È inutile dire che in Italia hanno aderito
pochissime realtà ed esclusivamente al nord con capofila il
Trentino. Ma quelli hanno una mentalità diversa dalla nostra....
quelli sono tedeschi!)
ANGELO ALGIERI
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