La Stampa.it 4/10/2009
di Barbara Spinelli
di Barbara Spinelli
Lo chiamano nubifragio, quello che ha ucciso decine di persone nei villaggi del Messinese e gettato nel fango le loro case, e invece la natura matrigna non c’entra. Non è lei a tradire, ingannare. C’entra invece lo Stato matrigno, e c’entrano le opere pubbliche, le infrastrutture, gli amministratori matrigni. È a loro e non alla natura che occorre rivolgersi con la domanda che Leopardi lancia alla natura: «Perché non rendi poi/Quel che prometti allor?/ perché di tanto/ Inganni i figli tuoi?». È l'Italia che vediamo piano piano autodistruggersi, e non solo nel modo in cui si governa ma nel suo stesso fisico stare in piedi, nel suo esser terra, fiumi, colline, modi di abitare. Si va sgretolando davanti ai nostri occhi come fosse un castello che abbiamo accettato di fare di carta, anziché di mattoni. Che ciascuno di noi accetta - per noia, per fretta, per indolente fatalismo - di fare di carta.
E’ essenziale leggere Gomorra per capire l’estensione del dominio del male ma basta mettere in fila i tanti disastri visti in televisione, e il cittadino non si sottrarrà all’impressione di un Paese dove perfino la terra frana a causa di questo lungo dominio.
Inutile dividere i mali italiani in compartimenti stagni: la morte della politica da una parte, l’informazione ammaestrata o corriva dall’altra, le speculazioni edilizie da un’altra ancora. Tutte queste cose sono ormai legate, fanno un unico grumo di misfatti e peccati d'omissione che mescola vizi antichi e nuovi. È l’illegalità che uccide l’Italia politica e anche quella fisica, la sua stima di sé, la sua speranza, con tutti i vizi che all’illegalità s’accompagnano: la menzogna che il politico dice all’elettore e quella che ciascuno dice a se stesso, il silenzio di molte classi dirigenti su abusivismo e piani regolatori rimaneggiati, il territorio che infine soccombe. Nella recente storia non sono caduti uccisi solo eroici servitori della Repubblica, che hanno voluto metter fine all’anti-Stato che mina la nazione dagli Anni 60. Muoiono alla fine gli uomini comuni, en masse: abbattuti dalla menzogna, dall’abusivismo, dalla disinvoltura con cui si costruiscono case, scuole, ospedali con materiali di scarto. Non da oggi ma da decenni, destre e sinistre confuse.
Il servizio pubblicato ieri su La Stampa da Francesco La Licata è tremendo. Non è solo Giampilieri che l’abusivismo ha colpito, perché le fondamenta del villaggio erano inaridite da disboscamenti irrazionali e poggiavano «su creta incerta, massacrata dalla furia della corsa al cemento» - in particolare dal cemento «allungato», che le mafie usano per guadagnare molto e presto, senza pensare al domani: l’ingordigia delle mafie e soprattutto l’impunità di cui esse godono nella penisola minacciano opere pubbliche di mezza Sicilia (gli aeroporti di Palermo e Trapani, il porto turistico di Balestrate, il lungomare di Mazara del Vallo, il commissariato di polizia che si sta costruendo a Castelvetrano). La terra trema in Italia e il gran traditore non è la natura ma l’omertà di un’intera società. Omertà è una parola etimologicamente incerta: pare provenga da umirtà, e sia dunque una versione succube, perversa dell’umiltà. L’abbiamo sentito dire quando ci fu il disastro abruzzese e lo stesso vale per Messina: in Giappone o in Germania non ci sarebbero tanti morti, in presenza di intemperie. Giampilieri non è un’eccezione che conferma buone regole ma è la nostra regola.
È diventata la nostra regola perché tutto, appunto, si tiene: la cultura dell’illegalità che si tollera e l’abusivismo che si accetta sperando di trarne, individualmente, qualche vantaggio immediato. Perché tutto trema in contemporanea: terra e politica, senso dello Stato e maestà della legge. Perché intere regioni (non solo a Sud) sfuggono al controllo dei poteri pubblici, intrise di mafia e omertà. E perché l’informazione non circola, non aiuta le autorità municipali, regionali, nazionali a correggersi, essendo inascoltata e dando solo fastidio. L’informazione indipendente irrita quando denuncia lo svilimento dello Stato che nasce dalle condotte private di un presidente del Consiglio. Irrita quando ricorda che il ponte di Messina è una sfarzosa e temeraria tenda su infrastrutture siciliane degradate. Allo stesso modo danno fastidio, e non solo all’attuale governo, le indagini di Legambiente o della magistratura. La Licata spiega come non manchino indagini e moniti che da anni denunciano la criminalità edilizia, i brogli sui piani regolatori, la cementificazione fatta di molta sabbia e poco ferro: sono a rischio di crollo trenta capannoni dell’area industriale di Partinico, sono sotto inchiesta la Calcestruzzi Spa e la Calcestruzzi Mazara Spa. In un Paese dove la legalità non ha buon nome è ovvio che l’informazione in sé fa paura, quando porta chiarezza.
Dipende da ciascun cittadino far sì che queste abitudini cessino. Finché penseremo che i disastri sono naturali, non faremo nulla e sprofonderemo. È un po' come nella Dolce vita di Fellini. Nella campagna romana, una famiglia aristocratica possiede una villa del '500 caduta a pezzi e nessuno l’aggiusta. Il capofamiglia s’aggira sconsolato fra le rovine, sogna di mettere un pilastro qui, una trave lì. Si lamenta col figlio che non fa nulla per riparare, che bighellona a Roma stanco di tutto. «Ma cosa vuoi che faccia, papà?», replica quest’ultimo, stomacato. È la cinica, accidiosa risposta che l’italiano continua a dare a se stesso, ai propri padri e anche ai propri figli.
L’indebolirsi della politica e la non volontà di governare il territorio li tocchiamo con mano e hanno ormai un loro teatrale, quasi macabro rituale. L’Italia è divenuta massima esperta in funerali, opere misericordiose, messe riparatrici, offerte di miracoli stile padre Pio. Tutta l’attenzione si concentra, spasmodica, compiaciuta, sulla nostra inclinazione a piangere, a ricevere le stigmate da impersonali forze esterne, a ripartire da zero nella convinzione (falsamente umile, ancora una volta) che da zero comunque si ricomincia sempre. Come vi sentite lì all’addiaccio? avete voglia di ricostruire? forza di credere, sopportare? così fruga l’inviato tv, il microfono brandito come una croce davanti ai flagellanti, e le lacrime sono assai domandate. L’occhio della telecamera punta su ricostruzione e espiazione, più che sul crimine che viene trattato alla stregua di fatalità. Importante è vivere serenamente il disastro, più che evitarlo cercandone con rabbia le cause. Anche il politico agisce così: non lo interessa la stortura, ma l’anelito alla lacrima e alle esequie teletrasmesse. Simbolo del disastro riparato più che prevenuto, la Protezione Civile è oggi un immenso lazzaretto, un potere divoratore di soldi e non controllato.
Di fronte a tanta catastrofe viene in mente il grido di Rosaria Costa, la vedova di un agente di scorta morto con Giovanni Falcone a Capaci. La giovane prese la parola il giorno dei funerali di Stato, il 25 maggio 1992 nella chiesa di San Domenico a Palermo, e disse: «Mi rivolgo agli uomini della mafia, vi perdono ma voi vi dovete mettere in ginocchio, dovete avere il coraggio di cambiare». D'un tratto la voce si rompe e grida: «Ma voi non cambiate, io lo so che voi non cambiate». Nulla può cambiare se l’impunità continua. Se l’informazione non circola, non esce dai recinti di Internet, di Legambiente, delle associazioni volontarie antimafia. Se la gente non smette di ascoltare solo messe funebri. Mario Calabresi ha scritto ai lettori indignati di questo giornale, ieri, che il «grande sacco dell’Italia» è avvenuto e avviene perché esiste un terreno fertile a disposizione di mafie e criminalità: non c’è politica seria se al primo posto non sarà messo il ripristino della legalità. Legalità e parola libera sono il farmaco di cui c'è bisogno, Falcone ne era convinto quando diceva: «Chi tace e piega la testa muore ogni volta che lo fa. Chi parla e cammina a testa alta muore una volta sola». Per questo tutto si tiene: la manifestazione di ieri sulla stampa indipendente e l’indignazione per il disastro di Messina.
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/grubrica.asp?ID_blog=40&ID_articolo=176&ID_sezione=55&sezione=
E’ essenziale leggere Gomorra per capire l’estensione del dominio del male ma basta mettere in fila i tanti disastri visti in televisione, e il cittadino non si sottrarrà all’impressione di un Paese dove perfino la terra frana a causa di questo lungo dominio.
Inutile dividere i mali italiani in compartimenti stagni: la morte della politica da una parte, l’informazione ammaestrata o corriva dall’altra, le speculazioni edilizie da un’altra ancora. Tutte queste cose sono ormai legate, fanno un unico grumo di misfatti e peccati d'omissione che mescola vizi antichi e nuovi. È l’illegalità che uccide l’Italia politica e anche quella fisica, la sua stima di sé, la sua speranza, con tutti i vizi che all’illegalità s’accompagnano: la menzogna che il politico dice all’elettore e quella che ciascuno dice a se stesso, il silenzio di molte classi dirigenti su abusivismo e piani regolatori rimaneggiati, il territorio che infine soccombe. Nella recente storia non sono caduti uccisi solo eroici servitori della Repubblica, che hanno voluto metter fine all’anti-Stato che mina la nazione dagli Anni 60. Muoiono alla fine gli uomini comuni, en masse: abbattuti dalla menzogna, dall’abusivismo, dalla disinvoltura con cui si costruiscono case, scuole, ospedali con materiali di scarto. Non da oggi ma da decenni, destre e sinistre confuse.
Il servizio pubblicato ieri su La Stampa da Francesco La Licata è tremendo. Non è solo Giampilieri che l’abusivismo ha colpito, perché le fondamenta del villaggio erano inaridite da disboscamenti irrazionali e poggiavano «su creta incerta, massacrata dalla furia della corsa al cemento» - in particolare dal cemento «allungato», che le mafie usano per guadagnare molto e presto, senza pensare al domani: l’ingordigia delle mafie e soprattutto l’impunità di cui esse godono nella penisola minacciano opere pubbliche di mezza Sicilia (gli aeroporti di Palermo e Trapani, il porto turistico di Balestrate, il lungomare di Mazara del Vallo, il commissariato di polizia che si sta costruendo a Castelvetrano). La terra trema in Italia e il gran traditore non è la natura ma l’omertà di un’intera società. Omertà è una parola etimologicamente incerta: pare provenga da umirtà, e sia dunque una versione succube, perversa dell’umiltà. L’abbiamo sentito dire quando ci fu il disastro abruzzese e lo stesso vale per Messina: in Giappone o in Germania non ci sarebbero tanti morti, in presenza di intemperie. Giampilieri non è un’eccezione che conferma buone regole ma è la nostra regola.
È diventata la nostra regola perché tutto, appunto, si tiene: la cultura dell’illegalità che si tollera e l’abusivismo che si accetta sperando di trarne, individualmente, qualche vantaggio immediato. Perché tutto trema in contemporanea: terra e politica, senso dello Stato e maestà della legge. Perché intere regioni (non solo a Sud) sfuggono al controllo dei poteri pubblici, intrise di mafia e omertà. E perché l’informazione non circola, non aiuta le autorità municipali, regionali, nazionali a correggersi, essendo inascoltata e dando solo fastidio. L’informazione indipendente irrita quando denuncia lo svilimento dello Stato che nasce dalle condotte private di un presidente del Consiglio. Irrita quando ricorda che il ponte di Messina è una sfarzosa e temeraria tenda su infrastrutture siciliane degradate. Allo stesso modo danno fastidio, e non solo all’attuale governo, le indagini di Legambiente o della magistratura. La Licata spiega come non manchino indagini e moniti che da anni denunciano la criminalità edilizia, i brogli sui piani regolatori, la cementificazione fatta di molta sabbia e poco ferro: sono a rischio di crollo trenta capannoni dell’area industriale di Partinico, sono sotto inchiesta la Calcestruzzi Spa e la Calcestruzzi Mazara Spa. In un Paese dove la legalità non ha buon nome è ovvio che l’informazione in sé fa paura, quando porta chiarezza.
Dipende da ciascun cittadino far sì che queste abitudini cessino. Finché penseremo che i disastri sono naturali, non faremo nulla e sprofonderemo. È un po' come nella Dolce vita di Fellini. Nella campagna romana, una famiglia aristocratica possiede una villa del '500 caduta a pezzi e nessuno l’aggiusta. Il capofamiglia s’aggira sconsolato fra le rovine, sogna di mettere un pilastro qui, una trave lì. Si lamenta col figlio che non fa nulla per riparare, che bighellona a Roma stanco di tutto. «Ma cosa vuoi che faccia, papà?», replica quest’ultimo, stomacato. È la cinica, accidiosa risposta che l’italiano continua a dare a se stesso, ai propri padri e anche ai propri figli.
L’indebolirsi della politica e la non volontà di governare il territorio li tocchiamo con mano e hanno ormai un loro teatrale, quasi macabro rituale. L’Italia è divenuta massima esperta in funerali, opere misericordiose, messe riparatrici, offerte di miracoli stile padre Pio. Tutta l’attenzione si concentra, spasmodica, compiaciuta, sulla nostra inclinazione a piangere, a ricevere le stigmate da impersonali forze esterne, a ripartire da zero nella convinzione (falsamente umile, ancora una volta) che da zero comunque si ricomincia sempre. Come vi sentite lì all’addiaccio? avete voglia di ricostruire? forza di credere, sopportare? così fruga l’inviato tv, il microfono brandito come una croce davanti ai flagellanti, e le lacrime sono assai domandate. L’occhio della telecamera punta su ricostruzione e espiazione, più che sul crimine che viene trattato alla stregua di fatalità. Importante è vivere serenamente il disastro, più che evitarlo cercandone con rabbia le cause. Anche il politico agisce così: non lo interessa la stortura, ma l’anelito alla lacrima e alle esequie teletrasmesse. Simbolo del disastro riparato più che prevenuto, la Protezione Civile è oggi un immenso lazzaretto, un potere divoratore di soldi e non controllato.
Di fronte a tanta catastrofe viene in mente il grido di Rosaria Costa, la vedova di un agente di scorta morto con Giovanni Falcone a Capaci. La giovane prese la parola il giorno dei funerali di Stato, il 25 maggio 1992 nella chiesa di San Domenico a Palermo, e disse: «Mi rivolgo agli uomini della mafia, vi perdono ma voi vi dovete mettere in ginocchio, dovete avere il coraggio di cambiare». D'un tratto la voce si rompe e grida: «Ma voi non cambiate, io lo so che voi non cambiate». Nulla può cambiare se l’impunità continua. Se l’informazione non circola, non esce dai recinti di Internet, di Legambiente, delle associazioni volontarie antimafia. Se la gente non smette di ascoltare solo messe funebri. Mario Calabresi ha scritto ai lettori indignati di questo giornale, ieri, che il «grande sacco dell’Italia» è avvenuto e avviene perché esiste un terreno fertile a disposizione di mafie e criminalità: non c’è politica seria se al primo posto non sarà messo il ripristino della legalità. Legalità e parola libera sono il farmaco di cui c'è bisogno, Falcone ne era convinto quando diceva: «Chi tace e piega la testa muore ogni volta che lo fa. Chi parla e cammina a testa alta muore una volta sola». Per questo tutto si tiene: la manifestazione di ieri sulla stampa indipendente e l’indignazione per il disastro di Messina.
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/grubrica.asp?ID_blog=40&ID_articolo=176&ID_sezione=55&sezione=
DA R.LO.
82 commenti:
sabato 3 ottobre 2009
Siamo tutti o quasi"win for life"di Massimo Gramellini
Siamo poveri, poverissimi, praticamente disgraziati, perciò negli ultimi due giorni abbiamo alleggerito le nostre tasche di undici milioni di euro per giocare a Win For Life, che in un ambiente più orgoglioso del proprio alfabeto si chiamerebbe Vinci per la vita. Per la vita, sì. Eccomi pronto a investire il mio primo euro sul Numerone che mi regalerà finalmente un sogno a misura del piccolo borghese che sono. Non l’assegnissimo da infarto con cui potrei regalare un diamante a Kate Moss, ma una serena rendita da 4000 euro al mese per vent’anni, ovvero la possibilità di darmi alla coltivazione delle petunie senza l’ansia di ritrovarmi di colpo con una fortuna milionaria da gestire (per non parlare di Kate Moss). Quattromila euro al mese: se anche un bandito mi volesse rapire, dovrà accontentarsi di incassare il riscatto a rate.
Accidenti, non ho vinto, ma tanto si rigioca fra un’ora. Perché a Win for Life c’è un sorteggio ogni sessanta minuti e la profumiera all’angolo, che da ragazza ha studiato ragioneria, mi ha spiegato che se gioco tutte le ore dell’anno per tutto l’anno, ho una probabilità su centomila di vincere. Lei lo sta facendo ininterrottamente da ieri mattina. Intanto ho di nuovo perso. Ma se dedicassi queste energie nervose all’invenzione di un vaccino contro l’influenza? In fondo avrei più o meno le stesse chance di riuscita. Però, se giocassi un euro tutte le ore dell’anno per tutta la vita, quasi sicuramente vincerei. Il problema è trovare il denaro da puntare. Idea: investirò su Win for Life la mia imminente vincita al Superenalotto.
[ da La stampa ]
Napolitano ad Altamura. Prove di democratura - 1 ottobre 2009
http://www.youtube.com/watch?v=bm96qrrFOtU
GRAMELLINI - NOTIZIE DELLA SETTIMANA - CHETEMPOCHEFA 3/ 10 /09
http://www.youtube.com/watch?v=6ZORgVbyWAk
Corriere della Sera.it
STRAGE DI MESSINA - IL CEMENTO
Padre e figlio sindaci si difendono:
«Il palazzo sul fiume? In regola»
L'edificio simbolo della strage e le licenze
Il palazzo di 5 piani costruito sulla foce del fiume a Scaletta Zanclea (foto AP) MESSINA — L’immagine che ricorderà negli anni il disa stro e la rabbia di Messina sarà quella del palazzo piegato su se stesso, con il primo piano af fondato nel letto dello stesso torrente sul quale è stato scia guratamente costruito. Cinque piani di vergogna, sulla foce ce mentificata di Scaletta. Ma non se ne vergogna nessuno da que sti parti. Né il capo dell’ufficio tecnico Salvatore Calabrò per ché si tratta di un «rifacimen to », né il sindaco Mario Brigu glio eletto nel 2003, perché in fondo sono pratiche vecchie, né il suo predecessore che fir mò l’autorizzazione e che, guar da un po', è proprio il padre, Giovanni, in carica dal ’74 al ’94, tante firme su progetti grandi e piccoli, anche su que sto abuso che, giura, «di abusi vo non ha niente».
Perché la tesi vincente è che le carte sono in regola. Anche per il costruttore, Carmelo Pagliuca, ditta familiare, pure que sta «padre e figlio», certo della «regolarità»: «Abbiamo solo demolito un edificio che c'era pri ma e l'abbiamo rifatto più bel lo». Lo capiscono che rischiano di passare per rozzi, incolti e in teressati abusivisti sindaci, co struttori e ingegneri di Scalet ta. Ma si difendono, pur bistrat tati da Guido Bertolaso. Rima sto di stucco davanti al palaz zotto accartocciato, a due passi dalla riva. Con gli inquilini che la mattina s'affacciavano sulla foce tappata. Come le due fami glie di cui non c’è traccia, i Ru scica e i Bonfiglio. Non si sa se stiano sotto o se la forza di quella potente colata di fango se li sia trascinati a mare. Stes so drammatico interrogativo che tormenta Luisa Laganà, pa dre e madre settantenni in ghiottiti nel nulla. Echeggia an cora la disperazione di un’ulti ma telefonata dall’appartamen to del primo piano: «Elena, il fi nimondo, aiutaci, non riuscia mo a usci...».
...
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Poi, la voce della madre si spezza nel disastro che adesso lei scruta disorienta ta perché, forse, le verrà il dub bio che in un posto come quel lo un palazzo non si poteva pro prio costruire. E vaga col mari to, Giampiero, guardando l’al tro appartamento nel quale lo ro abitavano, quello del terzo piano, schiacciato a livello del la strada, mentre il resto sem bra essere sprofondato negli abissi. E laggiù dovrebbe esser ci pure Santino Bellomo, il ma cellaio che aveva il negozio in via Roma, lato opposto. Una bottega schizzata via perché è rimasto uno spazio fangoso. Qualcuno scava per potere piangere su chi non c’è più. E altri scavano già fra le scartof fie di un municipio che sembra uno scatolone giallino, un mo noblocco schizzato senza fanta sia, quartier generale di Mario Briguglio, 43 anni, pizzetto alla D’Artagnan, un cugino impor tante, capogruppo del Pdl alla Camera, stivaloni infangati, poltrona presidenziale e foto gi gante di Mino Reitano perché un fratello del cantante trovò qui moglie e da allora è gloria locale. Chissà se da sindaco, o almeno da rampollo di una fa miglia politica ben radicata in zona, si sentirà responsabile de gli abusi denunciati da Bertola so, se avrà avvertito qualche imbarazzo quando lo stesso ca po della Protezione civile, per aggirare una montagna di fan go sulla vecchia statale diventa ta il corso del paese e guadagna re la via della spiaggia, è dovu to entrare dentro una casa per ché non esistono varchi. «Abu sivismo? Ma di che parlate?», si sorprende Briguglio figlio, pronto a tirare fuori le due lette re scritte a governo, Regione e prefetto fra novembre e dicem bre dell’anno scorso, dopo l’al luvione del 2007, per invocare lavori urgenti sul torrente e sul la fiancata della montagna: «Il problema era ed è la frana, non le case a mare. Bisogna blocca re il pericolo lassù da dove l’an no scorso è caduto un masso di cinquanta quintali. Ma non mo rì nessuno e ci lasciarono sbat tere. A cominciare dalla Prote zione civile che avrebbe dovu to utilizzare 500 mila euro per la messa in sicurezza con i fon di dell’'idrogeologico'. Belle le conferenze di servizio. Seguite dal nulla».
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Replica a Bertolaso, sorvo lando sui disastri a valle: «Cer to che non costruiremo più in quella zona. Ma solo ora abbia mo visto che cosa succede. Pri ma come potevamo prevede re? ». Il quesito piace all’inge gnere Calabrò, 55 anni, occhia li, rotondo, affaticato davanti alla pratica di quella concessio ne del 1989: «Che c’entra l’abu sivismo? Il palazzo nasce su un vecchio insediamento, come il convento delle suore e il palaz zo del principe Ruffo anch’essi spazzati dalla valanga. Questa è 'zona B'». Formula magica af ferrata al volo dal costruttore, Pagliuca, soddisfatto: «Zona B sta per zona di completamento centro urbano marino». Pure sul torrente? La domanda non piace, ma la risposta è una so la: «Noi abbiamo demolito la casa che c’era prima per fare dieci appartamenti. Con tanto di licenza». E non ha alcun ri morso Briguglio padre che a 77 anni sbotta, non solo contro Bertolaso: «Finiamola con ’ste speculazioni. Tutti a parlare di abusivismo. Financo l’amico mio Peppino Buzzanca, il sinda co di Messina. E che scinnio (è sceso) dalla luna ora ora? Non era alla Provincia prima? Non le vedeva le case, da presiden te? Io ci voglio bene a Peppino. Tutti ce ne vogliamo». E guar da Calabrò , l’ingegnere che lo ebbe come testimone di nozze. «Che matrimonio. C’era pure il cugino importante». Briguglio il deputato? «No, Nania, Mim mo Nania, il senatore». Di rap porti, relazioni e parentele si parla con un sorriso compia cente, incrinato dalle notizie sulla Procura che apre l’inchie sta sul disastro colposo. Colpe? Qualcuno ha qualcosa da rim proverarsi? Il costruttore allar ga le braccia. Il sindaco pure. L’ingegnere appare poco poco turbato. Ma l’ex sindaco che fir mò tranquillizza: «Normale è. Sempre giusto è fare un’inchie sta. Qua però tutti con carte e mani pulite siamo».
Così a Scaletta l’unico con le mani sporche di fango resta l’ingegnere Vincenzo Andò che, nella sua divisa da vigile del fuoco, incrocia Bertolaso, indica le ruspe al lavoro e l’ac qua che irrompe: «Restituiamo al torrente il suo letto natura le ». Ma forse se l’è ripreso da solo. Nel peggiore dei modi.
Felice Cavallaro
Alfio Sciacca
04 ottobre 2009
bravo Gramellini. e sul resto mi chiedo: chi le ha permesse da noi ad acri le c ostruzioni lungo il calamo?
penso alla alluvione del 1994, ai danni che l'acqua fece
bravo Gramellini. e sul resto mi chiedo: chi le ha permesse da noi ad acri le c ostruzioni lungo il calamo?
penso alla alluvione del 1994, ai danni che l'acqua fece
p.s.
E che farà in modo senz'altro peggiore, considerando che dopo d'allora... Non ci piove. Purtroppo.
Non essere pessimista! Piuttosto, preghiamo... Affinché il Beato che già seppe produrre uva durante l'inverno...
a san Martinu, ugne vutta
L'Ufficio "tecnico"?
evidentemente, con la super visione d'altri conbagni soprattutto: sindaci, amminestratori, geometri, ingegneri, architette,
eh, qualche soldino se lo sono dunque addobbeatu poveretti. se li sono ben maritati loru che pro venivano sovente dalle casette dei picitti e del casadicchio
quando mi è capitato di sentirli "parlare" (di rado fortunatamente), mi sono sempre detto, candidamente, che avrebbero fatto molto meglio se avessero continuato a vivere tra gli antichi ragli ed altri grugniti di felice memoria
e no, mon cher ami, ci andata male nel "comune"! purtroppo, si misero a fare i conbagni, rivoluzionari... come se non bastassero altri ignorantissimi fascisti e pseudocristiani per lo sfacelo
certo. certo che si sono dati da fare per guadagnarsi le loro rispettive percentuali, standosene al paese tra piazza e casa e cantina. emigrare gli riusciva difficili talmente erano affezionati alla loro terra...
ognuno è libero di essersi fatto a modo suo, no?
Ohi Ni, scusa se ti chiedo qualcosa di personale e pubbica mente. Ma, del tuo famoso ALTOPIANO, che tratta di tutte queste cose eccetera (valide per altri paesi beninteso), non se ne parla da noi.
Chissà come si spiega.... Uhm, pertanto, l'ho trovato anche molto divertente.
I conbagni rivoluzio nati e gli altri protocristianici di striscio non l'hanno apprezzato?
Poiché mi obblighi a parlarne del mio libricino, cosa vuoi che ti dica? Che se lo avessero apprezzato LORO... mi sarebbe sinceramente dispiaciuto?
capisco. Senza contare che hai provocato scandaletti pubblici a non finire nel paese. Ah, mi ricordo, tra le tante (permettimi: insisto con vivissimo piacere qui), quando nel liceo classico (estate 1998: per quella storia del Parco letteraro a Varrise) prima i hai fotografati (!) e poi hai alzato la mano (si parlava di cultura e c'era r'occhetto e tutti i notabilicchi bzzz bzzzz al gran completo: pieno insomma) per domandare se nella cultura nostrana c'era pure 'u prisuttu e lla sazizza.
Con tutti questi che, poi, per una semplice questione di patate (un fessometro intervenuto, amico di) scapparono fuori a gambe levate, e per ben due volte.
Poveracci quante te ne hanno dovuto dire...
(W Padia! W l'Alto!!!!)
uha uha uha uha uha uha uha uha uha
Quindi, sai com'è. ALTOPIANO come pure gli altri scrittarelli, gli è andato di traverso.
Non una, ma diverse volte. Bordel, non se lo aspettavano.
Mica ci vuole una grande scienza infusa per capire queste mezze psicologie sociali.
Va be', sorvoliamo. Quando lo pubblichi il secondo? Quello sui fascisti paesani: Quadeara coi figlioli: Cuoppudu, Fressura, e Scudapasta - con Gennarino (Broccoletto)?
Se ben ricordo avevi detto che ce ne sono diversi "episodi"...
J.xck, smettila un po'! Mi metti in imbarazzo. Cerca di capiscere.
Ma non eri in Groenlandia?
Salutami Penelope.
Ricambio i saluti, a te ed a tutti i briganti et pirati dei Sette mari, irradiati.
Per quanto state dicendo mi sembra chiarissimo che se la sono sempre raccontata fra di LORO, la "verità delle Cose pubbliche", ed altre conneries.
Allora, immaginatevi se potrebbero parlare, pubblicamente, di ALTOPIANO. Dal momento in cui nnn li tratta (ma si tratta veramente di loro?) come... come fossero delle autentiche mezzerapejurute.
Un salutino in particolare lo faccio all'Angelo. La sua "ultima" poesia mi è piaciuta molto, come sempre.
Ed uno a Libertà. Ricambiamo i tuoi bacini, bellissima.
Non abbiamo capito questa storia di "guanti" del nostro Rosario (?).
Penelope. Insieme a Giulietta che vi fa i suoi saluti, più molti baci ahh ahhh - in particolare al nostro Mister No. L'ha sedotta!...
uha uha uha
DI GIUSEPPE VERDI
NELL'AMBITO DELL'ESTATE ACRESE 1997
NEL SUGGESTIVO IMBUTO
DEL NUOVO PURGATORIO
VERRANNO GRANDIOSAMENTE RAPPRESENTATE :
LA FORZA DEL FESTINO (1862)
I NABABBETTI (1842)
L'HOTELLO (1887)
LA PASTIJATA (1997)
L'Amminestrazione comunale invita
tutti li cittadini a correre, numerosi.
L'Aminestrazione comunala che ha organizzato
queste serate Verdiane, è dieta dell'Opera d'Arte.
è il comunismo la trionferà
ah, a proposito di comunismo paesano: ne avete già sentito parlare di questa "vecchia" storia di una sessantina (59 se ben ricordo) di contadini che nel 1950 ad acri vennero denunciati dal sindaco di allora e poi condannati (in due processi mi sembra) a tre mesi di carcere per occupazione di terre demaniali? Denunciati benché le avessero già abbandonate.
Devo ritrovare i libro con l'indicazione dei documenti (a Cosenza).
Mi piacerebbe approfondire. Anche perché di questo non se ne è parlato, come si deve...
Mi piacerebbe sapere come andarono esattamente, quelle le cose prima di dare un giudizio.
ah, a proposito di comunismo paesano: ne avete già sentito parlare di questa "vecchia" storia di una sessantina (59 se ben ricordo) di contadini che nel 1950 ad acri vennero denunciati dal sindaco di allora e poi condannati (in due processi mi sembra) a tre mesi di carcere per occupazione di terre demaniali?
Denunciati benché le avessero già abbandonate.
Devo ritrovare il libro con l'indicazione di certi documenti (a Cosenza).
Mi piacerebbe approfondire.
Anche perché di questo non se ne è parlato, come si deve...
Sapere come andarono esattamente quelle le cose, prima di dare un giudizio.
cari pirati questa è davvero bella!
"...non mi era stato spiegato bene che era un voto importante..."
Massimo D'Alema e lo scudo fiscale from Valerio Di Stefano on Vimeo
http://www.valeriodistefano.com/dblog/
http://vimeo.com/6907971
Risponde (indirettamente) l'on. Massimo D'Alema (Partito Democratico)
Massimo D'Alema
Nato a ROMA il 20 aprile 1949
Diploma di liceo classico; Giornalista professionista
Eletto nella circoscrizione XXI (PUGLIA)
Lista di elezione: PARTITO DEMOCRATICO
Proclamato il 22 aprile 2008
Elezione convalidata il 18 dicembre 2008
Iscritto al gruppo parlamentare:
* PARTITO DEMOCRATICO dal 5 maggio 2008
Componente degli organi parlamentari:
* III COMMISSIONE (AFFARI ESTERI E COMUNITARI) dal 21 maggio 2008
Don Zauker Talk Sow - 2006
http://vimeo.com/6889610
Della serie siti da visitare:
http://www.donzauker.it
(La messa è finita. Levatevi dai coglioni)
Amen.
Sul tizio coi baffetti: mi domando come abbia potuto continuare a far quei suoi discorsi soporiferi eccetera per tutti questi anni. Con quella sua arietta serio-meditabonda: mi piacerebbe fare un giretto nei suoi pensieri, per vedere un po' cosa c'è dietro. Ancorché mi pare di saperne qualcosetta (eh!).
Va be, c'è addirittura di peggio, dirà qualcuno.
Bene. Senno', cerchiamo di saperne di più: sui 59 denunciati a cui accennavo sopra, e sulla storia dei "fusti" nostrani di cui si riparlava ieri.
Visto che sono già passati tutti questi anni, ci sono moltissimi giovani che ne sono completamente allo scuro. (Di queste e di tante altre ne ho parecchie altre.) Ma, se devo essere sincero, mi sa tanto che saranno pochissimi gli interessati. (soprattutto quelli che credono di saper già tutto sul paese)
Non so se avete osservato con attenzione i messinesi in questi giorni, nei paesi delle frane. Ce ne sono di arrabbiati ma, come al solito, puntualmente. Nulla che, al di là di questi partiti coi soliti, possa sfociare su qualcosa di veramente nuovo. Vedete cosa voglio dire. Ancorché, è vero che ci sono qui e là tante persone e gruppi che cercano di smuovere il fango.
Se devo dirla tutta, credo che le cose peggioreranno, e di molto nei prossimi anni.
Mi dispiace essere "pessimista".
Ah, per i bidoni. E solo l'inizio di quanto "verrà fuori".
Fricuneria ed ignoranza sono troppo predominanti per il "momento".
Va da sé... che uno non è obbligato ad essere ottimista, specialmente in queste condizioni. Anzi, penso che sarebbe peggio, esserlo. (Mettiamo da parte cioran ed altri, sugli uomini.)
Resta che si potrebbero evitare certe brutture se si interviene, come per Piazza Purgatorio.
ciao
a proposito di uomini...
su troquemada (metto l'art. in francese, quello italiano è veramente striminzito - altrimenti, c'è quello in inglese, un po' meglio sviluppato ancorché pure breve).
http://en.wikipedia.org/wiki/Tom%C3%A1s_de_Torquemada
se non esce subito, vedetevela voi con glolgo.
Inoltre, quest'altro, sempre per restare nel "tema" del video con don zauker più sopra:
http://it.wikipedia.org/wiki/Giunta_di_Valladolid
a proposito di uomini...
su torquemada (metto l'art. in francese, quello italiano è veramente striminzito - altriment, c'è quello in inglese, un po' meglio sviluppato ancorché pure breve).
http://en.wikipedia.org/wiki/Tom%C3%A1s_de_Torquemada
se non esce subito, vedetevela voi con google una volta là.
E quest'altro, sempre per restare nel "tema" del video con don zauker, più sopra:
http://it.wikipedia.org/wiki/Giunta_di_Valladolid
(come avviene per altre credenze eccetera... non tutti i religiosi la pensavano o risentivano allo stesso modo quindi)
da noi non si approfondisce quasi mai, chissà perché?
come non si approfondisce, e tutti questi storici con la Questione?
appunto
forse ha ragione nnn quando parla dell'anno 4009...
è evidente; ma i bidoni, ad esempio, dureranno fino al...
uhm, 300000 anni come minimo
scherzi, nel 300009 chissà quante firme avrà ricuotu il quotidiano
chi te lo dice se il paradiso su terra non avrà nel frattempo visto la luce a cetraro o a parco varrise
e che luce...
va be', qui si parla di millenni ma noi siamo già abituati a pensare le cose a lungo termine (il Millennio ad esempio)
che ce frega di cosa succederà tra un o due anni?
mi domando se con la radioattività i coglioni dei calabresi non saranno tre o quattro, o perfino di più, piuttosto che i soliti due, che penzolano sempre allo stesso modo
ti immagini i futuri politici allora? quattro o cinque palle ancora più mosce, e due o tre teste di
se in calabria gli abitanti incominciassero ad avere tre o quattro palle invece di due, chissà quanti turisti italiani si precipiterebbero sulle nostre spiagge
Le palle sono talmente stimate...
e se poi le palle fossero addirittura una buona dozzina
aspetta, vuoi dire 12 palle di coglioni o altre?
stiamo parlando di coglioni no?
altrimenti, devi tu. sai potrebbero nascere anche con una mezza, ancorché ce ne sono già tanti in questo caso
io pero' quelli soppesato andavano sempre a coppia, a braccetto come certi politici. diciamola cosi.
insomma, una palla più una palla = due mezzi coglioni
io pero' quelli che ho soppesato andavano sempre a coppia, a braccetto come certi politici. diciamola cosi.
insomma, una palla più una palla = due coglioni
smettila di essere matematicamente realista con questi conti. mezzanotte è suonata da un pezzo!
dunque... dov'eravamo rimasti?
ah, alla Questione del mezzogiorno.
vorrei ricapitolare prima di andare a letto. Allora, da una parte siamo stati addormentati dalla maggior parte dei preti, e dall'altra dalla maggior parte degli ideologi.
Risultato, i bidoni...
Ballon... d'essai a parte
La storia del movimento operaio di sinistra è stata attraversata da un continuo massimalismo. All’indomani dei fatti di Melissa, anche dei fatti di Montescaglioso, Torre Maggiore, c’è stata una repressione violenta negli anni cinquanta. La risposta al problema meridionale era l’emigrazione. La sinistra non ebbe una proposta riformista. Ebbe una replica di carattere massimalista, di opposizione radicale al fenomeno dell’emigrazione. Questo significò abbandonare centinaia di migliaia di emigranti al loro destino. La parola d’ordine era un’altra: la terra a chi la lavora! Questa parola d’ordine continuava a circolare, mentre i lavoratori della terra invece proseguivano il cosiddetto cammino della speranza. Quando si farà una storia effettiva dell’emigrazione, ci sarà di arrossire a sinistra per il comportamento che è stato tenuto. C’è da dire un’altra cosa: col 1955 la questione meridionale viene liquidata dai partiti di sinistra e dallo stesso partito comunista. Si mantiene come agitazione propagandistica, ma in effetti di una questione meridionale i partiti della sinistra non si curano più.
Pasquino Crupi, da: Calabria senza futuro, di Salvatore G. Santagata. Rubbettino.
A proposito di lotte contadine un estratto da I love you un corno! Patrimierulu può leggersi come Carmelo Lo Giudice se si vuole.
Impantanato in banalità e furberie d’ogni sorta, sebbene gravato dall’abitudine di fari n‘costa, i parrari a ru stracquu , il professore solo di tanto in tanto si lasciava andare a reazioni incontrollate, cercando disperatamente di sfuggire dalla propensione di mintiri petri i punta , ma ogni volta inspiegabilmente ci si trovava ancora più dentro. L’irrazionalità del mito di patrimierulu, con tutte le meraviglie sull’epopea dell’occupazione delle terre, dilagava esplicita tra l’irragionevolezza della sua idoneità e l’inidoneità della sua realtà, a partire da un trapassato e remoto 25 ottobre del ‘49. Si raccontava di come il turdus-merula-sanculotto dal cucumazzo si studiasse il bel colpo d’occhio, indovinando. per puro calcolo di probabilità, il numero esatto di contadini impegnati nell’occupazione delle terre a valle, …ché tutto stava a saper cominciare, sant’iddio! Nell’accorgersi della riuscita dell’impresa, in quanto era stata prontamente allertata la locale caserma dei carabinieri, nella convinzione che l’abito facesse il monaco, filò ad imbellettarsi di tutto punto con un vestito nuovo nuovo di sartoria, confezionato a bell’apposta per l’occasione. Si raccontava ancora di come attendesse in piazza il corso degli eventi, …ché a cacciari troppi a capa fora u saccu cchi ni sapìari, ghillu, chi putìa succeriri ? Alle 13 e 3 minuti in punto, un camion americano, un vecchio residuato di guerra, a fermarsi nella piazza davanti la caserma. Si raccontava di come il camion fosse stipato dagli stessi contadini che s’erano prodigati nell’occupazione. …Jesi, chi sditta! Quei poveri cristi, ppi ra pressa i jiri e di fari, e per non aver avuto il coraggio di saper aspettare, li avevano pure arrestati …chè egli se lo sentiva, proprio a ra vucca i ru stomacu , che non era proprio giornata! Fermo e risoluto, il perspicace sanculotto riuscì a non scomporsi più di tanto, ma memore dell’adagio: miegliu ghessiri capa i lucerta ca cura i liunu , con inusitata avventatezza s’avvicinò agli arrestati. Si raccontava di come li esortasse a mostrarsi ardimentosi, …ca l’ura i ru scapulari era finita, trascorsa, passata, …ché si era dalla parte della ragione e non del torto, …ché con una lotta ben orchestrata ci sarebbero stati pure i risultati. I carabinieri, propensi a credere che un agit prop o capo mandria ci dovesse essere, insospettiti che il merlo parlasse troppo, con schietta determinazione ad ordinargli che la bocca se la tappasse, e lesto lesto, toltisi cintura delle brache e lacci delle scarpe, sul camion montasse. Si raccontava anche d’altri arresti sull’opposta sponda del crati e di come i fermati, incluso un certo onorevole, giunsero nel carcere di cosenza attraverso la statale 19, dacché sul fiume non esisteva ancora alcun ponte. In 42 in un’unica camerata, gli sventurati rimasero in guardina per ben 4 giorni. In virtù di un’innato spirito sagace decisero di costituirsi in 2 gruppi, con patrimierulu e l’onorevole a capo. Si raccontava di come la fortuita presenza fra i carcerati d’alcuni compaesani, a conoscenza dell’ambiente carcerario, valse ad entrambi un comodo giaciglio. Per propensione ostinata della sorte, era così accaduto che patrimierulu, gratificato dal mettersi a capo d’un suo esercito quanto incline a cummannari , senza sforzo si fosse ritrovato a capo della lotta. Se una lunga convalescenza gli era valsa la scoperta d’essere comunista senza riserve, per l’audacia esagerata d’una lettura integrale dell’unità dalla prima all’ultima riga, 4 giorni in gattabuia erano più che bastati a non farlo diventare né santo né martire, ma solo sindaco per quarant’anni.
Sull'approfondire ...cosa si dovrebbe approfondire?
Internet è un work in progress e wikipedia non è la treccani.
Ad maiora
Dimenticavo. Le migliaia di firme, in 2 0 3 giorni, alla petizione del quotidiano forse sono il segnale che c'è in molta gente coscienza dello stato delle cose in Calabria, da qui alle soluzioni... Per molti un semplice clic d'invio vale a mettersi l'animo in pace, ma bisogna pur aggrapparsi a qualcosa.
Deferentemente
Rosario
"Oramai, su molti quotidiani, si parla di “Caso Minervino-Crupi”, nato dopo la replica di Pasquino Crupi ad una recensione di Caterina Provenzano riguardante il libro di Mauro Francesco Minervino: “La Calabria Brucia”. Anche molti intellettuali sono intervenuti nella polemica, esprimendo, però, idee contrastanti. Noi abbiamo incontrato Crupi, che ci ha chiarito i vari aspetti di una vicenda che sembra destinata a finire nelle aule di giustizia. Su “CalabriaOra” del 13 agosto, lei risponde, con un pezzo intitolato “Condoglianze da San Luca”, ad una recensione di Caterina Provenzano, pubblicata il giorno prima sempre sullo stesso quotidiano, del libro di Francesco Minervino “La Calabria brucia”. Quali sono i motivi della sua replica? “Credo che ogni calabrese avrebbe dovuto indignarsi per la capacità di invenzione che ha avuto il professore Minervino. Non ho mai negato che la Calabria è attraversata da gravi mali e tra questi la ‘ndrangheta. Io ho polemizzato, più che con il prof. Minervino, con Caterina Provenzano, perchè ha inventato una situazione che non c’è, descrivendo un paese che non esiste. E’ intollerabile considerare San Luca ed altri paesi come “terreni molli” ove tutti possono zappare a fondo”. Il suo articolo termina evidenziano come vi siano : “intellettuali impellicciati, che non cercano la verità, ma la novità. Presunta”. Insomma, secondo lei, vi è poca onestà intellettuale e l’abitudine diffusa di parlare di luoghi mai visitati? “Quello di Minervino può essere considerato un romanzo di fantasia. Eppure anche i romanzi di fantasia sono riempiti di dati reali.
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Nel libro di Minervino, invece, vi è una fantasia illimitata. Possiamo solo congratularci per questo capolavoro della fantasia che però offende tutto un popolo. E’ evidente che l’intellettuale vero, legato ad un luogo e legato ai problemi, non cerca la novità, perchè questa è il distintivo dell’intellettuale borghese. Bisogna, invece, essere legati ai problemi della gente semplice, della gente umile”. Eppure per Gian Antonio Stella, sul Corriere della Sera del 21 gennaio 2009, “La Calabria Brucia” è un atto d’accusa durissimo. Contro l’ indifferenza, la cecità, la rassegnazione di chi non vuol vedere come “ormai la mafia più ricca e più potente del mondo domina senza oppositori la regione dichiaratamente più povera, disperata e disamministrata d’ Europa” mentre “nel contempo si levano alti lai sulla povertà diffusa, sull’incapacità di programmare sviluppo, sulla disoccupazione dilagante”. “Una prova ulteriore dell’antimeridionalismo brutale di Minervino viene dalla solidarietà di Gian Antonio Stella, che non a caso scrive sul Corriere della Sera, dove non ha mai riportato non solo un articolo, ma neppure una frase sui Santi della Calabria, sulle sue tradizioni, su Corrado Alvaro, sui grandi teologi. I giornalisti del nord, in genere, fanno come le formiche: si attaccano dove c’è il miele. E così come le formiche non possono fare a meno del miele, questi giornalisti non possono fare a meno del veleno”. Secondo lei, in questo particolare momento storico ove si parla di culture locali (perchè fortunatamente gli intellettuali sembrano respingere i localismi), la Calabria che “identità” è in grado di esprimere?
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“E’ difficile parlare dell’identità calabrese, soprattutto nel momento in cui questa non c’è più. Dovremmo, invece, scoprire la struttura che ha determinato in maniera permanente il modo di pensare dei calabresi, ecco l’identità. In Calabria non vi è mai stata una struttura permanente, una classe sociale sempre la stessa. Alvaro parla di civiltà contadina, ma una classe che “scompare” non può dare l’identità. Io ritengo che l’identità si trova nella cultura popolare che ha radici cristiane, perchè questa ha determinato il modo di pensare e l’orientamento della maggior parte dei calabresi”. Il filosofo e parlamentare europeo Gianni Vattimo ha dichiarato di aver letto il suo pezzo ed ha affermato che “pare una stroncatura, non priva di eccessi, poco utili a un dibattito concreto e costruttivo”. Come si sente di replicare a Vattimo? “Gianni Vattimo è un grande filosofo che, anche se politicamente instabile, si colloca sempre come un maestro ed è giusto che impartisca lezioni anche a me. Ma sostanzialmente, Vattimo, non entra nel problema. Bisogna stare attenti perchè c’è un tentativo di deviazione dell’obiettivo. La questione che ho posto io è questa: “il prof. Minervino racconta una San Luca che non è mai esistita”. Invece, adesso, il discorso si vuole spostare su chi, attraverso il cosiddetto storicismo giustificazionista, vuole non comprendere ma addirittura giustificare tutto (e cioè il sottoscritto). Può darsi che io sia stato eccessivo nella polemica, ma è dal 1861 che c’è una cattiva letteratura sul Mezzogiorno e sulla Calabria”. Sempre secondo Vattimo, Minervino, al pari di Saviano, è uno “scrittore di denuncia” che va difeso. Libri come “La Calabria Brucia”, hanno veramente la forza di indirizzare “una politica vera capace di riconoscere, orientare, voltare pagina”? “La denuncia deve essere denuncia di fatti reali. Per le poche cose che ho letto del libro di Minervino, non vi è la denuncia dei fatti, ma l’invenzione dei fatti. Questo è un libro scritto per sorprendere, non ha nessuna intensità etica. Poi, Vattimo è liberissimo di paragonare Minervino a Saviano. Io, qui, intendo ricordare Benedetto Croce, il quale si era affannato a scoprire chi per primo disse :”il Mezzogiorno è un paradiso abitato dai diavoli”. Alla fine Croce concluse che se riportiamo ancora questa frase è perchè noi vogliamo che il Mezzogiorno sia ancora un paradiso e che i diavoli cessino di essere diavoli. La denuncia ha un suo senso se si muove verso questa direzione, cioè per migliorare la società. L’invenzione, al contrario, è una cattiva letteratura, e mi riferisco sempre agli stralci relativi a S Luca, perchè io il libro non l’ho letto”.(larivieraonline). "
L'ha letto un po', o non l'ha letto proprio? Strano...
Cosa pensarne?
bene per il patrimierulu di bisignano, e per quello di acri cosa ci si potrebbe mettere?
per l'approfondimento e wikipedia: si tratta di servirsene come comoda "introduzione".
su torquemada, las casas, inquisizione e tutto il triste trallallerullerullà: o fare cosi o andare a prendere i libri per citare eccetera, eccetera. ne ho una mezza montagnola. ma qui, a che pro?
per la treccani: non siamo "abbonati"
Eccelsa prof. sapevo di questa polemica. Sono un lettore di La voce di Fiore ed libro di Minervino andrebbe studiato nelle nostre di scuole. Alcuni capitoli sono potentissimi ( I ragazzi di Paola ad esempio.) La società sparente di Morrone /Alessio e la Calabria brucia descrivono la Calabria dei nostri giorni meglio di un editoriale del quotidiano o di un servizio del tg reg. di Pino Nano ma anche di quello che può scrivere un bartleby della mia risma.
Ciò non toglie una virgola alle parole di Pasquino Crupi sopra riportate. C'è da considerare il rimbambimento senile. Vedi Pansa ad esempio che diversamente da Bocca...
Ed ora esco...
ieri sera, prima di corrispondere col mio J.xck (si trova ad Alifax, in Canada), mi sono fatta coraggio; Ho preso la respirazione e op, ho guardato la parte del tg1 che parla della frane nei paesi vicino messina
(ne accennavamo sopra).
Bene (tanto per dire), la corrispondente parlava in un grosso microfono... mentre, mmersa nella notte, soprattutto spiccavano sotto i folti capelli neri, le sue labbra, oltremodo arrossettate.
Avrà una quarantina d'anni penso. Vedevo (assai bene mi sembra), che cio' che la preoccupava di più era la sua apparenza (a pare che si esprimeva come una capra).
Bene (tanto per dire), di queste (e corrispettivi maschietti), le tv ne sono riempite.
il che, la dice lunga sul modo d'essere (la capacità di introspezione, etc.) di tantissimi italiani.
D'ogni ceto sociale.
Esistenzialmente parlando, "tutti d'un pezzo", si direbbe...
Non so se mi spiego.
Roba da piangere, con queste befane.
Il che mi fa ritornare in mente l'anno 4009, di cui nnn...
Ho guardato le donne che piangevano naturalmente. La loro "religiosa" disperazione. Inutile.
Poi, i pescatori. Non vendono più nessun pesce. Pure loro disperati. Mi domandavo cosa potrebbero vendere, adesso, al posto del pesce...
E qui, mi fermo
la maggior parte dei preti e la maggior parte degli ideologi (come diceva ieri J.xck e penso che diceva giusto), non ci hanno mai insegnato a riflettere.
D'altronde, ma maggior parte di loro non ne erano veramente capaci, poiché loro stessi formattati(si dice?) come dischetti del pc;
Mi dico allora, che se avessimo perlomeno avuto a che fare con i Gesuiti (!) piuttosto che con gli altri religiosi...
Sapete che Voltaire e tanti altri che poi... furono loro allievi. Erano e sono molto forti in quella che si chiamava la casuistica... ed altre ermeneutiche psicologie.
questione religioni, la maggior parte dei preti e la maggior parte degli ideologi (come diceva ieri J.xck e penso che diceva giusto), non ci hanno mai insegnato a riflettere.
D'altronde, la maggior parte di loro non ne erano veramente capaci poiché loro stessi formattati (si dice?), come dischetti del pc.
Mi dico, allora, che se avessimo (perlomeno) avuto a che fare con i Gesuiti (!) piuttosto che con gli altri religiosi...
Sapete che Voltaire e tanti altri che poi dissero e scrissero e fecero... furono loro allievi.
La lista di quelli che ne uscirono con idee più o meno rivoluzionarie è "allucinante".
Erano e sono molto forti in quella che si chiamava la casuistica... ed altre ermeneutiche psicologie.
ciao
ohi ni, è finiscilla cu tutti si fissarii! 'u fa apposta o ci si?
chi nni cunti cu' chiss'avutri mo'?
e pecchi già ca ci si 'un parri puru 'e du talmuddu?!
guarda ca ca simu tra di nuva, culli soditi breavi monaci minimi
e pu' duvu 'a mndi 'a fidosofia daica cull'ideadismu crociana o d'attuadismu 'e gentidu? e llu materiadismu 'e spaventa e combagnia?
li pecuri...
jessi jessi mo'! ohi madanova nostra quanti cosi chi sa, sarbatù! ti s'i 'mpareati jiennu alla missa o alla quinta dementara?
cummà, ti cci abbeaca a tia! ma dassalli perdari tutti 'si rimbambiti. ca pu', sarbaturu tantu derittu 'e cheapa 'un c'è meai steatu. penza ca puru a mia mi vodia aggarreari intra s'adivi quan'era ancora na giuvanella spenziereata. ma ci l'heaiu duneatu iu 'u medu!
peccheatu c''un l'he chiaveatu, cu chilla petreata!
no cume tia chi l'ha azeatu a gunnella!
apposta si rimasta vergina...
brutta guallarusa c'un zi avutra! squaltrina senza ritiegnu! troiazza tu e tutt'i corna chi tieni!
cumu ti permietti?
ohi puttanuna, miegliu vergina ca dissonoreata!
cuntenta tu...
sorry, i don't understandu nenti, si puo' sapere cos'è successo sotto gli ulivi Mari?
mo' tu cuntu, addeccussi faciamu sckatteari a 'sa verginella chi sempri m'i rumpi!
Allura, 'nu juornu era scisa alli costi pe' cogliari d'avivi. versu i tria e doppumenzujuornu, tuttu a 'na vota ti viju veniri a cumpa sarbaturu, allegri cumu 'u soditu, e, a chilli tiempi, biellu c'un ti dicu (ncuna penzatella mi ci l'era già fatta pe' ti diri a santa verità). tannu illu avia si e no na vintina 'e anni, ed iu, unu e menu.
Siccomi era rimasta suda (mamma q'avia dovutu 'e ricogliari giustu doppu mangieatu e patrima s'era mbiacheatu cumu 'u soditu), sarbaturu s'avvicina fisckettiannu e mi domanda s'avia bisuognu 'e na meana...
e cumu! lli steava pe' diri. ma illu, allertu cum'era, sicuramenti l'avia già capita, 'e 'nu piezzu. allura, mentri stavamu mintiennu, d'adivi intra 'u panearu, tuttu 'a 'na vota veni a chiovari. n'acquazzunu c'un ti dicu! Fujimu e' ca e jeamu e là, finalmenti cumu miegliu potimu n'arripeamu sutta n'adivunu ranni rannu.
eramu mpuisi cumu spugni, quand'eccu ch'esci llu sudu. sarbaturu allura mi dici: Mari, ca è miegliu si ni spoglieamu, si no ni piglia la tussa
... ma scusa ca ve apru alla porte, pu continuu chiù tardi,
e scusatimi la garmmatica
e poi dicono che l'impero dei sensi è giapponese!
Cara Giulietta, dato che la stagione della raccolta delle olive s'avvicina e dato che ad Acri di ulivi ce ne stanno che ne diresti di fare come cumma maria e cumpa sarbaturu? potremmo portare a compimento la cosa.
mamma mia ha detto che con gli sconoscutti di passaggio non ci devo annà, mi dispiacque
mamma mia ha detto che con gli sconosciuti di passaggio non ci devo andare, mi dispiace
ahh ahhhh
ehm, facciamo cosi, mandami la tua fotografia ed una letterina d'amore, come se io fossi l'amore della tua vita. se mi convinci facciamo follie sotto gli ulivi, e pure sopra se non ti gira troppo la testa.
infiammami tutta...
ppi cumma maria e cumpa sarbaturu
Jacques Brel: La chanson des vieux amants
http://www.youtube.com/watch?v=IxTVCV-_qKw
X Juliette
Nick Cave - Into My Arms
http://www.youtube.com/watch?v=FG0-cncMpt8
Tom Waits - Blind Love
http://www.youtube.com/watch?v=D46HkMVkOls
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