9 giugno 2009

“È la pioggia che va, e ritorna il sereno.”



La scena che si presentò all’appuntato ed alla recluta della locale caserma dei carabinieri li lasciò di stucco, terrorizzati all’idea che un’uguale sorte carogna, un giorno o l’altro, potesse regalargli una fine simile. La pioggia rendeva ridicolmente invernale quella domenica mattina d’inizio giugno. Circa 20 minuti alle 7, i seggi non erano neppure aperti. Non fosse stato per la dannazione di quel nubifragio, che rendeva così lugubre la scena, non si sarebbe parlato certo di film dell’orrore ma di tragedia punto e basta. Un comune incidente, non fosse stato per il povero cristo impalato sul sedile anteriore. La macchina era finita contro il muro ad alta velocità e il piantone dello sterzo aveva fatto per intero il suo lavoro, mozzando di netto la testa a quel disgraziato …che va’ sapere chi diavolo fosse. …Inutile ferraglia buona solo per gli sfasciacarrozze, oramai. I finestrini appannati proteggevano l’abitacolo da ogni invadenza. Bisognava sforzare gli occhi ed avvicinarsi completamente al lunotto posteriore. La berlina era schiacciata sul davanti contro quel maledetto muro, alto più di 4 o 5 metri. L’autista s’intravedeva appena. Nell’interno forse non c’era altro, ma difficile a dirsi. La pioggia insistente, la maleodorante melma e la domenica elettorale rendevano le operazioni dei carabinieri incredibilmente lente, quasi non si venisse a capo di niente. L’autista aveva perso di sicuro l’uso dei freni, …ma a quella velocità, era da pazzi transitare in pieno centro abitato. …Impossibile attraversare a velocità tanto sostenuta una curva come quella, a meno che non si volesse finire schiacciati di proposito sul muro che la delimitava. …Meglio non toccar niente, però. …Meglio aspettare ordini superiori. Il bagagliaio leggermente aperto lasciava uscire un odore nauseabondo, che domandava quale altro mistero si celasse in quell’ammasso di ferraglia. Sembrava quasi che quelle lamiere continuassero a vivere, quasi a far parte d’un disegno sospeso, indecifrabile di primo acchito, svelando tuttavia, a poco a poco, qualcosa che alle prime occhiate era sfuggito, raccomandando cautela. Nonostante il nubifragio, la zona era stata già transennata ed il traffico deviato. Solo john-wayne-il-sordomuto s’aggirava per le vie del paese come un cane bastonato. Bagnato fin dentro le ossa, si muoveva a fatica, scosso fin dentro le pieghe più profonde del suo animo di reporter menagramo. Voleva sbandierarla ai quattro venti la notizia di quella tragedia ancora da sbrogliare, voleva gridarlo forte che il suo revolver non c’entrava niente, …chè non fosse stato per quella maledetta pioggia... Non una macchina. Non un’anima viva. Solo 2 carabinieri, irriconoscibili nelle loro cerate nere e una testa mozza senza identità. …Certo la macchina, …certo gli abiti, …ma il sangue, ...e poi va’ a ricordarti le targhe… I dubbi piano piano a dissiparsi, portati via dalla pioggia a dirotto. Non era facile tenere nemmeno l’ombrello aperto e l’acqua scivolava in gran quantità sulle incerate, lasciandosi dietro un residuo appiccicoso e maleodorante. L’odore di marciume saturava le narici. L’inchiostro slavato dei manifesti elettorali impiastricciava i muri. La scopa di cicirinella, abbandonata sui gradoni della cattedrale, aspettava di pulire. Il portone aspettava di spalancarsi sui fedeli per le funzioni religiose più affollate della mattinata. Rivoli d’acqua furiosamente scavalcavano le cunette, fuoriuscendo dai tombini.
Nelle case qualche luce accesa lasciava timidamente il posto all’oscurità della notte. Fra le coltri sembianti antropomorfi, sogni di rivincita, incubi ordinari, fantasie erotiche, l’attesa del nuovo giorno. A piedi scalzi, le pantofole ai piedi, l’acqua fredda delle cisterne, i colpi di tosse, gli sciacquoni. Il fornello del gas, la macchinetta del caffè, il latte, le focaccine del mulino bianco. Al n. 22 di p.za dell’olmo il radiogiornale cinguettava di nuovi autobombe a gerusalemme, grozny, sarajevo. Al n. 10 di via madre teresa di calcutta, i letti già fatti, la tivù accesa, la caffettiera gorgogliava e sbuffava, mentre una donna, bigodini in testa, consultava l’oroscopo de il venerdì (di repubblica): ^ Ariete …bersagliati dalla congiunzione tra sole e venere il vostro umore non sarà dei migliori e ne risentirà soprattutto sul piano sentimentale… Al n. 9 di c.so mazzini l’appartamento appariva in disordine, per via d’una festa di compleanno protrattasi fino a tardi. La baldoria aveva tenuto sveglio l’inquilino del piano di sopra, che ancora non riusciva a prender sonno. Al n. 13 di p.za delle vanità si scopava in silenzio, …come sanno fare solo i bravi coniugi. Al n. 11 di vc. III° la motta il nubifragio aveva allagato il locale del circolo comunista. Una lampadina accesa, appesa al soffitto, si rifletteva nel centro della stanza. Le ragnatele brillavano come di rugiada. Patrimierulu si agitava e si divincolava tra le coperte e sudava come per una strana febbre malarica. La sua lotta con gli extraterrestri, per acciuffare e difendere il suo scranno, gli aveva trasformato il sonno in calvario. Accanto, la moglie russava, le sue apnee segnando intervalli regolari. In casa del dottor guido tersilli, fregandosene di ricorrenze, anniversari e festività, approfittando d’una rara erezione mattutina, il ricongiungimento carnale si dibatteva tra sogno e realtà. Il farmacista sorseggiava il suo bollente caffè decaffeinato aspettando di fumarsi la prima emmesse della giornata. Un candidato eccellente che temeva per la sua elezione, con un grugno e la stazza d’un cinghiale d’allevamento, aveva sniffato coca e, completamente nudo, s’era appisolato in posizione fetale ai piedi del letto. Middiu l’imbianchino tossicchiava, scatarrava, malediva la pioggia. Non avrebbe potuto recarsi, così presto come avrebbe voluto, al suo seggio elettorale, ma presto avrebbe trovato il modo di consolarsi. Happyfeet sistemando il suo pigiama a righe s’accorse della sua polluzione notturna, felice all’idea i ra janca palumma finita finalmente, ma chissà come, nel suo letto. L’innocenza di bambina colorava la faccia di tirisinella d’una felicità altezzosa. La pioggia picchiettava sui vetri e lei si stringeva al cuscino. Clark gable gli strizzava l’occhietto e lei: «…chiamami rossella, reth!» Le normali abitudini del mattino, fosse pure un dì di festa o una fottuta domenica elettorale d’inizio giugno. Da qualche finestra, a spuntare delle facce assonnate che s’interrogavano su quando quella maledetta pioggia l’avrebbe fatta finita. …Ma se ne poteva stare certi: appriessu a ru malutiempu arrivari pur’u buonu.

Rosario Lombardo
da I LOVE YOU UN CORNO!

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