Un
film italiano ha vinto l'Oscar. Ora tutti sono diventati critici
cinematografici. A questo punto sono legittimato ad esporre anche il
mio punto di vista. Premettendo la mia bassa ma sicuramente
alternativa cultura cinematografica, non trovo niente di interessante
in questo film più di quanto ne possa trovare in un qualsiasi film
di Zalone o in “Qualunquemente” di Albanese. Il tema e la morale
sono uguali ma sicuramente non ritengo siano film da Oscar del
cinema. Insomma, niente di nuovo sotto questo cielo!
Il
punto su cui voglio soffermarmi, però, non è questo. Ciò che mi
lascia sconcertato è che ora tutti sono pronti a puntare il dito
contro la decadenza della cultura, della società e della morale
italiana.
Magari
sono le stesse persone che a capodanno o lo scorso fine settimana
erano rinchiusi in un qualsiasi locale a ballare le canzoncine di
Raffaella Carrà e chiudere la serata in bellezza con i passi
stereotipati dei balli di gruppo su stupide ed assurde musichette,
magari essendo convinte di essere la parte “bene” della società.
Persone che hanno fatto del loro presunto “status” il simbolo
della loro importanza basando lo stesso “status” sulla corruzione
del proprio essere, nell'ostentare virtù che non si possiedono o che
non sono tali, e su beni effimeri o di nessuna utilità pratica. Come
sosteneva Molière: “Tutti i vizi, quando diventano moda, si
trasformano in virtù”.
“La
grande bellezza” ci ha fatto aprire gli occhi per un istante sulla
decadenza della nostra società ma non preoccupiamoci se, anche e
soprattutto ad Acri, ci assopiremo nuovamente fino al prossimo evento
organizzato da qualche associazione massonica, qualche festa di
partito o qualsiasi festa “calendarizzata”, durante le quali
faremo di tutto per ritrovare il nostro posto nel mondo tra una
canzoncina e qualche stupido balletto; cercando qualsiasi escamotage e trovando la nostra soddisfazione se riusciremo ad andare alla festa
chic e possibilmente affollata di gente ritenendoci
“importanti” senza far caso alla nostra “decadenza”,
scordandoci immediatamente della lezione ricevuta da un film.
Lo
stesso status èlitario che si cerca, soprattutto quando non ce lo
possiamo permettere, è sinonimo di chiusura ed arretratezza mentale;
il tentativo di sembrare come gli altri è sinonimo di arretratezza
culturale.
Oggi
puntiamo il dito contro lo squallore della società ma nessuno è
disposto ad ammettere che questa società siamo quotidianamente noi
stessi.
P.s.:
a tal proposito, se è vero che la classe politica è specchio della
popolazione devo dire che anche Acri, così come l'Italia in
generale, almeno per gli anni di cui ho memoria, non fa eccezione
allo squallore raccontato nel film.
ANGELO ALGIERI
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