Nell’ascoltare e vedere i consigli comunali, a me
personalmente, non arriva l’estro ed il talento di cui ogni attività dovrebbe
esser dotata ed anche la politica. Penso che essa non debba essere ridotta ad
una numerologia di amministrazione, la quale, molto spesso, risulta tarocca ed
i soli numeri non svelano nulla, specie se non si va oltre nel dire della
responsabilità di un lavoro fatto male malissimo in precedenza. Non si deve
lasciar dedurre a chi ascolta eventuali pecche, ma illustrarle per meglio
comunicare oggettivamente anche un misfatto, se ve ne è l’esistenza. La
politica, pure nella nostra dimensione locale, si auto-alimenta, parla a se
stessa ed a se stessa non farebbe mai male, e quello che può sembrare
autolesionismo è una sorta di bondage indirizzato verso soddisfazioni
personali. Far politica è come ogni altra attività, per cui dovrebbe concernere
preparazione. Per citare Pasolini, un contadino sa tutto della sua attività e
spazia anche nella conoscenza della meteorologia, di una chimica empirica, di
un empirismo tramandato ed assorbito, del clima dove agisce la sua conoscenza
ed è dotato anche dell’estro, del talento e della sensibilità di godere ed
assistere allo shock emozionale dato dalla natura che egli sa stimolare. Penso
che chi voglia amministrare o, comunque, partecipare alla vita politica della
città, debba necessariamente conoscere i tempi ed il luogo, la storia ed aver
ben presente che la globalizzazione ha toccato anche una cittadina di montagna
come Acri. Penso che, innanzitutto, chi fa politica, e non solo, debba aver
avuto vent’anni, cioè possedere quel radicalismo che poi porta a valutazioni
migliori attraverso la maturità. Insomma bisogna esser stati meravigliosamente
stupidi, pieni di ideali, di cortei, manifestazioni, occupazioni, di posizioni
forti, di libri giornali musica cinema e realtà senza pregiudizi. Quando vedo
il consiglio comunale non vedo questo, non vedo la consapevolezza di cosa abbia
significato il G8 di Genova nel 2001 e della cocaina dilagante, in seguito, in
tutti gli strati sociali e culturali. Un po’ come accadde con l’eroina a fine
anni settanta. Penso che i fatti di Genova siano un denominatore comune per
comprendere alcuni cambiamenti avvenuti negli anni duemila anche nella sfera
locale e di quello che dovrebbe essere l’approccio alla politica ed alla
gestione di una città, anche se, apparentemente, lontana dalle contorsioni
nazionali, però basti pensare che la televisione guardata qui è la stessa di
quella di Torino Milano Roma. Ascoltando la politica locale non sento esprimere
una visione di insieme, fatta a sua volta da un corso di particolari, sento
parlare che Acri potrebbe essere, potrebbe avere. Acri è ed ha, questo
purtroppo si trascura ed ecco che, invece, si ascolta una sorta di “filosofismo”
nato dal sentito dire, che magari si è sentito al telegiornale, senza mai
valutare il contesto ed affidare all’opinionismo quello che dovrebbe essere
analisi del pensiero ed azione. Voglio ricordare che anche Hitler aveva
un’opinione, quindi meglio andare oltre ed usare la conoscenza e l’analisi
appunto.
ANGELO SPOSATO
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