15 ottobre 2008

A proposito de "L’insolita rumba"


Ieri finalmente sono riuscito a comprare il libro di Biagio[1], nella libreria dove di solito vado l’ho dovuto ordinare e aspettare.
Anche L’insolita rumba è un racconto sulla adolescenza, così come i suoi precedenti racconti, le novelle, quelle con i protagonisti come Angelino, disoccupato che barcamenandosi nella sua condizione sognava, sperava, in un futuro migliore. Angelino viveva in meridione, Totò e gli altri dell’Insolita rumba, sono di un quartiere popolare di Milano. (Anche Biagio prima viveva ad Acri ed ora a Milano). La colonna sonora, o il rumore di fondo, dei primi racconti era il rock, qui invece c’è il “melodico napoletano”, anzi il “neomelodico”, quello arricchito dai ritmi del raï algerino e dalle percussioni africane.
Anche lo stile cambia: qui l’io narrante sono di volta i volta direttamente i protagonisti, e il linguaggio è quello parlato, lo slang giovanile dei ragazzotti “milanesi”, un po’ cinico; nei precedenti racconti c’era uno stile tagliente e speranzoso.
Biagio fa dire a uno di loro che non ha voglia di raccontare, di descrivere storie, ma soltanto di far uscire quello che ha dentro. Ma così non è: si racconta e si descrive bene una realtà di quartiere periferico. Quello che viene fuori, anche se sembra uno sfogo, un “confessarsi”, delinea bene lo spaccato di una realtà che, secondo me, è molto diffusa, non solo nei quartieri periferici. Si tratta della realtà giovanile, meglio adolescenziale, che le condizioni sociali sembra non facciano mai passare (la precarietà, non solo nel lavoro, è la condizione dei proletari nel nuovo sistema capitalista). Diventare “adulti”, autonomi, è una cosa difficile, che pochi possono permettersi a “giovane” ma anche a “tarda” età. A volte si passa direttamente dall’adolescenza alla vecchiaia. I protagonisti del romanzo di Biagio sono i figli di questi proletari.
La formazione del gruppo musicale fa iniziare i racconti perché fa iniziare i cambiamenti dei protagonisti. “Siamo come i rassegnati dalla vita”, ma per girare pagina (“Basta con le panchine e i muretti, abbiamo girato la pagina.”) basta un ingaggio per suonare al matrimonio della figlia di un piccolo boss delle pulizie, con ricompensa di mille euro, “che diviso quattro fa duecentocinquanta, una bella cifra di ’sti tempi”.
Si tratta di cambiamenti fittizi, troppo legati a “’sti tempi”; si arriva alla fuga, passando da una bellissima performance di solidarietà ad una famiglia che aveva occupato un appartamento nel quartiere, senza il permesso né istituzionale né del boss locale.
Mi sembra che manchi, ad iniziare dal linguaggio e dalla “colonna sonora”, quell’immaginario necessario a produrre cambiamenti, anche quelli strettamente personali.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa Biagio (e gli altri navigatori del blog). E poi, come hai potuto abbandonare il rock per il melodico?
Il romanzo, comunque, è molto bello; si legge con piacere.



Vincenzo Talerico

[1] Biagio Autieri, L’insolita rumba, edizione Isbn, Milano 2008, pp. 115, € 11,00.

2 commenti:

biagio ha detto...

Ringrazio Vincenzo per l'interesse mostrato verso il mio lavoro, ho già risposto in pvt e sul mio blog dove ho pubblicato la sua recensione. Spero che ad Acri il libro sia arrivato....so di infiniti disguidi fra la distribuzione e la nostra già fin troppa bistrattata regione...Speriamo bene

Anonimo ha detto...

ciao Vincenzo, cia Bia', ciao a tutti

sul discorso del linguaggio e della colonna sonora sono d'accordo...che è diversa dagli altri racconti e novelle dell'autore.

Ma ne in peggio e ne in meglio.
Il discorso, secondo me, è che Biagio nel dover narrare vicende che richiamino ad una realtà e ad una condizione, che è quella giovanile, condizione che conosce bene, ha modificato volontariamente quelle strutture d'appoggio alla narrazione che formano quella che hai chiamato "colonna sonora". Le ha ridotte,le ha sintetizzate all'osso.
Ma facendo così Biagio, oltre che dare più corpo ai personaggi (che se vogliono si fanno capire, se non vogliono: nisba!) aiuta il lettore a non fare associazioni di idee legate (e purtroppo fin troppo diffuse) alla cultura dell'iperconsumismo. Una cultura che chiede una canzone per ogni scena d'azione, una ballata per ogni bacio, una nota come contrappunto di ogni parola. Già il fatto che i ragazzi parlano, si raccontano crea una sonorità che spesso qui a Milano è osteggiata: la voce, la relazione, il vissuto riportato direttamente dall'origine. è non è poco in anni in cui "il potere" ha ormai da tempo cominicato la sua opera di controllo sociale attraverso il revisionismo letterario e semantico.
Io ultimamente faccio sempre più fatica a leggere un libro senza sentirmi addosso quegli aggressivi stereotipi letterari, quelle colonne sonore da Guerre Stellari. Neanche negli ascensori, quelli con la musica diffusa, uno riesce più a pensare. Per questo motivo l'Insolita Rumba mi è piaciuto... perché un po' ho dovuto fare lo sforzo di rinunciare ad essere imbokkato come capita spesso con la cultura di massa contemporanea.
Non che i vecchi lavori si pieghino al conformismo; anche perché quando Biagio li ha scritti, secondo me, era meno facile inciampare in queste trappole letterarie. E poi a me sti ragazzi che scappano da Milano...nella mia fantasia...non vanno a Napoli a rifarsi una vita...se ne vanno e basta; abbandonano Milano ma abbandonano anche il libro e quindi tutti i lettori. Se ne vanno e si salvano e noi no! Tié!
B-) ...per un teatro del bordello!

ugobretone