28 ottobre 2008

L'oggetto del contendere


Montanelli. Indro Montanelli. Quel tale Indro, di cui s’invaghì in capo ai ‘90 la sinistra à la page riconsegnandocene edulcorato il santino, e che riferendosi al Cavalier Berlusconi ne discettò come d’un male necessario che agli italiani toccava sperimentare perché rinsavissero. Evidentemente si sbagliava e di brutto, se l’attuale presidente del consiglio, dalla sua discesa in campo (per il bene dell’intera nazione a suo dire), al soglio presidenziale c’è salito per ben tre volte (e non di seguito), mentre il ravvedimento italico è ben lungi dal palesarsi, cosicché se la sorte non ci assiste, comprovata l’etica dei proverbi che vuole che non ci sia un due senza tre, indubitalmente non ci sarà un tre senza quattro, un quattro senza cinque… in saecula saeculorum. Non perché Paperon de Paperoni Berlusconi sia immortale, ma perché egli rappresenta l’epigono e quindi il calco per ogni leader e/o premier che intenda prenderne il posto: un Veltrusconi se si vuole. Aberrazione e dato di fatto che si compendia ed esaurisce in un’identità che affascina e fa proseliti a destra e a sinistra perché così come si afferma nell’Ecclesiastico (Siracide): “Com’è il capo del popolo così sono i suoi subalterni e com’è il capo della città così sono i suoi abitanti”.
Questa nostra povera Italietta ormai ridotta a barzelletta, macchietta, burletta arranca dietro i suoi capoccia, caporioni, capataz, dittatoruncoli, avvalorando il dire di Charles Baudelaire: “i dittatori sono i servi del popolo, — nient’altro — ruolo schifoso, per altro — e la gloria non è che il risultato dell’adattamento di uno spirito con la stupidità nazionale.” Berlusconi nell’ultimo ventennio (a cominciare dai tempi del craxismo imperante e di drive-in) ha dettato la sua agenda politica in materia di Giustizia, Costituzione, federalismo, materia elettorale eccetera eccetera… mentre la sinistra ha solo mostrato il fianco, offrendo ora l’una ora l’altra guancia, dispiegando e sistemando rettamente le proprie terga a comando. I sondaggi, i gazebo, i salotti ed i palinsesti televisivi, i congressi farsa e le farse in mondovisione, le mimetizzazioni, le primarie e/o le primizie, le partenogenesi, le nomination per il transatlantico, per le autority o gli enti-uffici-banche-ospedali-università… le competizioni elettorali dall’esito calibrato, si sono presto radicati in questo nostro paese biecamente retrogrado e piccolo-borghese tout court. Diciamola tutta l’Italia è un paese essenzialmente conservatore, reazionario, bigotto, mentre la supremazia culturale (presunta o reale… bah!) della cosiddetta sinistra se n’è andata definitivamente a farsi fottere.
Per certi versi potrei dirmi d’accordo con quanto affermato da Paolo Sylos Labini in un’intervista di Marcantonio Lucidi ad Avvenimenti (nr. 38, 30 sett. / 6 ott. 2005): “…si fa ancora la distinzione fra destra e sinistra, ma in questo paese non ha più alcun senso. La vera distinzione ormai è fra le persone civili e gli opportunisti. Destra e sinistra rappresentano categorie che non possiamo più permetterci, sono diventate un lusso. Esistono e vanno relativamente bene nel resto del mondo, per il nostro paese sono fuori luogo o valgono assai parzialmente.” Parimenti sono d’accordo con quanto affermato alcune settimane fa da Nanni Moretti. “La cosa più grave è che manca, non esiste, una opinione pubblica: è da 14 anni che Berlusconi, nonostante il conflitto di interessi, può non solo candidarsi a guidare il Paese ma anche avere un così forte controllo dei media”. D’altronde, già Giorgio Gaber nella stagione teatrale 95/96 metteva su lo spettacolo “E pensare che c'era il pensiero” per stigmatizzare l'assoluta mancanza di senso collettivo di questo nostro triste paese: lo stato è na minna è ognuno sugge quello che può! “Preoccupa moltissimo però che nella vita quotidiana sia assente, o molto poco presente, una corrispondente sfera pubblica, che i cittadini mantengano in linea di massima privati i loro pensieri, le loro abitudini e prassi quotidiane (Paul Ginsborg).”
Citazionista per dispetto e /o per diletto, nel sciabordante miagolio-cinguettio-baubau delle piazze virtuali e non di questo autunno caldo (solo per una questione di temperature) potrei rimpiangere la sinistra del tempo che fu, ma lascio a voi orfani l'incombenza d'esibirne convenientemente il lutto. Potrei inneggiare alla fiaccola dell'anarchia ma lascio a voi tedofori l'immane fardello d'infiammare il caldano per caldarroste e grigliate miste. Potrei elucubrare di rivoluzione: "... oggi, no. Domani, forse. Ma dopodomani, sicuramente!” Potrei parlarvi di democrazia che c'è, non c'è, di democrazia malata o già defunta (saltabeccando dalla sovranità limitata, alla strategia della tensione, a tangentopoli, alle mafie e mafiette… e icasticamente impuntandomi sulle caste e… chi più ne ha più ne metta) di democratura se preferite, invece discetto di Berlusconi e dell'Italietta che egli incarna e di cui noi tutti facciamo parte senza che nessuno possa menar vanto d'esserne fuori perché: “anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti”. Triste e strano questo nostro paese, in cui l'intellighenzia non ha coraggio e voce, e si scruta con circospezione l'ombelico, si titilla il velopendulo e si sbraca tra postillonage e sniffate a iosa. Nel frattempo fra recessione e repressione, insicurezza e inflazione percepite, l'unica certezza a palesarsi è il fatto che il Piano Rinascita del venerabile Licio Gelli abbia trovato la sua definitiva consacrazione, amen! La cronaca nera e la gnocca televisiva per fortuna mai manca per rinfocolare la vostra scopofilia!
Certo la congiuntura internazionale, la globalizzazione e le tigri asiatiche, la crisi dei mercati, l'economia reale, percepita, la finanziarizzazione dell'economia, la smaterializzazione della moneta e così via salmodiando, ma esiste una specificità tutt'italiana che non può essere ignorata e che mille e più manifestazioni di piazza non riusciranno a scalfire. Due milioni e mezzo o duecentocinquantamila al Circo Massimo che differenza volete che facciano!? Una messe di consensi (tre milioni ed oltre) ha incoronato Prodi leader del Centro Sinistra e sappiamo tutti com'è andata a finire. Le sconfitte rendono inossidabili i nostri onorevoli rappresentanti, sempre lì in prima fila a dettare nuove coreografie e caroselli fregandosene dell'incedere dei calendari. Ma cosa deve succedere perché Rutelli, piuttosto che Bassolino o lo stesso Veltroni si tolgono delle palle? Può bastare il no alla cosiddetta riforma Gelmini per ricostruire una sana e schietta opposizione in questo paese? E come si può pensare che i mali della scuola non debbano qualcosa a quegli stessi maggiorenti che oggi stanno all’ombra del terzo governo Berlusconi? Il 13 aprile 2008 sembra che sia già stato dimenticato. Mentre la sinistra cosiddetta radicale ha fatto harakiri il partito democratico sta solo prolungando la sua sofferenza, per non violare i precetti papali, prima del suo definitivo requiescat in pace.
La storia, il peso della storia, i rimandi e le farneticazioni: il diciannove, il ventinove e verosimilmente pure il sessantanove. Alcuni sperano nelle rivolte degli studenti, entusiasti d’un nuovo e presumibile ’68. A me semplicemente imbarazzano questi poveri studentelli che sfilano con la benedizione di mamma e papà, a fianco di docenti, dirigenti e accademici (quantomeno complici del degrado dell’istruzione italica) senza comprendere che le loro ragioni sono spessi inconciliabili con quelli dei loro cattivi maestri (letteralmente ed in senso figurato e senza ambivalenza). Che hanno da spartire con il personale ATA, (che ha si degli stipendi inferiori ai mille euro) ma che spesso deve ringraziare del proprio posto al sole la propria sollecitudine o libera iniziativa nell’ingraziarsi i favori di questo e quell’altro politico di giro. Chissà quanti, ancora oggi, dicono grazie ai vari Mancini e Misasi ad esempio per l’Università di Arcavacata? Chissà quanti costruttori hanno, a loro modo, ringraziato e tuttora ringraziano, mentre il Campus delle intenzioni d’un tempo, più che ergersi ad esempio si fa testimone dello scempio. E perché chiudere delle scuole meglio aprirne di nuove e altri succursali, nuovi parcheggi e fabbriche del consenso, meglio allevare polli in batteria e manichini-cittadini contenti di pietire oboli e ricompense per il loro miagolio–cinguettio-baubau inconcludente.

Rosario Lombardo

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