L’aspetto di questa città è diventato cinereo con moto accelerato, vivente in una sorta di epoca decadentista per niente "maudit", anzi, alquanto esprimibile in termini di abbandono e di cenci e di vino contraffatto. La perdita di sensi non ha nulla a che vedere con la fuga dalla ragione, come si potrebbe intendere con le parole di Rimbaud e di Majakowski. Lo svenimento è una boccata di etere alle spalle, una rapina di coscienza, idee e partecipazione. Il mese di gennaio non aiuta a plasmare gli occhi su correnti calde e tropicali, su climi di gente e strade pervase di cambiamento. Acri si inerpica su piani al buio, a lasciarsi stuprare dalla politica, dai clienti, dai servitori, da caporali, da feudatari, da intere famiglie. La comparsa del silenzio ad Acri non significa meditazione, ascetismo, ma timore, quella paura gotica, medievale nell’accezione oscurantista. Il silenzio: perché una parola costava il rogo... anche se aveva il valore della stregoneria, della rivolta. Ogni giorno che sorvola questa città ha il sapore della malattia, il colera degli altri che adagio fruga il corpo a tutti, ogni giorno è marmo lapidario, grigio come le facce dei guardoni, degli scopofili, delle spie, dei messaggeri nelle segreterie e nei ristoranti fuori mano. Il silenzio non ha mai pagato nessun conto, ha solo salvato la pelle e lasciato invecchiare, le labbra serrate e le mani tagliate hanno valso accondiscendenza, troppi cartoni fermati dallo spago, troppe Milano, troppe Germanie. Ed oggi il festival si ripete, baci abbracci sulle crociere di studenti e lavoratori impacchettati su autobus ed autostrade. Non è un romanzo on the road, è la gente di queste parti ed altrove che continuerà a giustificare, suo malgrado, Acri ed il sud, che accetterà di comprimere la propria libera partecipazione in discorsi da bar e caffé ristretti, oppure incespicare nella propria sbronza a simboleggiare foglie e stagioni precipitate. Ma i cumuli di cosiddetta civiltà rimarranno a costellare strade e fiumi, la civiltà del lavoro degli altri, il latrocinio di figli e pneumatici a consumarsi come sigarette negli autogrill. Questa città non ha più musica, ha il colore dello smog, un umore con i tratti dell’intossicazione, i bambini impazziscono via satellite e non ci salverà nessuna pioggia estiva.
ANGELO SPOSATO
ANGELO SPOSATO
7 commenti:
ci sono semplicemente pochi stimoli, ma io direi nessuno!!! hai colpito nel segno quando dici di persone che inciampano nella propria sbronza....
me compreso!!
..almeno cadi mezzo contento e non senti l'odore nauseabondo del fango che ti sommerge...
ml
"I filosofi si sono limitati ad interpretare il mondo, ora è tempo di trasformarlo"
Marx, vero?
In parte sono daccordo:la satira distruttiva alla Giovenale non farà cambiare certo le cose!
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