
tratto dalla rivista "A"
giugno 2009
In questo mio contributo alla Rivista vorrei prendere spunto da due libri usciti recentemente, ambedue, a mio giudizio, particolarmente attuali.Il primo è un agile volumetto pubblicato da Elèuthera alla fine dello scorso anno e, per la cura di Vittorio Giacopini, contiene gli scritti politici di Albert Camus apparsi in varie testate dal 1946 al 1956. Il suo titolo è Mi rivolto dunque siamo.Il secondo porta il titolo La strategia dell’accerchiamento, pubblicato lo scorso febbraio dall’editrice palermitana Duepunti e contiene una selezione mirata di conversazioni e interventi di Michel Foucault, tra il 1975 e il 1984. Il curatore è Salvo Vaccaro, che ha fatto precedere i testi da una articolata e puntuale prefazione.Ma andiamo con ordine.Camus, come tutti sanno, è l’autore, tra l’altro, de Lo straniero e de L’uomo in rivolta, due libri fondamentali per riconoscere, in quel letterato apparentemente prigioniero della società intellettuale del tempo, un libertario in perenne rivolta contro un mondo che non gli piaceva affatto e che, lucidamente, vedeva correre verso la sua rovina. Non era un rivoluzionario nel senso proprio del termine, ma il suo evocare l’immanenza delle ombre, l’apparente estraniamento del suo cantare alla luna mal celavano l’immenso suo anelito alla libertà, il rammarico costante di vedere l’uomo perenne prigioniero delle molte gabbie che le istituzioni costruivano attorno a lui.Ed è proprio dell’angoscia annichilente di quest’uomo contemporaneo che Camus parla nel suo scritto Né vittime né carnefici apparso nel lontano 1946. Ad un certo punto del testo, si legge:
Presi in mezzo tra la paura assai generale di una guerra che tutti preparano e quella tutta particolare delle ideologie assassine, è dunque vero che viviamo nel terrore. Viviamo in mezzo al terrore perché la persuasione non è più possibile perché l’uomo è stato consegnato tutto intero alla storia e non può più volgersi verso quella parte di sé, altrettanto vera quanto quella storica, che egli ritrova davanti alla bellezza del mondo e dei volti....(pagg. 18/19)
Oggi le paure dell’uomo non sono più quelle dell’immediato dopoguerra, ma è certamente vero che i suoi incubi e i suoi terrori derivano dal suo essere stato per intero consegnato alla storia...Ma cosa c’è oltre la storia? E come dalla storia si può venir fuori?Sono molti gli intellettuali, storici e filosofi, ad avere immaginato soluzioni alternative. Adorno, ad esempio, col suo rifiuto della sintesi dialettica, con il suo no reiterato da opporre all’apparente ineluttabilità di un divenire (lineare?) delle sorti del genere umano, iscritto una volta per tutte, indicava ai suoi allievi un modo per consolidare la rottura costituita dai moti del Sessantotto. Ma non ne venne fuori e finì col confinarsi in un isolamento, interrotto soltanto dalla sua attività di geniale critico musicale (i suoi saggi sulla dodecafonia sono ancora oggi insuperati).Camus immagina che, per uscire dal mondo degli uffici e delle macchine, delle idee assolute e del messianismo senza sfumature, che è il mondo della storia, occorre ripensare e ripensarsi, allargare la sfera delle relazioni e della solidarietà, dell’azione meditata e consapevole. Ma se la storia è il tracciato del potere che si perpetua, dove allocare i senza potere? Come districarli dall’ineludibile e compromissorio confronto (perdente) col potere?Non è forse vero che ogni qualvolta l’uomo si è rivoltato contro un esistente percepito come annichilente, nei libri di storia lo ritroviamo descritto come soggetto scapigliato e privo di futuro? Ma il peggio è che, nei rari casi in cui la rivolta si consolida in forma istituzionale, quello stesso soggetto, protagonista del moto di rivolta, lo ritroviamo a riscrivere una diversa storia del potere, con le mani lorde del sangue delle nuove vittime I Pisacane, i Gandhi, i Martin Luther King sono certamente citati dagli storici, ma come incidenti privi di conseguenze, come rompicoglioni coraggiosi che nulla o quasi nulla aggiungono al corso principale della storia, nel quale, viceversa, splendono di luce propria i carnefici: Umberto I di Savoia, Benito Mussolini e persino i dittatorelli in pectore, come lo scalcinato pifferaio di Arcore, per limitarci alla relativa contemporaneità del nostro afflitto Paese.
Per Michel Foucalt il discorso è diverso. A suo modo di vedere, a partire dal XIX secolo, l’uomo si vede privato della tradizionale storiografia onnicomprensiva e si accorge che i vari saperi (le scienze umane, l’economia, il linguaggio) e le cose stesse, possiedono ciascuno la propria storia e i propri tempi storici, sicché in questo pluralismo di narrazioni, l’essere umano si trova solo e con una sua vicenda difficile da isolare e tramandare.Di più: per rendersi soggetto di storia l’uomo deve contestualizzarsi, deve cioè percepire appieno le caratteristiche specifiche del suo habitat in tutte le sue dimensioni culturali, politiche e sociali.In questo quadro, il suo rapporto con il potere, non generico, non ideologico, ma prossimo, riconoscibile, che incide direttamente sul vissuto individuale e della collettività, diventa un rapporto diretto e imprescindibile.Così Foucault abbandona l’indagine sui grandi temi della storiografia tradizionale e scruta le dinamiche attraverso le quali il potere afferma il proprio dominio: i sistemi giudiziari, i luoghi di detenzione, i manicomi. Scende per strada, insomma, e si fa carico delle sofferenze dei suoi simili: va nella Madrid franchista nel settembre del 1975 per denunciare i crimini dei tribunali speciali; si reca in Germania per sostenere l’azione dei legali del Gruppo Baader Meinhoff, disvela le trappole nascoste nelle politiche statali per la sicurezza, miranti, con la insistita diffusione del senso della precarietà e del terrore, a limitare ulteriormente le già ridotte libertà civili.È la strategia dell’accerchiamento in virtù della quale si induce il cittadino ad accettare ogni violazione dei diritti acquisiti.Nella prefazione al libro Salvo Vaccaro approfondisce i temi della problematica foucaultiana e ne evidenzia l’attualità, individuando i vizi e gli squilibri di un mondo occidentale in crisi ma in via di una rinascita che ricalchi senza grandi differenze il già vissuto.Chiarisco subito che con queste note non ho voluto recensire i due libri che vi ho proposto: non ne avrei le qualità: non sono infatti né un letterato, né uno storico né tanto meno un filosofo. Il fatto è che anch’io voglio uscire dalla Storia. Il pensiero che la mia biografia, per modesta che sia, finisca nello stesso contenitore nel quale gracidano i melmosi ranocchi protagonisti della mia dolente contemporaneità, mi fa andare fuori di testa. Io non so se il senso della bellezza, il valore del pensiero meditato, indispensabile preludio all’azione, la simpatia umana, bordone costante del nostro essere al mondo o la semplice disponibilità alla solidarietà abbiano dato al Camus morente la consolazione di aver trovato il sentiero percorribile per uscire dalla pania di una narrazione di eventi/capitolo che cadenza il divenire del potere ed emargina i vissuti della moltitudine dei senza nome. Non so neanche se una nuova lettura della vicenda umana, che ancori l’uomo al concreto tessuto del suo habitat, che lo inveri da categoria dello spirito in cui lo ha relegato la filosofia idealistica a protagonista consapevole del suo destino terreno (operazione che, a mio parere, è alla base del pensiero di Michel Foucault) non so – dicevo – se neppure questa ipotesi di lavoro ci porterà a liberarci dalle molte costruzioni gerarchiche e liberticide che mortificano le nostre esistenze.So soltanto che continuerò a ribellarmi in ogni istante della mia esistenza contro chi vorrebbe assimilare il mio al destino delle formiche perennemente affaccendate nell’attesa fatalistica dell’ineludibile formichiere.
Presi in mezzo tra la paura assai generale di una guerra che tutti preparano e quella tutta particolare delle ideologie assassine, è dunque vero che viviamo nel terrore. Viviamo in mezzo al terrore perché la persuasione non è più possibile perché l’uomo è stato consegnato tutto intero alla storia e non può più volgersi verso quella parte di sé, altrettanto vera quanto quella storica, che egli ritrova davanti alla bellezza del mondo e dei volti....(pagg. 18/19)
Oggi le paure dell’uomo non sono più quelle dell’immediato dopoguerra, ma è certamente vero che i suoi incubi e i suoi terrori derivano dal suo essere stato per intero consegnato alla storia...Ma cosa c’è oltre la storia? E come dalla storia si può venir fuori?Sono molti gli intellettuali, storici e filosofi, ad avere immaginato soluzioni alternative. Adorno, ad esempio, col suo rifiuto della sintesi dialettica, con il suo no reiterato da opporre all’apparente ineluttabilità di un divenire (lineare?) delle sorti del genere umano, iscritto una volta per tutte, indicava ai suoi allievi un modo per consolidare la rottura costituita dai moti del Sessantotto. Ma non ne venne fuori e finì col confinarsi in un isolamento, interrotto soltanto dalla sua attività di geniale critico musicale (i suoi saggi sulla dodecafonia sono ancora oggi insuperati).Camus immagina che, per uscire dal mondo degli uffici e delle macchine, delle idee assolute e del messianismo senza sfumature, che è il mondo della storia, occorre ripensare e ripensarsi, allargare la sfera delle relazioni e della solidarietà, dell’azione meditata e consapevole. Ma se la storia è il tracciato del potere che si perpetua, dove allocare i senza potere? Come districarli dall’ineludibile e compromissorio confronto (perdente) col potere?Non è forse vero che ogni qualvolta l’uomo si è rivoltato contro un esistente percepito come annichilente, nei libri di storia lo ritroviamo descritto come soggetto scapigliato e privo di futuro? Ma il peggio è che, nei rari casi in cui la rivolta si consolida in forma istituzionale, quello stesso soggetto, protagonista del moto di rivolta, lo ritroviamo a riscrivere una diversa storia del potere, con le mani lorde del sangue delle nuove vittime I Pisacane, i Gandhi, i Martin Luther King sono certamente citati dagli storici, ma come incidenti privi di conseguenze, come rompicoglioni coraggiosi che nulla o quasi nulla aggiungono al corso principale della storia, nel quale, viceversa, splendono di luce propria i carnefici: Umberto I di Savoia, Benito Mussolini e persino i dittatorelli in pectore, come lo scalcinato pifferaio di Arcore, per limitarci alla relativa contemporaneità del nostro afflitto Paese.
Per Michel Foucalt il discorso è diverso. A suo modo di vedere, a partire dal XIX secolo, l’uomo si vede privato della tradizionale storiografia onnicomprensiva e si accorge che i vari saperi (le scienze umane, l’economia, il linguaggio) e le cose stesse, possiedono ciascuno la propria storia e i propri tempi storici, sicché in questo pluralismo di narrazioni, l’essere umano si trova solo e con una sua vicenda difficile da isolare e tramandare.Di più: per rendersi soggetto di storia l’uomo deve contestualizzarsi, deve cioè percepire appieno le caratteristiche specifiche del suo habitat in tutte le sue dimensioni culturali, politiche e sociali.In questo quadro, il suo rapporto con il potere, non generico, non ideologico, ma prossimo, riconoscibile, che incide direttamente sul vissuto individuale e della collettività, diventa un rapporto diretto e imprescindibile.Così Foucault abbandona l’indagine sui grandi temi della storiografia tradizionale e scruta le dinamiche attraverso le quali il potere afferma il proprio dominio: i sistemi giudiziari, i luoghi di detenzione, i manicomi. Scende per strada, insomma, e si fa carico delle sofferenze dei suoi simili: va nella Madrid franchista nel settembre del 1975 per denunciare i crimini dei tribunali speciali; si reca in Germania per sostenere l’azione dei legali del Gruppo Baader Meinhoff, disvela le trappole nascoste nelle politiche statali per la sicurezza, miranti, con la insistita diffusione del senso della precarietà e del terrore, a limitare ulteriormente le già ridotte libertà civili.È la strategia dell’accerchiamento in virtù della quale si induce il cittadino ad accettare ogni violazione dei diritti acquisiti.Nella prefazione al libro Salvo Vaccaro approfondisce i temi della problematica foucaultiana e ne evidenzia l’attualità, individuando i vizi e gli squilibri di un mondo occidentale in crisi ma in via di una rinascita che ricalchi senza grandi differenze il già vissuto.Chiarisco subito che con queste note non ho voluto recensire i due libri che vi ho proposto: non ne avrei le qualità: non sono infatti né un letterato, né uno storico né tanto meno un filosofo. Il fatto è che anch’io voglio uscire dalla Storia. Il pensiero che la mia biografia, per modesta che sia, finisca nello stesso contenitore nel quale gracidano i melmosi ranocchi protagonisti della mia dolente contemporaneità, mi fa andare fuori di testa. Io non so se il senso della bellezza, il valore del pensiero meditato, indispensabile preludio all’azione, la simpatia umana, bordone costante del nostro essere al mondo o la semplice disponibilità alla solidarietà abbiano dato al Camus morente la consolazione di aver trovato il sentiero percorribile per uscire dalla pania di una narrazione di eventi/capitolo che cadenza il divenire del potere ed emargina i vissuti della moltitudine dei senza nome. Non so neanche se una nuova lettura della vicenda umana, che ancori l’uomo al concreto tessuto del suo habitat, che lo inveri da categoria dello spirito in cui lo ha relegato la filosofia idealistica a protagonista consapevole del suo destino terreno (operazione che, a mio parere, è alla base del pensiero di Michel Foucault) non so – dicevo – se neppure questa ipotesi di lavoro ci porterà a liberarci dalle molte costruzioni gerarchiche e liberticide che mortificano le nostre esistenze.So soltanto che continuerò a ribellarmi in ogni istante della mia esistenza contro chi vorrebbe assimilare il mio al destino delle formiche perennemente affaccendate nell’attesa fatalistica dell’ineludibile formichiere.
Antonio Cardella
19 commenti:
davvero interessante questo scritto. mi piacerebbe saper cosa ne pensano la prof, piuttosto che nnn o jcxk
Esimio Rosario,
leggendo il tuo invito, per poco non svenivo.
Quanto ne ho pensato finora è tutt'altro che facile (parlo per me) da metter giù con un minimo di distesa chiarezza.
Pensiamo a quanto Foucault ha potuto via via dir del potere. O sullo Stato.
E su come questo importante filosofo è stato via via compreso dagli uni e dagli altri .
Libertari e gauchistes fra gli altri.
Camus: l'uomo l'assurdo, "la frattura tra il mondo ed il mio spirito" (Il mito di Sisifo), etc., idem (= ci vorrei ri-riflettere).
Per quanto concerne la rivolta (di fronte alle ingiustizie è sempre necessaria), quello che costituisce il problema di fondo, sul quale è senz'altro difficile trovare i giusti accordi (diciamola cosi), porta sui mezzi ed i fini.
Mezzi e fini di cui lo stesso Camus ha trattato costantemente.
Piuttosto che un commento mi piacerebbe scriverne un articoletto, nei prossimi tempi.
Buona serata ai briganti delle 7 Montagne ed ai pirati dei 7 Mari (14 luoghi in tutto: magici and blues beninteso)
Penelope
Chopin - Valentina Igoshina - Fantasie Impromptu:
http://www.youtube.com/watch?v=qa0Z6g1XJkU
http://ilquotidianodellacalabria.ilsole24ore.com/it/calabria/crotone_scuola_diplomi_facili_arresti_2222.html
Swing Gitan - Leigh Jackson - Gypsy Jazz
http://www.youtube.com/watch?v=IR9dzO6mcB4
Ritornando al post: stavo girovagando sul web alla ricerca di certi articoli. Ora, a proposito di Foucault, sono capitato su questo (metto il link). E ci sto, riflettendo in relazione ad altri scritti che asseriscono cose più o meno simili, ancorché da posizioni diverse.
Come potrete constatare leggendolo, la matassa di concetti, etc., è relativamente ingarbugliata (eh!).
E' di Tonino Bucci. (Cliccando il suo nome si trovano altri suoi scritti.)
http://sottoosservazione.wordpress.com/2009/08/25/il-superuomo-che-abbaglio-anche-foucault-ce-caduto/
Buona domenica
errata corrige,,,,,,
decisamente, non vado più d'accordo nemmeno con le virgole.
Qui sopra ce n'è una che non ci sta proprio (guarda caso, giusto dopo "E ci sto", - wow!) e nel mio commento più sopra, una in meno dove accenno a Camus: "l'uomo , l'assurdo, ..."
una precisazione:
la recensione di Bucci l'ho messa per un eventuale allargamento di prospettive, diciamo, per un eventuale scambio di idee riguardo al post.
In quanto ad essere d'accordo o meno con quanto vi si afferma (compreso su Nietzsche evidentemente) ne riparleremo.
Sul libro di Rehmann ne avevo sentite altre. Lo dovro' leggere.
Buonanotte
una precisazione:
la recensione di Bucci l'ho messa per un allargamento di prospettiva (diciamo) in vista di un eventuale scambio di idee riguardo al post.
In quanto ad essere d'accordo o meno con quanto vi si afferma (compreso su Nietzsche evidentemente) ne riparleremo.
Sul libro di Rehmann ne avevo sentite altre. Lo dovro' leggere.
Buonanotte
... Più quest'altro scritto, sempre a proposito di Foucault, che mi pare essere un utile "riassunto" (con bibliografia e citazioni) degli sviluppi successivi del suo pensiero sul potere etc. - Coraggio...
Michel Senellart
Michel Foucault: governamentalità e ragion di Stato:
http://www.filosofia.unina.it/ars/senellart.html
Eccelsa prof attenta al maschile, che di tanto affiora nei suoi commenti. Stesso discorso vale per Giulietta.
Metto le mani avanti. Questi temi sono troppo alti per me. Mi affascinano in quanto mi affascina ciò che non conosco, le parole e ciò che suggeriscono, col rischio di prendere costantemente fischi per fiaschi.
Con il mio invito non intendevo che si aprisse un dibattito sull’intero scibile umano. Mi rendo conto che Foucault piuttosto che Camus hanno dibattuto di tutto e di più, ma bisognerebbe conoscerli nel dettaglio, per avventurarsi in analisi approfondite o quanto meno degne di nota. L’invito valeva a rimarcare le differenze nella lettura/comprensione di un testo. Ciò che mi ha colpito nel testo di Antonio Cardella è il riferimento alla storia. Pro domo mea ho pensato immediatamente a ciò che io avevo scritto. Mi cito: “La linearità (“semplicità”?) del racconto da una parte ed il cuneo della Storia (attraverso stratificazione di cultura, arti, passato) dall’altra. La Storia con la S maiuscola.” Ma esiste una storia con la s maiuscola? E cos’è la storia. Come agisce e come siamo agiti dalla storia?
Cito dall’articolo di Antonio Cardella: “Oggi le paure dell’uomo non sono più quelle dell’immediato dopoguerra, ma è certamente vero che i suoi incubi e i suoi terrori derivano dal suo essere stato per intero consegnato alla storia...Ma cosa c’è oltre la storia? E come dalla storia si può venir fuori?” Ed ancora:” Per Michel Foucalt il discorso è diverso. A suo modo di vedere, a partire dal XIX secolo, l’uomo si vede privato della tradizionale storiografia onnicomprensiva e si accorge che i vari saperi (le scienze umane, l’economia, il linguaggio) e le cose stesse, possiedono ciascuno la propria storia e i propri tempi storici, sicché in questo pluralismo di narrazioni, l’essere umano si trova solo e con una sua vicenda difficile da isolare e tramandare.Di più: per rendersi soggetto di storia l’uomo deve contestualizzarsi, deve cioè percepire appieno le caratteristiche specifiche del suo habitat in tutte le sue dimensioni culturali, politiche e sociali.”
Dire storia è dire memoria? Anche.
Noi siamo carne ed in quanto carne, filogeniticamente ed ontogenicamente, la nostra storia di essere umani corre sul filo della codificazione genetica. Figli di nostrao padre e nostra madre. Lontani parenti dell’uomo di Neandertehal. Simili al topo e così via. Attraverso mutazioni e adattamenti, apoptosi e meiosi, noi siamo quello che siamo. Il passato è carne e anche spirito, se l’uomo non è solo carne, dacché il mondo è mondo.
Il paesaggio che si disegna davanti al nostro sguardo non è forse anch’egli risultato della storia. L’antropizzazione, dalle ferite alle meraviglie dell’architettura, non dicono forse che l’uomo è stato ed è.
... continua
...
La letteratura. Il linguaggio. La scienza. Tutto l’immateriale che si fa parola detta o scritta, suono, immagine, non è forse storia.
Quanto attraverso l’educazione, l’ambiente, l’incoscio, la geografia accidentale dell’essere calabresi piuttosto che somali, … fa si che io sia Rosario Lombardo e non Luigi Aiello o Barack Obama? Volenti o nolenti noi siamo quello che siamo, siamo Sisifo al di là della implicazioni dettate da Camus. O forse soli degli scarabei stercorari (ciò vale per me inanzitutto)-
Certo ci sono le implicazioni del potere, le masse vs le elitè, insomma tutte le dinamiche che disegnano la geografia politica della terra (attraverso le guerre,le rivoluzion, i cambiamenti più o meno democratici). Ma vi domando quale ruolo ha avuto la scrittura nella Storia? Piuttosto che gli antibiotici o altre innovazioni tecniche, tecnologiche, scientifiche?
Camus e Foucault sono figli del secolo passato. E se è vero quello che diceva Eric Hobsbwam siamo in pieno ventunesimo secolo. L’atomizzazione della società piuttosto che la società liquida di Bauman in che rapporto stanno con il superuomo di Nietzsche? Internet piuttosto che le macchinette dei videopoker come hanno agito e sono state agite dalle masse? Berlusconi per ovvi motivi non è Mussolini o Cesare. Ed io non ho nulla a che spartire con un antico romano della mia sessa età. Almeno apparentemente o forse no?
Troppi punti interrogativi? ...Ma di domenica mattina che volete?
Un saluto piratesco e non pilatesco
Rosario
Nulla di meglio che tanti punti interrogativi. Soprattutto se di domenica mattina. (Ci ritornero').
Il maschile mi sarebbe, allora, coigenitali?
Tu pensi che ci sia una base naturale, una essenza dell'umano da cui tutto il resto?
Una economia dei corpi (individuali e o sociali) potremmo anche dire - una storia tessuta con la sostanza delle nostre finitudini in altre parole, che sarebbe la struttura portante da cui la cultura... ? (vedi quanto Hobsbwam dice a proposito di giradischi ed altre cassette sui comportamenti: dell'impatto di certa tecnologia etc.)
A parte tutte queste cose, resta che questo "problema" del potere (le sue diverse concezioni: fra le quali quanto abbiamo letto nel post e negli scritti/link che ho messo), è molto importante. Si sono dette e fatte cose d'ogni sorta a partire da come si vede, da come si concepisce la nostra situazione nella società...
Voglio dire ci si è anche ammazzucchiati grave per "qualche idea"... C'è bisogno di fare esempi?
Interi periodi sembrerebbe che siano stati condizionati da quelli che Foucault, appunto, chiamava epistemi, ed annessi...
(ma è poi cosi tanto anti storicista qui? - vedi il link col Senellart)
Ti racconto un fattarello. Una volta... durante un corso di filosofia, un professore (molto forte, profondo, e non di destra...), svolgeva il suo corso come d'abitudine. Trattava del pensiero di certi filosofi antichi in relazione alla morale ed alla politica (poco importa i nomi etc.).
Ebbene, il mio compagno di banco (di quel giorno almeno, dato che si cambiava posto a secondo del numero dei presenti) non potendone più dall'impazienza, domando' al prof a cosa poteva servire tutto questa accumulazione di sapere. Insomma, voleva che le cose trovassero una soluzione definitiva senza altre perdite di tempo (ingiustizie e via dicendo: questo il fondo del suo pensiero per quanto ne avevo compreso discutendoci in qualche occasione). Dal momento in cui doveva essere ormai chiaro che continuare a riflettere, a che pro?
Al che, il prof gli chiese se lui stesso, là, aveva da proporcene qualcuna, finalmente...
Bella risata generale nella sala stracolma...
Il mio simpatico vicino, evidentemente, non potè. E perché mai dal momento in cui avrebbe potuto aggiungere: "Facciamo subito la rivoluzione comunista!" (era leninista a fondo)
La cosa si fermo' li.
Esimio Rosario, ti lascio in piacere di considerarne qualche implicazione. Anche considerando quanto stava accadendo negli anni settanta/ottanta riguardo a certe teorie. A certe verità...
Più in là tentero' di scrivere, ahimé (sincero)di mettere insieme un articololetto come dicevo (un post al di là di questa abituale finestrella!) per dire quanto mi sembra di averne pensato finora (e non sempre la stessa cosa: dal momento in cui quando si pensa si "cambia"): rispetto all'homme absurde di Camus, ed al potere di cui si sta trattando...
Ricambio i saluti pirateschi.
Buona domenica.
Penelope
Io in quanto alla struttura sexy mi do da fare ma ho l'impressione che è un eterno incominciamento. Non ho finito con l'uno che ho voglia di fare ahh ahhh con un altro. Non so se mi spiego psicoylogicamente parlando. Allora, quando mi gira la testa o altro, mi capita di non sapere più chi sono. Eh, sapete com'è, un orgasmo di dieci minuti primi con strascichi... Vacci a riflettere alle regole sgrammaticate in certi lunghi boni momenti.
Pero' questa storia dell'economia dei corpi non l'ho ben compresa. Che c'entrano i giradischi e le C7?
No perché siccome non mi sono mai economizzata non vedo come le mie idee potrebbero dipendere da altro che non sia il mio desiderio immediato. Ancorché è vero che mica posso soddisfarlo li per li ogni qual volta... Vi immaginate, che cinema, che teatro anzi... per strada?
Come ti vedo qualcuno che mi piace... subito me lo immagino nudo mentre: ahhh ahhh, e qui permettete, ma mi ripeto molto volentieri.
Poi, vedete come le cose possono andare in questo mondo: problemi e drammi e tragedie continue, e idee e scritti senz'altro molto utile per almeno tentare di e di...
E, pertanto, vedi qui in questa capitale come in altre 1000, tutti questi spettacoli d'ogni genere, che si susseguono... E gente che ride, e che balla, e che questo, e che quello. E gli artisti che si moltiplicano, un po' come i funghi si direbbe...
Sinceramente, c'è qualcosa che non quadra. Che non combacia. (E qui penso pure all'assurdo di cui sopra, riguardo a Camus)
E poi mo viene in mente che avete parlato di obesità: Basilicata, Sicilia, e Calabria...
e din e don e dan
Vedete un po': un tre settimane fa ho passato un paio di giorni a Bruxelles,e qualche buon obesetto l'ho visto pure là.
Allora, due sono le cose: o stavano in casa a pappare postcaloriesuperenergetiche... pure a quell'ora tardo serale, o la maggior parte dei giovani di questo per me simpatico paese (meno stressante di qui: la gente discute molto volentieri e le indicazioni le danno senza innervosirsi) sono come questi belgi che accampati nei bar a bere, a leggere, a scrivere, a disegnare (!), a internettizzare, a discutere, a fumare attorcigliando sigarette con le macchinette o le dita (vi si puo ancora fumare nei bar ma non dappertutto se vi si pure mangia), o ancora, pensierosamente "gettati" su una qualche sedia dentro a all'aperto dandomi l'impressione che le meningi stavano concependo cose non particolarmente spiacevoli...
Magari qualche personaggio da fumetto, da BD...
Ecco, allora, un luogo dove c'era un "centro"? (rispetto a quanto detto dal Minervini citato da Rosario)
Cosa sto cercando di dire con todo questo? Be', che abbiamo una grande capacità di adattamento a tante cose sul pianerottolo...
Già, che poi (riflettevo), come si sono potute creare tali differenze di www.portamento.com fra i paesi? (uhm, un po' di storia qui ci sta proprio)
Insomma, cinema e teatri e musica e libri a bizzeffe, mentre altrove.
Mentre altrove se ti siedi in un bar per leggere ti prendono per un extraterrestre più o meno imbranato per non dir peggio.
Cio' non vuol dire che gli stessi (questi giovani di cui sopra) abbiano rinunciato a qualsiasi forma di cambiamento.
Ma, insomma, se devo essere sincera, mi sembra che certi relativi status quo non siano troppo mal vissuti. Non sempre.
E stiamo parlando di persone non particolarmente stupide, beninteso.
Allora? Ed il potere in tutto questo? Possibile che si tratti, ancora e poi da quando?) di domesticazione degli esseri... ?
Di un complotto che e che attraverso forme più o meno democratiche...(discorso all'interno della cosiddetta biopolitica, govenabilità, etc.)
Ma la smetto. Ahh ahhh...
Caro Rosario, tu mi piaci...
Cara Giulietta (come mi piaciono i tuoi ahhh ahhh tanto evocatori!), dici che se da noi leggi un libro in un bar ti prendono per un'extraterrestre se non peggio.
E' vero.
Mi sono detto riflettendoci, e non da ieri, che la lettura in luogo pubblico, per i fatti propri... da noi è mucho malvissuta.
Mi spiego.
Un po' come se la nostra solita comprensione del senso del mondo (supposto unico ed a nostra somiglianza) fosse improvvisamente perturbata da uno spazio vuoto, mancante.
Da un non luogo...
Perbacco, là, nel paese dove regna la parola (vedi perfino in annozero quando e quanto), la lirica, il bel canto, a pieni polmoni... (semplifico qui), le chiacchere ed altri inenarrabili battibecchi fra politici in buona salute e cravatta e tutti quanti più cosce e culi e seni, ecco uno... là... che si estranea... Che sembra cercare, in questo oggetto che si sfoglia, chissà quale significato che ci sia finora sfuggito...
Come dir: un senso di vuoto , di smarrimento esistenziale, procurato al prossimo...
Attenzione, pericolo!
Arrestate questi perturbatori della Quiete, della Pax... pubblica...
Din... Don... Dan...
No, mia bellissima, se proprio vuoi leggere al bar, specialmente in quelli calabri, ti restano i quotidiani. Soprattutto i corrieri degli sport.
Ma, ti raccomando, evita i libri!
Sono troppo asociali, anomali, irreligiosi, irriverenti...
Ehm, guarda che hai scritto Minervini al posto di Minervino.
Cosa fai, lo vuoi pluralizzare?
mi raccontano fesserie o cosa? sembrerebbe che la nostra Libertà con la neve... è andata in Sila a sciare...
(in compagnia di Mister No!)
eccelsa giulietta ci risiamo! una volta i centimetri l'altra l'acme. non so, ti piace prendermi in giro? evidentemente le metafore non convincono. eppure non penso che io sia stato il solo a provare qualcosa di sublime non solo nella gioia dei sensi della carne. un barlume di (in)felicità si può cogliere ovunque, anche nei libri per fortuna.
io non frequento i bar, se non occasionalmente. forse sono un tipo un pò asociale, ma non penso che la società abiti lì, o solo lì. il mio articolo partiva da alcuni vostri commenti per poi forse deflagrare ignobilmente.
il fatto è che io mi sento più vicino ai "ggiovani" , pur non essendo più tale, convinto del fatto che se avessi maggior fortuna non sfigurerei nella categoria dei giovani scrittori. si fa per dire naturalmente. ma non capisco. ai miei tempi ci dividevamo. chi ascoltava la dance, chi ascoltava la musica impegnata, chi se ne fregava d'entrambi.... oggi vale il modello unico. le stesse aspettative. magari ti schieri per i democratici ma non disdegni marco carta. ti schieri per forza italia e vaneggi per jovanotti. belen rodriguez ti piace perché piace a tutti e sopratutto perché è stata ed è in tv. potrei continuare ma ormai la solfa la conoscete. ho paura per il futuro di questa nostra calabria, per il futuro di questa nostra italia. ci vorrebbe almeno un barack obama che intiepidisse almeno le speranze.
Caro Rosario, non vorrei contraddirti, ma non ti stavo, assolutamente, prendendo in giro.
E, se permetti: sento molto le cose che scrivi.
Sopra, ad esempio, parlando di "asociale", etc., non era questione di te. Ma, rileggendomi, vedo ch'era espresso con una certa "vaghezza" relativamente ai soggetti. (Senza essere una scusa, sai come ci vado giù con tasti e finestrella!)
Per quanto dici delle scelte (prima le posizioni erano più nette): è vero che, oggi, si direbbe che tutto, o quasi, sia diventato un "abnorme" menu. Pieno di contraddizioni in quanto ai "piatti" presenti.
Ma, è altrettanto vero che non tutto è poi perfettamente omologato. O nel peggior dei modi.
Lo dico credendo di saperne qualcosa dell'attuale circolazione degli oggetti (d'ogni sorta in ogni luogo, comprese le idee).
Quello che voglio pure indicare è che alcuni aspetti di questa fenomenologia da mercato... adesso mondiale esistevano anche molto prima. In forma piuttosto ridotta in quanto allo spazio.
In un dato paese: stessa lingua e costumi etc etc etc... con tutto cio' che ne consegue di peggio (per la libertà di scelta individuale ad esempio)-
Senza dimenticare che mica ci si conosceva poi tanto, anche da un paesino all'altro. Si viveva quasi barricati. Ah i sacri limiti e simiti e sogli e mogli con porte e mezze porte e mogli e buoi dei paesi tuoi. All'epoca, questa era l'era...
Ben sapendo che le barriere ci sono sempre anche se per certi peggiori lati, allargate...
Per le idee politiche: mica c'era una grande scelta...
E questo, dal momento in cui si poteva accedere ad un minimo di conoscenze. Mi riferisco ai tanti privilegi.
Potremmo continuare, per tentare di vedere il pro ed il contro a secondo dei periodi e dei luoghi.
Sorvoliamo pero' perché ne abbiamo già parlato, tu e noi ed altri, innumerevoli, dei tanti disastri e sconquassi annessi et connessi (non pensare che non li abbia quasi sempre presenti! e questo, anche quando si scherzucchia - non si tratta di giustificare l'ingiustificabile) -
Forse, quello che più puo' colpirci è che in alcuni posti si usano categorie (per poter "pensare il mondo") di venti o trent'anni fa. (qui, esimio Rosario, non mi riferisco di certo a te.)
Né tampoco sto dicendo che tante "nuove" idee... siano un toccasana universale o una specie di apriti sesamo da adottare ad occhi chiusi e dappertutto...
Sopra dicevo di tutti questi giovani che, nei bar o altrove, tentano di vivere i loro sogni (etc etc con questo genere di belle immagini). Non mi davano l'impressione di scegliere il peggio. Mi riferisco pure all'arte e da tanti punti di vista. Anche politici.
Per la scrittura (e qui devo dire che tanti giovani di acri ! se la cavano abbastanza bene: eh, leggo i "giornalini" scolastici! - peccato che non insistono, e/o che le possibilità, ed gli imbranati fricuni o beati, etc. etc.): sappiamo bene che con questa si puo' andare incontro a varie difficoltà (compresi tanti "editori" affaristi etc. che e che trattano i libri come scatolette da supermercato).
Ma, non è forse vero che è molto importante (oggi come prima) fare le cose che si sentono in modo essenziale, vitale?
Un buon saluto da noi tutti.
Sto preparando la zuppa di legumi; Peccato che la si puo' ancora cliccare! Me ne avreste detto delle belle!
G.
errata corrige:
Un buon saluto da noi tutti.
Sto preparando la zuppa di legumi. Peccato che NON la si puo' ancora cliccare! Me ne avreste detto delle belle!
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