Da provetto scribacchino e recidivo lettore pasticcione, mi verrebbe da asserire: …tutto fiato sprecato!
Si legge tutto d’un fiato, ad ammonirmi con raggelante bonomia il recensore soddisfatto o il mio libraio-spacciatore fidato. Un libro, un fottutissimo libro tutto orecchie e sottilineature blu, letto in quattro e quattr’otto. Un libro, un fottutissimo libro da cestinare oppure regalare con immutata nonchalance. Sistemato in qualche scaffale ad impolverarsi, con la beata consapevolezza: letto dalla prima all’ultima pagina, note incluse, tutto d’un fiato. …Un vero sollucchero!
Eppure quanti ne ho lasciati a metà, con disgusto risestimati nello scaffale come in salamoia. Alcuni non li ho neppure scartati, lasciandoli immacolati nel loro cellophane seducente. Quanti saggi, quanti capolavori, adatti a tappezzare i muri. Sensi di colpa nemmeno uno, pure a cercarli con il lanternino. Mi ci vorrebbe un canone, delle ferree priorità, un critico militante grillo-parlante sulla spalla, ma ho paura che intaccherebbero mordente e gusto e nulla più.
Ogni lettore che si rispetti ha le sue idiosincrasie, la sua bestia nera, qualche scheletro nell’armadio, frasi fatte di cui liberarsi. Vineland di Thomas ‘Bugs Bunny’ Pynchon l’ho abbandonato dopo qualche riga. Sono ritornato sul luogo del delitto, ma con nessuna soddisfazione in verità. Terra matta di Vincenzo Rabito una manna. Underground di Don De Lillo…. Il Trattato di ateologia di Michel Onfray è diventata la mia bibbia. Italiani, brava gente? di Angelo del Boca mi ha insegnato a diffidare degli italiani e dei luoghi comuni sugli italiani. /…/ I libercoli di Slavoj Žižek li leggo a sprazzi, pescando ciò che mi serve alla bisogna. Guerra e Pace non l’ho neppure mai comprato. Amen!
Da anni oramai, mi sono imbarcato nell’impresa di cercare di pubblicare il mio chef d’oeuvre I love you un corno! (ed in seguito In nomine sanguinis), muovendomi con passo incurante tra editori a scrocco ed editori a strozzo, che improrogabilmente mi rispondono di non essere interessati, ché il mio romanzetto, …accidenti!, non rientra nei loro piani editoriali. ...Che sagome! Editori ed agenzie letterarie, e vip a vario titolo, a dettar legge. Impera la logica dell'intrattenimento, dell'auditel e delle top ten, dell'engagement a PH neutro, del pensiero basico. Tutti unanimi nel soggiungere, con sussiegoso appeal, che un libro deve leggersi tutto d’un fiato, che i lettori se no s’annoiano. …Ma si annoino pure, i vostri lettori della malora! Così la smetteranno per una buona volta di pensare che i libri servono a riempire i loro tempi morti. Moccia o Saviano, la Littizzetto o Gombrowicz che differenza fa? Basta che non ci si annoi. Tomi scorrevoli come fiumi dopo la piena. …Che il vostro panta rei vi si strozzi in gola esimi lettori del cazzo!
Solo dalla noia si può cavare qualcosa di buono. Dal cominciare col domandarsi: …ma che cacchio mi sono messo in testa di leggere? Continuando con: è il caso che salti qualche pagina? Ci sarà qualcuno che avrà da ridere? A volte non si è semplicemente pronti per quel volume. A volte meglio metterci una pietra sopra, meglio se tombale. Altre volte rimane solo un qualcosa che ha il sapore dell’impresa, magari qualche concetto sparuto, sia pure distorto. I travi(s)amenti l’unico regalo sicuro che un testo può rifilare. ...Tutto tempo non sprecato.
Eppure ho la netta sensazione che di quanto su scritto non gliene freghi niente a nessuno. Figurarsi, perder tempo dietro i libri! E poi, col mio io extralarge sempre lì a sbattervelo sul muso. …Ecco un altro scrittoruncolo mancato ed uomo frustato, mi par di sentir. Ebbene! E con ciò? Non sfuggiamo all’evidenza, però! La domanda è una e una sola. Quali scrittori degni di nota, la Calabria, ha prodotto negli ultimi 50 anni (e mi fermo agli ultimi 50 per non infierire)? Un titolo. Un solo titolo che non sfiguri accanto ai “classici” italiani d’egual periodo. Non che non si scrivono e pubblichino libri. Tutt’altro. Pure edicole e tabernacoli straripano di spazzatura in tomi relegati, edita dai lungimiranti editori nostrani e non. Questione di fiato corto o cos’altro? E poi, del resto, chi diavolo ci racconta la Calabria di questi anni? Non certo giornali e giornalisti col fiato grosso, a star dietro alla cronaca, agli scandaleletti ed agli scendiletti, col cappio al collo di un servilismo da riuscire a scrollarselo di dosso.
Leggano signori, leggano! Ma che ci sia da leggere chi Cristo lo sa!?
Rosario Lombardo
2 commenti:
Ho letto volentieri e tutto d'un fiato quello che hai scritto.
Corrado Alvaro, negli ultimi 50 anni basta l'incipit di "Gente in Aspromonte" per pensare che la Calabria ha espresso un grande scrittore...A me sembra giusto non dimenticarlo, forse perchè leggendolo quassù, nell'ostile Padania, mi da il senso della Calabritudine.
Un unicum probabilmente.
Da Wikipedia:
Gente in Aspromonte è una raccolta di tredici racconti di Corrado Alvaro, considerata tra le più alte espressioni della letteratura meridionalistica e tra le più significative del nuovo realismo del Novecento.
Pubblicato per la prima volta a Firenze da Le Monnier nel 1930, è un romanzo che racconta la durezza della vita dei pastori in Aspromonte, nei primi anni del Novecento:
« Non è bella la vita dei pastori in Aspromonte, d'inverno, quando i torbidi torrenti corrono al mare, e la terra sembra navigare sulle acque. I pastori stanno nelle case costruite di frasche e di fango, e dormono con gli animali. Vanno in giro coi lunghi cappucci attaccati ad una mantelletta triangolare che protegge le spalle, come si vede talvolta raffigurato qualche dio greco pellegrino e invernale. I torrenti hanno una voce assordante. »
(Corrado Alvaro - Gente in Aspromonte (incipit))
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